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Editoriali
L'economia di guerra di Putin
Il Cremlino aumenta le tasse per finanziare il conflitto, mentre l’economia rallenta e l’Occidente è chiamato a rendere insostenibile questa strategia attraverso sanzioni e sostegno all’Ucraina
Se si devono giudicare le intenzioni di Vladimir Putin dal bilancio, è evidente che non ha in programma una rapida conclusione della guerra in Ucraina. Il Cremlino prevede di mantenere le spese militari a un livello molto elevato per tutto il prossimo triennio: mediamente attorno ai 13 trilioni di rubli (150-160 miliardi di dollari) fino al 2028, il doppio rispetto al 2023. E questo nonostante i margini fiscali siano sempre più ristretti. Quest’anno le entrate dell’industria dell’oil and gas saranno al livello più basso dalla pandemia del 2020, a causa principalmente del calo del prezzo internazionale degli idrocarburi: si prevede un gettito di 8,65 trilioni di rubli (100 miliardi di dollari), che è circa il 22 per cento in meno rispetto all’anno scorso. Petrolio e gas sono una delle principali fonti di finanziamento per la Russia: quest’anno si prevede che rappresentino circa il 25 per cento delle entrate federali, ma la quota negli anni buoni è arrivata a toccare anche il 40 per cento.
La pressione sull’economia russa si intensifica: la crescita è prevista scendere vicino all’1 per cento dal 4,3 per cento dello scorso anno, la Banca centrale russa fa fatica a portare l’inflazione ora all’8 per cento al target del 4 per cento, il deficit fiscale è previsto quest’anno al 2,6 per cento, ben oltre le previsioni e ai massimi dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina. Per contenere il disavanzo e poter finanziare la guerra, il Cremlino vuole aumentare l’Iva dal 20 al 22 per cento (mettendo ulteriore pressione all’inflazione): si tratta del secondo importante incremento di tasse, dopo la scelta dello scorso anno di abbandonare la flat tax per aggiungere un’altra aliquota sui redditi più elevati. E’ chiaro che la Russia è in un’economia di guerra che inizia a mostrare le sue criticità, ma da cui la leadership putiniana non vuole né forse può tornare indietro. Ciò che spetta all’Occidente è rendere sempre più costosa e insostenibile la strategia di Putin, da un lato sostenendo l’Ucraina e dall’altro stringendo ulteriormente attraverso le sanzioni il flusso di entrate che arriva da gas e petrolio.