
(foto EPA)
bruxelles
L'Ue propone di reintrodurre i dazi a Israele, ma von der Leyen sa che non c'è la maggioranza
“Non vogliamo punire Israele o i cittadini israeliani, ma fare pressione sul governo israeliano affinché cambi strada a Gaza”, ha detto l’Alto rappresentante, Kaja Kallas. Eppure la proposta della presidente della Commissione di sospendere la parte commerciale dell’accordo Ue-Israele appare come un atto simbolico di opportunismo politico. Che rischia di essere insabbiato a causa del veto di uno o più governi
Bruxelles. La Commissione di Ursula von der Leyen oggi ha proposto di cancellare le preferenze commerciali previste dall’Accordo di associazione tra Unione europea e Israele per sanzionare il governo di Benjamin Netanhyau per la situazione umanitaria a Gaza. Se gli stati membri approveranno la decisione – sarà necessaria una maggioranza qualificata difficile da trovare – torneranno i dazi sul 37 per cento delle esportazioni di Israele verso l’Ue. La proposta ha un unico precedente: la Siria sotto il regime di Bashar el Assad. “Gli orribili eventi che si verificano quotidianamente a Gaza devono cessare”, ha detto von der Leyen, che finora aveva protetto il governo Netanyahu, rifiutandosi di cedere alle richieste di alcuni stati membri di sanzionarlo.
“Non vogliamo punire Israele o i cittadini israeliani, ma fare pressione sul governo israeliano affinché cambi strada a Gaza”, ha detto l’Alto rappresentante, Kaja Kallas. Eppure la proposta di von der Leyen di sospendere la parte commerciale dell’accordo di associazione Ue-Israele appare come un atto simbolico di opportunismo politico, che potrebbe non avere conseguenze concrete per Israele. La presidente della Commissione correva il rischio di perdere il sostegno del gruppo socialista al Parlamento europeo. Dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, von der Leyen era andata in Israele non solo per mostrare la sua solidarietà, ma anche per firmare un assegno in bianco per l’imminente guerra contro Hamas a Gaza. Fino a quando sono iniziate ad apparire le immagine di bambini malnutriti nella Striscia, la presidente della Commissione non aveva mai criticato l’operato di Netanyahu. Fino al discorso sullo stato dell’Unione del 10 settembre, von der Leyen si era opposta a tutte le misure che potessero mettere in imbarazzo Netanyahu. L’unica proposta avanzata dalla sua Commissione era stata di sospendere alcune startup israeliane dal programma di ricerca Horizon Europe. Ma anche quella misura modesta non aveva trovato la maggioranza qualificata degli stati membri necessaria per l’approvazione da parte del Consiglio. Germania e Italia si erano associate a un gruppo di paesi più piccoli per formare una minoranza di blocco. Lo stesso gruppo di paesi ora potrebbe bloccare la reintroduzione dei dazi contro Israele. “Le linee politiche sono in gran parte le stesse di prima”, ha riconosciuto Kallas. Se Germania e Italia non cambieranno idea, al Consiglio ci sarà ancora una minoranza di blocco per impedire il ritorno dei dazi. E’ una delle ragioni per cui la proposta di sanzioni commerciali appare più come opportunismo che come serio strumento di pressione.
L’altra ragione è l’entità del danno provocato a Israele. Su 15,9 miliardi di euro di esportazioni verso l’Ue, solo 5,8 miliardi di euro dovrebbero essere soggetti a dazi. L’ammontare complessivo dei dazi aggiuntivi per Israele sarà di circa 227 milioni. Paradossalmente è l’Ue che rischia di subire le conseguenze più gravi sul piano commerciale. Con la sospensione dell’Accordo di associazione, il governo Netanyahu potrà a sua volta introdurre dazi su circa 8 miliardi di euro di merci importate dall’Ue su un totale di 26,7 miliardi. Il conto per gli esportatori europei potrebbe raggiungere i 547 milioni di euro, ha spiegato il commissario al Commercio, Maros Sefcovic. La frutta israeliana costerà un po’ di più ai consumatori europei. Ma l’Ue rischia di essere colpita in settori a più alto valore aggiunto come macchinari, componentistica aerea, dispositivi medici e farmaceutica.
La Commissione ha presentato un’altra proposta destinata a insabbiarsi a causa del veto di uno o più governi. La prima è di sanzionare i “ministri estremisti” del governo Netanyahu, Itamar Ben-Gvir e Bezalel Smotrich, tre coloni violenti e sei organizzazioni legate al movimento dei coloni (ci sono anche sanzioni contro dieci membri dell’Ufficio politico di Hamas). Il predecessore di Kallas, lo spagnolo Josep Borrell, ci aveva già provato con Ben-Gvir e Smotrich nell’estate del 2024, senza successo a causa della regola dell’unanimità. Ora von der Leyen ci riprova. Ufficialmente, perché Ben-Gvir e Smotrich “hanno incitato azioni violente a Gaza o contro i palestinesi in Cisgiordania”, spiega una fonte dell’Ue. In realtà, perché von der Leyen sa che la proposta di sanzioni andrà incontro al veto dell’Ungheria di Viktor Orbán e, forse, di altri paesi. Anche l’Italia si era opposta alla proposta di Borrell di sanzionare Ben-Gvir e Smotrich. Alla fine l’unica sanzione che entrerà effettivamente in vigore contro Israele è la sospensione del sostegno bilaterale, ma salvaguardando gli aiuti finanziari alla società civile e allo Yad Vashem. Saranno sospesi stanziamenti per un massimo di 20 milioni. Non molto per convincere Netanyahu.