Il governatore dello Utah, Spencer Cox (foto LaPresse)

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La lezione di Charlie contro la violenza politica nel discorso del governatore dello Utah

L'appello di Spencer Cox agli americani dopo l'omicidio di Kirk perché rifiutino la violenza e la demonizzazione dell’avversario politico: “La furia di internet non è la vita reale, diceva. Non smettete di parlarvi, anche se avete idee diverse”

Pubblichiamo il discorso con cui il governatore repubblicano dello Utah, Spencer Cox, ha accompagnato venerdì scorso l’annuncio dell’arresto di Tyler Robinson come responsabile dell’omicidio di Charlie Kirk. Un appassionato appello agli americani perché rifiutino la violenza e la demonizzazione dell’avversario politico.

Non voglio diventare troppo moralista, ma penso che sia importante che noi, con gli occhi ben aperti, capiamo cosa sta succedendo nel nostro paese oggi. Ho sentito persone dire, beh, perché siamo così coinvolti in questo? C’è violenza in tutto il nostro paese, e la violenza è tragica ovunque, e ogni vita tolta è un figlio di Dio che merita il nostro amore e rispetto e dignità.

Questo riguarda certamente la tragica morte – assassinio, assassinio politico – di Charlie Kirk, ma è anche molto più grande di un attacco a un individuo. E’ un attacco a tutti noi. E’ un attacco all’esperimento americano. E’ un attacco ai nostri ideali. Questo colpisce le fondamenta stesse di chi siamo, di chi siamo stati, e di chi potremmo essere in tempi migliori.

La violenza politica è diversa da qualsiasi altro tipo di violenza per molte ragioni. Una, perché proprio nell’atto che Charlie difendeva, quello dell’espressione, quella libertà di espressione che è sancita nei nostri documenti fondativi, nel perdere la sua vita in quell’atto stesso rende più difficile per le persone sentire che possono condividere le loro idee, che possono parlare liberamente. Non saremo mai in grado di risolvere tutti gli altri problemi, inclusi i problemi della violenza di cui la gente è preoccupata, se non possiamo avere uno scontro di idee in modo sicuro e protetto, anche, e soprattutto, con quelle idee con cui non siamo d’accordo.

Ecco perché questo conta così tanto.

Nelle ultime quarantotto ore sono stato tanto arrabbiato quanto non lo sia mai stato, tanto triste quanto non lo sia mai stato. E mentre la rabbia mi spingeva su un orlo pericoloso, sono state in realtà le parole di Charlie a tirarmi indietro. Vorrei condividerne alcune. E proprio ora vorrei parlare ai giovani del nostro stato, del mio stato, e di tutto il paese.

Il presidente Trump ha detto: sai chi amava davvero Charlie? I giovani. Ha ragione. I giovani amavano Charlie e i giovani odiavano Charlie, e Charlie andava comunque in quei posti e queste sono le parole che mi hanno aiutato. Charlie ha detto: quando le persone smettono di parlarsi, è allora che si crea la violenza. E ha detto anche: il debole non può mai perdonare. Il perdono è l’attributo dei forti. L’unico modo per uscire dal labirinto della sofferenza è perdonare. Accogli senza giudicare, ama senza condizione, perdona senza limite. Ha detto: perdona sempre i tuoi nemici. Nulla li irrita così tanto. 
Qualche mese fa, l’ho ricordato ieri sera, Charlie ha postato sui social media: quando le cose si muovono molto velocemente e le persone stanno perdendo la testa, è importante restare con i piedi per terra. Spegni il telefono, leggi le Scritture, passa del tempo con gli amici, e ricorda: la furia di internet non è la vita reale. Andrà tutto bene.

Ha detto ancora: quando smetti di avere una connessione umana con qualcuno con cui non sei d’accordo, diventa molto più facile commettere violenza. Ciò a cui noi come cultura dobbiamo tornare è la capacità di avere un ragionevole accordo, dove la violenza non è un’opzione. 

Ai miei giovani amici là fuori voglio dire: state ereditando un paese in cui la politica sembra rabbia. Sembra che la rabbia sia l’unica opzione. Ma attraverso le parole di Charlie abbiamo un promemoria che ci aiuta a scegliere un percorso diverso. La vostra generazione ha un’opportunità di costruire una cultura molto diversa da quella che stiamo soffrendo adesso. Non fingendo che le differenze non contino, ma abbracciando le nostre differenze e sostenendo quelle conversazioni difficili. Io penso che abbiamo bisogno di maggiore chiarezza morale proprio ora. Sento sempre che le parole sono violenza. Le parole non sono violenza. La violenza è violenza. E c’è una persona responsabile per ciò che è accaduto qui e quella persona è ora in custodia e sarà presto incriminata e sarà chiamata a rispondere.

E tuttavia, tutti noi abbiamo un’opportunità proprio ora di fare qualcosa di diverso. Voglio ringraziare i miei concittadini dello Utah. Per trentatré ore ho pregato che se questo doveva accadere qui, che non fosse uno di noi, che qualcuno fosse venuto da un altro stato. Che qualcuno fosse venuto da un altro paese.

Purtroppo, quella preghiera non è stata esaudita nel modo in cui avevo sperato, solo perché pensavo che sarebbe stato più facile per noi se avessimo solo potuto dire: ehi, noi non facciamo queste cose. E in effetti, lo Utah è un posto speciale. Guidiamo la nazione nelle donazioni caritatevoli. Guidiamo la nazione nel servizio ogni anno. Ma è successo qui, ed era uno di noi.

Ma voglio che guardiate a come hanno reagito gli abitanti dello Utah le ultime due notti. Non ci sono stati disordini, non ci sono stati saccheggi, non ci sono state auto incendiate, non c’è stata violenza. Ci sono state veglie e preghiere e persone che si sono riunite per condividere l’umanità. E questo, signore e signori, credo sia la risposta a tutto ciò. Possiamo restituire violenza con violenza. Possiamo restituire odio con odio. E questo è il problema con la violenza politica: è che metastatizza. Perché possiamo sempre puntare il dito all’altra parte. E a un certo punto, dobbiamo trovare un’uscita, o la situazione peggiorerà sempre di più.

Ma, vedete, queste sono scelte che possiamo fare. La storia dirà se questo è un punto di svolta per il nostro paese. Ma ognuno di noi può scegliere proprio ora se questo è un punto di svolta per noi. Possiamo prendere decisioni. Abbiamo la nostra libertà. E io chiamo disperatamente ogni americano, repubblicano, democratico, liberale, progressista, conservatore, Maga, tutti noi a seguire – per favore, per favore, per favore – ciò che Charlie mi ha insegnato.

Concluderò solo con parole dell’amico Yuval Levin, che alla domanda se fosse ottimista riguardo al nostro paese, ha risposto: non sono ottimista, odio l’ottimismo. Ma ha aggiunto: l’ottimismo è un vizio. E’ quest’idea che le cose buone semplicemente accadranno. Nella storia del mondo – ha detto – le cose buone non sono mai accadute semplicemente. Non sono ottimista – ha detto ancora – ma sono pieno di speranza. La speranza è la virtù che sta tra i vizi dell’ottimismo e del pessimismo. La speranza è l’idea che le cose buone accadranno perché possiamo farle accadere. Io credo ancora nel nostro paese e so che Charlie Kirk credeva nel nostro paese. Credo ancora che ci sia più bene tra di noi che male e credo ancora che possiamo cambiare il corso della storia. Ho speranza, perché credo che gli americani possano farlo.


Spencer Cox
governatore dello Utah

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