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Le divergenze

L'Ue discute sul “muro anti droni” e resta senza strategia comune

David Carretta

Al vertice informale di Copenaghen manca una visione su come affrontare la minaccia russa: i leader europei divisi fra guerra e prudenza. "C’è ancora molto lavoro da fare”, ha ammesso l’Alto rappresentante dell’Ue, Kaja Kallas

“Quando guardo all’Europa oggi penso che siamo nella situazione più difficile e pericolosa dalla fine della Seconda guerra mondiale, non più dalla Guerra fredda”, ha detto la premier danese, Mette Frederiksen, prima del Consiglio europeo di Copenaghen dedicato alla difesa e all’Ucraina. Ma se quasi tutti i leader a parole condividono l’allarme sulla minaccia della Russia, manca ancora una visione comune su come affrontarla. Tra chi parla di “guerra” (Tusk) e chi consiglia di “non rispondere alle provocazioni” (Meloni), tra i veti dell’Ungheria sull’Ucraina e quelli del Belgio sull’uso degli attivi russi congelati, l’Ue non sembra pronta al rapporto di forza.

 

Frederiksen sa di cosa parla quando denuncia la “grave minaccia” rappresentata dalla Russia. Negli ultimi dieci giorni la Danimarca, uno dei più forti sostenitori dell’Ucraina, è stato bersaglio di una serie di sorvoli di grossi droni non identificati. L’episodio è stato classificato come “guerra ibrida”. Nessuno ha ancora osato attribuirlo direttamente alla Russia, ma tutti sottolineano che rientra in un “disegno” russo fatto di molteplici attività come sabotaggi, cavi sottomarini tagliati, cyber-attacchi, campagne di disinformazione e destabilizzazione. Negli ultimi giorni i cieli europei sono stati violati da droni russi in Polonia e Romania e da Mig in Estonia. Altri droni sono stati avvistati su basi militari e infrastrutture industriali in Germania. “Stiamo sperimentando un’invasione di droni”, ha detto la premier della Lettonia, Evika Siliņa. “La Russia continuerà e dobbiamo essere pronti. Dobbiamo rafforzare la nostra preparazione”, ha spiegato il premier della Finlandia, Petteri Orpo. “Ci troviamo in uno scontro con la Russia”, ha denunciato il presidente francese, Emmanuel Macron. “La Russia sta testando la nostra determinazione”, ha detto la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen.

 

Secondo Giorgia Meloni, l’intensificarsi delle provocazioni russe è dovuta a “un tentativo della Russia di impedire che i paesi europei inviino sistemi di difesa anti-aerea in Ucraina”. Inoltre, “la Russia ha una necessità di non far notare il fatto che era annunciata un’offensiva estiva e quell’offensiva è fallita”, ha detto la presidente del Consiglio. “Ciononostante dobbiamo ragionare a sangue freddo. Non bisogna rispondere alle provocazioni”, ha aggiunto Meloni. Qui iniziano a emergere alcune delle divergenze di visione su come fronteggiare la minaccia russa. “C’è solo un paese che vuole minacciare ed è la Russia. Abbiamo di una risposta molto forte”, ha detto Frederiksen, uno dei pochi leader a parlare di “deterrenza” insieme a Macron. Il presidente francese ha ricordato che un “Muro anti droni” – la “proposta faro” presentata da von der Leyen – non è sufficiente. E’ necessario avere “un insieme di osservazione, di allerta precoce, di difesa e capacità di deterrenza”, che comprende “capacità di tiro a lungo raggio” e “capacità di produzione europea”. “La dissuasione nucleare è parte di questo insieme”, ha detto il presidente francese. Eppure, ascoltando von der Leyen, il “Muro anti droni” dovrebbe essere la bacchetta magica per proteggere l’Europa. Il progetto, per quanto limitato, crea già qualche malumore. Sia Meloni sia il greco Kyriakos Mitsotakis ritengono sia un “errore” concentrarsi (e concentrare i finanziamenti) solo sul fianco orientale dell’Ue, dimenticando quello meridionale.

 

Le divisioni sono paralizzanti su altre due proposte per l’Ucraina che necessitano dell’unanimità dei capi di stato e di governo. Il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, ha spinto per passare dall’unanimità al voto a maggioranza per aprire i capitoli negoziali del processo di adesione dell’Ucraina. “No way, no way, no way”, ha risposto il premier ungherese, Viktor Orban. Il premier belga, Bart De Wever, frena sulla proposta della Commissione di usare gli attivi russi sovrani congelati per fornire un prestito di riparazione da 140 miliardi di euro all’Ucraina. Non è il solo. “Non tutti gli Stati membri sostengono ancora la proposta, c’è ancora molto lavoro da fare”, ha ammesso l’Alto rappresentante dell’Ue, Kaja Kallas. “Non si può semplicemente appropriarsi così di beni che appartengono a un altro stato”, ha detto il premier del Lussemburgo, Luc Frieden, elencando una serie di interrogativi. “Come verrebbe rimborsato un tale prestito? Cosa accadrebbe se la Russia, in un trattato di pace, non rimborsasse queste riparazioni?”. La risposta è nella proposta della Commissione: gli Stati membri dell’Ue dovranno garantire il prestito e rimborsarlo se sorgerà un problema. E’ una prospettiva che spaventa anche Italia e Francia.

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