L'ambasciata libica a Roma 

i fondi bloccati

Spese folli e debiti milionari. Il trattato di Amicizia italo-libico è in rosso

Luca Gambardella

Congelati i conti correnti dell'ambasciata a Roma, che protesta ma resta senza soldi per saldare spese mediche e ospitare gli ufficiali giunti in Italia per addestrarsi. I precedenti delle fatture mediche intestate a persone decedute e dei posti letto al San Raffaele

C’è un nuovo intoppo nell’attuazione del Trattato di Amicizia fra Italia e Libia, l’ennesimo che rischia di fare saltare diversi progetti congiunti lanciati dai due paesi nel 2008. Il problema riguarda le spese fuori controllo dell’ambasciata libica in Italia, che da giorni si è vista bloccare i suoi cinque conti correnti aperti presso Unicredit. Il motivo del congelamento delle vie creditizie sarebbero i debiti di decine di milioni di euro accumulati dalla rappresentanza diplomatica di Tripoli a Roma. Come ricostruito da Agenzia Nova, i creditori dell’ambasciata sarebbero società immobiliari, cliniche private e alberghi sparsi in tutta Italia. Sono molti i libici che vengono nel nostro paese a curarsi grazie a convenzioni sottoscritte con l’ambasciata libica, come previsto proprio dal Trattato di Amicizia. Il saldo delle spese mediche spetta all’ambasciata di Tripoli, che si è impegnata a pagare anche diversi alberghi dove soggiornano i pazienti in attesa di ricovero. Conti ingenti e mai pagati.

E a repentaglio ora ci sono anche i progetti di scambio che riguardano il settore militare. Decine di soldati e ufficiali libici da anni sono accolti in tutta Italia per corsi e addestramenti che potrebbero essere congelati per il blocco dei conti. Un danno  per il governo italiano, che punta molto sulla collaborazione  dei partner libici su diversi dossier, primo fra tutti l’immigrazione. Dall’ambasciata si piange miseria e si accusano Unicredit e governo italiano per avere bloccato i conti senza alcun riguardo per una sede diplomatica straniera, impedendo di procedere al pagamento degli stipendi del personale e alle spese correnti. D’altra parte, al Foglio risulta che i debiti contratti siano il risultato di spese non rendicontate. La sede diplomatica libica non è nuova a casi simili.

Nel 2022 l’ex ambasciatore Omar Tarhuni fu sospeso da Tripoli per avere accumulato guadagni illeciti chiedendo rimborsi per spese mediche a nome di persone che in realtà risultavano già decedute. L’anno scorso, Tarhuni ha ricevuto una condanna a 10 anni dal tribunale di Tripoli in contumacia, perché nel frattempo è latitante e, secondo fonti libiche, si nasconderebbe ancora in Italia.

Prima ancora, tra il 2019 e il 2020, le convenzioni sanitarie siglate fra l’ambasciata libica presso la Santa Sede e il colosso della sanità privata, Gruppo San Donato, diedero origine allo scandalo dei posti letto assegnati ai miliziani libici feriti in guerra e sottratti alla Sanità pubblica. Il caso emerse per caso, dopo l’accoltellamento di un libico presso l’Ospedale San Raffaele di Milano per un alterco con altri due connazionali ricoverati nella struttura. L’allora pm di Milano, Alberto Nobili, aprì un fascicolo ma le indagini furono subito interrotte perché i tre furono fatti sparire dalla sera alla mattina con l’intervento dei nostri servizi segreti. Il sospetto degli inquirenti fu che tra i libici curati presso la struttura ci fossero anche responsabili di crimini di guerra.  Un caso Almasri ante litteram. 

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  • Luca Gambardella
  • Sono nato a Latina nel 1985. Sangue siciliano. Per dimenticare Littoria sono fuggito a Venezia per giocare a fare il marinaio alla scuola militare "Morosini". Laurea in Scienze internazionali e diplomatiche a Gorizia. Ho vissuto a Damasco per studiare arabo. Nel 2012 sono andato in Egitto e ho iniziato a scrivere di Medio Oriente e immigrazione come freelance. Dal 2014 lavoro al Foglio.