
LaPresse
L'editoriale dell'elefantino
La farsa della flotilla esibizionista
Non sono i nuovi Gandhi, non rappresentano i milioni di rifugiati e morti di fame delle guerre messe di lato che insanguinano e affamano il mondo. No, sono gli affluenti dell’ideologia genocidaria scagliata contro un popolo che del genocidio è vittima
Una volta inserito nel discorso su Gaza il termine “genocidio”, una volta reso credibile a forza di ripetizioni propagandistiche il paragone inverso e osceno “Israele uguale Terzo Reich”, dopo due anni di una guerra spietata, devastante, con il massacro dei palestinesi scudo di Hamas ripresentato ogni ora, ogni minuto, e servito nel focolare televisivo e sociale di famiglia e cameretta, il che è inevitabile; una volta deciso che il pogrom è la variante minore e alla fine non così importante di tutta la faccenda e gli ostaggi sono un’escrescenza abbastanza irrilevante di tutta la storia e Hamas merita un’ambasciata prima di essere disarmata e distrutta; una volta partita la mobilitazione per liberare non già Gaza da Hamas ma Israele dagli ebrei assassini di bambini con sciopero generale selvaggio, scontri con la polizia, occupazione di università e scuole, ecco che tutto diventa possibile.
Ora abbiamo la mescolanza di grottesco e tragico, una sventagliata di yacht umanitari litigiosi e islamo-omofobi in viaggio per la zona di guerra con farina e pane benedetti che non sbarcheranno nel porto di Ashood, porto sicuro e aperto, ma forzeranno la mano a una nazione combattente e alla sua forza navale per creare un incidente diplomatico internazionale e un governo europeo, quello nostro, costretto (inevitabile) a impegnarsi con una fregata nella tutela della flotilla esibizionista, compresi gli onorevoli imbarcati, attaccata ancora non si sa bene da quali droni e per quali scopi nel pieno della nebbia di guerra.
Nessun treno della salvezza umanitaria partì per Auschwitz, mentre infuriava la guerra e funzionavano a pieno ritmo le camere a gas del genocidio, quello vero, lo sterminio dell’ebreo in quanto ebreo e solo in quanto ebreo, e la rivolta del ghetto di Varsavia era uno di quegli episodi disperati di cui faceva conto parlare il meno possibile; ma il mondo è cambiato, i cosiddetti valori sono stati trasvalutati, ieri la comunità internazionale pensava che il diritto a un rifugio e all’indipendenza di uno stato degli ebrei dopo la Shoah fosse indiscutibile, cuori e coscienze si inoltrano oggi, invece, nella piena convinzione che il sionismo è colonialismo, che la guerra di Israele, lunga cent’anni e dislocata su molti fronti obbligati di autodifesa, è da considerare come il prolungamento iperbolico delle imprese di Hitler e Himmler. E tutto si mescola e rimescola.
La Verde Greta aveva appena finito di gridare, con la stessa identica carica di falso emozionalismo esibizionista con cui ora si avvolge nella kefiah e cambia barca per una baruffa, che la casa comune stava bruciando di emissioni da ultimo uomo. Ora procede al largo di Creta, con false bandiere nazionali a uso privato, la crociera o crociata contro il genocidio. Non sono i nuovi Gandhi, non sono i boat people, non rappresentano i milioni di rifugiati e morti di fame delle guerre messe di lato che insanguinano e affamano il mondo, no, sono gli affluenti dell’ideologia genocidaria scagliata contro un popolo che del genocidio è vittima, lo è stato e potenzialmente, se non si si difendesse con le unghie e coi denti, lo sarebbe oggi, domani, tra la compassione comprensiva dell’opinione pubblica internazionale finalmente pacificata perché Israele non spara più ai bambini.
Dobbiamo chiaramente proteggere il diritto alla farsa e alla propaganda degli skipper che salvano la faccia all’umanità, quelli del “restiamo umani”, ché tanto ci pensa Hamas con i pogrom, o ci pensano gli iraniani o gli houthi o gli hezbollah del Partito di Dio, a ricordarci l’eventuale alternativa. Dobbiamo proteggere le nostre chiacchiere genocidarie incivili e false, una volta che la piccola flottiglia si espone al pericolo nella notte del Mediterraneo, per evitare ulteriori spargimenti di insicurezza, falsità e altre abominevoli menzogne. E va bene. Però mai come in questa circostanza resta tragicamente vero che Israele, come deve fare attenzione anche sul fronte diplomatico e umanitario, deve considerare con disprezzo morale la falsa comprensione e la falsa solidarietà del mondo. La reputazione di chi vuole restare vivo, in sicurezza, di chi non vuole che in nome della linea del colore e dell’anticolonialismo si caccino gli ebrei da casa loro, questo caso incidentale di antisemitismo dal fiume al mare, è un problema nostro, non un problema loro. Come diceva Golda: “Avremo pace con gli arabi solo quando ameranno i loro figli più di quanto non odino i nostri”.