LaPresse

SoundCheck

Ancora troppa energia da Mosca all'Ue? Trump si sbaglia

Lorenzo Borga

L’Unione europea in soli tre anni si è liberata della quasi totalità delle forniture, affrontando anche momenti di tensione. Il presidente americano farebbe bene a concentrarsi su chi ha fatto scelte diverse: Slovacchia, Ungheria e Turchia che non fanno parte dell’Ue, ma della Nato

Trump ha trovato un nuovo pretesto per non sanzionare il petrolio e il gas russo – mossa che farebbe schizzare il prezzo globale di benzina e bollette, anche in America: incolpare l’Europa. Secondo il presidente, importiamo ancora troppa energia da Mosca. Solo quando il continente interromperà del tutto gli acquisti, gli Stati Uniti imporranno sanzioni sulle vendite energetiche russe, il polmone finanziario che permette a Putin di proseguire la guerra in Ucraina.

 

In realtà, l’Unione europea ha ridotto drasticamente la propria dipendenza da Mosca. Se prima dell’offensiva russa arrivava ogni giorno in Europa quasi un milione di tonnellate tra petrolio, gas e carbone, oggi gli acquisti si sono ridotti di oltre dieci volte, secondo i dati del Russia Fossil Tracker messo a punto dal Crea. Ancor più rapido il crollo dei pagamenti, complice la discesa dei prezzi: valevano circa 750 milioni di euro al giorno nel 2022 contro i poco più dei 30 milioni attuali. Certo, l’Europa non può ancora vantare la completa indipendenza da Mosca, come invece fanno gli Stati Uniti (che mai però si erano posti nella condizione di dipendenza in cui si trovava l’Europa nel 2022). Ma i passi in avanti sono evidenti: embargo totale sul carbone russo, quasi azzerate le forniture di petrolio e derivati e ridotte del 70 per cento quelle di gas. Le ire di Trump dovrebbero piuttosto concentrarsi sui paesi europei che ancora comprano notevoli quantità di idrocarburi da Putin. Rimanendo in Unione europea, Ungheria e Slovacchia. Sono gli ultimi due paesi ad acquistare ancora petrolio russo, da cui dipendono rispettivamente per l’86 e il 100 per cento delle proprie forniture attraverso l’oleodotto Druzhba. Un appello a interrompere gli acquisti è arrivato anche dal senatore repubblicano Lindsey Graham, voce di collegamento tra il trumpismo e l’establishment di Kyiv.

 

 

Più complesso invece il mercato del gas. L’unico gasdotto ancora in funzione è il Turkstream, che collega Russia ed Europa attraverso il Mar Nero, rifornendo Bratislava e Budapest. I due paesi hanno firmato contratti che li legano a Gazprom fino al 2034, incrementando le forniture e sottoponendosi al rischio di rivalse russe nel caso dovessero interrompere anticipatamente gli acquisti. Ma non sono gli unici. Nei terminali di rigassificazione di mezza Europa infatti ancora attraccano navi metaniere che trasportano gas liquefatto proveniente da Ust-Luga, il terminale di liquefazione russo nel Golfo di Finlandia. La compravendita di gas liquefatto non è infatti mai stata vietata dalle sanzioni. I paesi dove attracca il gnl di Mosca sono Portogallo, Spagna, Francia, Grecia, Belgio e Paesi Bassi; l’Italia meritoriamente non compare nella lista: nei terminali nazionali è infatti approdato un solo carico russo di gnl, sui 150 complessivi del 2025. Da questi porti, le molecole di metano vengono trasportate attraverso la rete europea, e finiscono in tutto il continente. Ma il peso specifico delle forniture rimane limitato: il gnl russo copre circa il 7 per cento dei consumi europei, secondo il monitoraggio del think tank Bruegel. Sommato al metano via Turkstream, si supera a malapena il 10.

 

La Commissione ha comunque fissato una tabella di marcia per raggiungere il definitivo embargo di tutte le forniture. Dal 1° gennaio 2027 sarà vietato l’acquisto di gnl russo, ed entro il 2028 dovranno chiudersi anche i restanti contratti di fornitura di gas. Dall’anno prossimo scatterà il divieto anche per il diesel e gli altri prodotti petroliferi raffinati in arrivo da paesi terzi, se derivanti da greggio russo. Se guardiamo all’Unione europea con le lenti del 2022, i progressi appaiono evidenti e, forse, oltre le più rosee aspettative. L’Ue in soli tre anni si è liberata della quasi totalità delle forniture, affrontando sì momenti di tensione ma evitando distacchi di energia e una crisi dei prezzi prolungata. Il presidente Trump farebbe bene a concentrarsi su chi ha fatto scelte diverse: Slovacchia, Ungheria e Turchia (non parte dell’Ue ma della Nato, è il terzo cliente globale di energia russa dopo Cina e India). A meno che la sua non sia solo l’ennesima scusa per rinviare ancora la resa dei conti con Vladimir Putin.

Di più su questi argomenti: