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L'editoriale dell'elefantino

La farsa della flotilla esibizionista

Giuliano Ferrara

Non sono i nuovi Gandhi, non rappresentano i milioni di rifugiati e morti di fame delle guerre messe di lato che insanguinano e affamano il mondo. No, sono gli affluenti dell’ideologia genocidaria scagliata contro un popolo che del genocidio è vittima

Una volta inserito nel discorso su Gaza il termine “genocidio”, una volta reso credibile a forza di ripetizioni propagandistiche il paragone inverso e osceno “Israele uguale Terzo Reich”, dopo due anni di una guerra spietata, devastante, con il massacro dei palestinesi scudo di Hamas ripresentato ogni ora, ogni minuto, e servito nel focolare televisivo e sociale di famiglia e cameretta, il che è inevitabile; una volta deciso che il pogrom è la variante minore e alla fine non così importante di tutta la faccenda e gli ostaggi sono un’escrescenza abbastanza irrilevante di tutta la storia e Hamas merita un’ambasciata prima di essere disarmata e distrutta; una volta partita la mobilitazione per liberare non già Gaza da Hamas ma Israele dagli ebrei assassini di bambini con sciopero generale selvaggio, scontri con la polizia, occupazione di università e scuole, ecco che  tutto diventa possibile.

 

Ora abbiamo la mescolanza di grottesco e tragico, una sventagliata di yacht umanitari litigiosi e islamo-omofobi in viaggio per la zona di guerra con farina e pane benedetti che non sbarcheranno nel porto di Ashood, porto sicuro e aperto, ma forzeranno la mano a una nazione combattente e alla sua forza navale per creare un incidente diplomatico internazionale e un governo europeo, quello nostro, costretto (inevitabile) a impegnarsi con una fregata nella tutela della flotilla esibizionista, compresi gli onorevoli imbarcati, attaccata ancora non si sa bene da quali droni e per quali scopi nel pieno della nebbia di guerra.

 

Nessun treno della salvezza umanitaria partì per Auschwitz, mentre infuriava la guerra e funzionavano a pieno ritmo le camere a gas del genocidio, quello vero, lo sterminio dell’ebreo in quanto ebreo e solo in quanto ebreo, e la rivolta del ghetto di Varsavia era uno di quegli episodi disperati di cui faceva conto parlare il meno possibile; ma il mondo è cambiato, i cosiddetti valori sono stati trasvalutati, ieri la comunità internazionale pensava che il diritto a un rifugio e all’indipendenza di uno stato degli ebrei dopo la Shoah fosse indiscutibile, cuori e coscienze si inoltrano oggi, invece, nella piena convinzione che il sionismo è colonialismo, che la guerra di Israele, lunga cent’anni e dislocata su molti fronti obbligati di autodifesa, è da considerare come il prolungamento iperbolico delle imprese di Hitler e Himmler. E tutto si mescola e rimescola.

 

La Verde Greta aveva appena finito di gridare, con la stessa identica carica di falso emozionalismo esibizionista con cui ora si avvolge nella kefiah e cambia barca per una baruffa, che la casa comune stava bruciando di emissioni da ultimo uomo. Ora procede al largo di Creta, con false bandiere nazionali a uso privato, la crociera o crociata contro il genocidio. Non sono i nuovi Gandhi, non sono i boat people, non rappresentano i milioni di rifugiati e morti di fame delle guerre messe di lato che insanguinano e affamano il mondo, no, sono gli affluenti dell’ideologia genocidaria scagliata contro un popolo che del genocidio è vittima, lo è stato e potenzialmente, se non si si difendesse con le unghie e coi denti, lo sarebbe oggi, domani, tra la compassione comprensiva dell’opinione pubblica internazionale finalmente pacificata perché Israele non spara più ai bambini. 

 

Dobbiamo chiaramente proteggere il diritto alla farsa e alla propaganda degli skipper che salvano la faccia all’umanità, quelli del “restiamo umani”, ché tanto ci pensa Hamas con i pogrom, o ci pensano gli iraniani o gli houthi o gli hezbollah del Partito di Dio, a ricordarci l’eventuale alternativa. Dobbiamo proteggere le nostre chiacchiere genocidarie incivili e false, una volta che la piccola flottiglia si espone al pericolo nella notte del Mediterraneo, per evitare ulteriori spargimenti di insicurezza, falsità e altre abominevoli menzogne. E va bene. Però mai come in questa circostanza resta tragicamente vero che Israele, come deve fare attenzione anche sul fronte diplomatico e umanitario, deve considerare con disprezzo morale la falsa comprensione e la falsa solidarietà del mondo. La reputazione di chi vuole restare vivo, in sicurezza, di chi non vuole che in nome della linea del colore e dell’anticolonialismo si caccino gli ebrei da casa loro, questo caso incidentale di antisemitismo dal fiume al mare, è un problema nostro, non un problema loro. Come diceva Golda: “Avremo pace con gli arabi solo quando ameranno i loro figli più di quanto non odino i nostri”.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.