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La fabbrica di munizioni bloccata da una guerra di carte bollate
Nel 2021 l'impianto fu potenziato per quadruplicare la produzione e assumere 200 dipendenti, ma, tra i ricorsi delle associazioni ambientaliste e il prenddere tempo della giunta regionale guidata dalla 5 stelle Alessandra Todde, è ancora tutto fermo. L'incredibile storia della RWM in Sardegna
Mentre tutta Europa si riarma di fronte alle crescenti provocazioni russe, la più grande fabbrica di esplosivi e munizioni italiana è costretta da quattro anni a mantenere inutilizzati alcuni capannoni nuovi. E’ la RWM di Domusnovas, in Sardegna, parte del gruppo tedesco Rheinmetall. Nel 2021 l’impianto fu potenziato con la realizzazione di nuove strutture in grado di quadruplicare la capacità produttiva, per un investimento complessivo di 50 milioni di euro. Da allora però una guerra di carte bollate si è abbattuta sulla fabbrica, che non ha mai potuto attivare i nuovi macchinari né assumere i circa 200 addetti che avrebbero dovuto trovare lavoro nelle nuove strutture. Un paradosso che racconta molte delle contraddizioni italiane.
Tutto parte nel 2021 quando il Consiglio di stato decide che gli impianti, nel frattempo già costruiti secondo le precedenti autorizzazioni ricevute dalla Regione, devono essere sottoposti a una valutazione di impatto ambientale (Via) “ex post”. Le associazioni ambientaliste temevano infatti che il torrente che attraversa lo stabilimento – che si trova in un’area a rischio idrogeologico – potesse provocare inondazioni e trascinare materiali inquinanti nella zona circostante. L’analisi ambientale, che ha richiesto agli uffici regionali circa tre anni di lavoro, è terminata a giugno 2025 con esito positivo: i capannoni della RWM sono sicuri e possono essere messi in funzione, secondo i tecnici della Regione Sardegna. Tutto risolto, dunque? No, perché la giunta regionale che ha il compito di validare le raccomandazioni degli uffici tecnici non ha da allora mai preso una decisione. E senza delibera i lavori non possono partire. L’azienda in questi mesi ha sollecitato la presidente Alessandra Todde e la sua maggioranza composta da Movimento 5 stelle (che non ha mai nascosto la propria avversione al riarmo) e Partito democratico, senza successo. La RWM ha dunque scelto il ricorso al Tar e depositato una querela per abuso d’ufficio.
La situazione è parsa a un punto di sblocco la scorsa settimana. Il ministro delle Imprese Urso ha convocato mercoledì azienda, sindacati e Regione Sardegna attorno a un tavolo per trovare una via di uscita. Un incontro a cui la presidente Todde non ha partecipato – fonti della Regione dicono per motivi di salute – come nessun assessore regionale. Ma la sera prima del confronto a Roma, la giunta regionale aveva finalmente preso una decisione sulla RWM. La delibera della giunta ha chiarito che “l’assessora alla Difesa dell’Ambiente propone di esprimere un giudizio positivo sulla compatibilità ambientale”, visti i risultati della Via. Nonostante ciò, la giunta ha deciso di prendersi altro tempo, per via di una nuova “relazione tecnica trasmessa da diverse associazioni” che include “aspetti complessi e non conosciuti che comportano numerose criticità”. La giunta ha chiesto nuovi pareri prima di potersi pronunciare, e tanta è la prudenza che è stata richiesta la valutazione a dieci direzioni generali, tra cui quella per lo spettacolo e lo sport.
La giunta regionale pare dunque non fidarsi dei propri stessi uffici tecnici, che avevano già preso in considerazione “numerose osservazioni da parte di varie associazioni ambientaliste” e che hanno ottenuto parere positivo dal Servizio per la pianificazione paesaggistica, dal Corpo forestale regionale, dal Genio civile di Cagliari, dall’ufficio provinciale per la tutela del paesaggio, dalla Direzione generale del distretto idrografico, da un geologo consulente esterno e dai vigili del fuoco di Cagliari. La presidente Todde e i suoi assessori dimostrano piuttosto maggiore attenzione verso i pareri di Italia Nostra e delle altre associazioni ambientaliste, che sostengono che il procedimento pubblico sia carente per “gravi e macroscopiche carenze in fase di istruttoria”.
La guerra di carte bollate non sarà indolore. Primo, perché l’azienda non ha mai potuto assumere i 200 addetti che avrebbero potuto trovare lavoro sin dal 2021, e potrebbe scegliere di non rinnovare un centinaio di attuali dipendenti a causa dell’interruzione temporanea di alcune linee di produzione; lavoratori che avrebbero potuto essere riassorbiti nei nuovi capannoni, se fosse arrivata l’autorizzazione. Secondo, gli ordini chiesti dalle forze armate europee arriveranno in ritardo. “Le munizioni per gli F-35 per l’Aeronautica italiana e gli altri paesi europei potrebbero arrivare con tre anni di ritardo invece che nei classici dodici mesi” dice al Foglio Fabio Sgarzi, amministratore delegato di RWM Italia. Lo stesso destino rischiano le munizioni per carri armati destinati all’Ucraina e al resto d’Europa. Un nuovo incontro è stato fissato al Mimit per il 30 settembre, e fonti della Regione confermano la presenza della Todde o di un assessore. I tedeschi a Unterluss hanno costruito in 15 mesi la più grande fabbrica di munizioni d’Europa; in Italia nel triplo del tempo non si riesce a sbloccare un impianto che risulta avere tutte le autorizzazioni ambientali necessarie. Un biglietto da visita tutt’altro che invitante per le multinazionali che vogliono investire in Italia.