
Foto Ansa
l'analisi
Non c'è fine alla spirale di violenza politica in America. Le accuse reciproche dei partiti
L’assassinio di Charlie Kirk all’Università dello Utah è l’ultimo episodio di una crescente spirale di violenza politica, alimentata da una polarizzazione estrema e dal crescente supporto all’uso della forza sia a destra che a sinistra. L'analisi di Donald Abelson, professore di scienze politiche all’Università di McMaster
L’assassinio di Charlie Kirk nel campus dell’Università dello Utah è solo l’ultimo tassello di una spirale di violenza politica che non si vedeva negli Stati Uniti dagli anni ’60. “Una ricerca svolta a maggio di quest’anno”, ha detto Robert Pape, professore di scienze politiche dell’Università di Chicago, che si occupa da anni di violenza politica negli Stati Uniti, in un incontro con la stampa, “dimostra che il supporto alla violenza è sempre più alto, sia a sinistra che a destra”. Il professore, che pubblica sondaggi a cadenza fissa sul supporto degli Stati Uniti alla violenza sin dal 2021, ha posto l’accento su due risultati in particolare. Alla domanda se l’uso della forza fosse giustificato pur di rimuovere il presidente Trump dalla Casa Bianca, il 39 per cento dei democratici ha risposto affermativamente. Allo stesso modo, alla domanda se Trump fosse giustificato a utilizzare la forza militare per sopprimere proteste, il 24 per cento dei repubblicani si è dichiarato d’accordo.
“A partire da questi dati”, ha continuato Pape, “possiamo dire che l’assassinio di Kirk è stato tragico, ma non imprevedibile. Più è grande il supporto per la violenza politica, più è comune che questi fatti accadano”. Negli ultimi anni, infatti, la spirale di violenza è cresciuta esponenzialmente: dal tentato omicidio del giudice della Corte Suprema Brett Kavanaugh, a quello della deputata democratica Nancy Pelosi, del deputato repubblicano Steve Scalise, di Trump stesso, fino ad arrivare agli assassini riusciti della deputata democratica del Minnesota Melissa Hortman e del leader conservatore Charlie Kirk.
Quello che è mancato, dopo ognuno di questi fatti violenti, è stato un tentativo di abbassare i toni dei partiti: ogni fatto di sangue ha sempre richiamato, infatti, una colpa dell’altra parte, e mai il tentativo di superare le differenze. Ancora ieri, infatti, Trump incolpava “l’odio dell’estrema sinistra” per l’omicidio di Kirk, senza riflettere su come la violenza politica sia oramai endemica nel Paese. “Più la temperatura dello scontro politico sale”, ha detto al Foglio Donald Abelson, professore di scienze politiche all’Università di McMaster, “e le divisioni tra i partiti a ogni livello si acuiscono, più è probabile che ci sarà violenza”.
Il deputato democratico Gregory Meeks, riflettendo sul tema, ha affermato che siamo molto lontani dall’unità che il paese aveva dimostrato a seguito degli attentati terroristici dell’11 settembre. “I nostri leader devono, però, cambiare”, ha continuato Pape, “ed entrambi gli schieramenti dovrebbero condannare senza riserve la violenza che arriva dal proprio lato”. Nonostante non siano state reazioni diffuse, alcuni politici hanno tentato di farlo: primo tra tutti il governatore dello Utah, il repubblicano Spencer Cox. Durante la conferenza stampa a seguito dell’omicidio ha affermato che “tutti dovremmo cercare una parte migliore di noi” e che in questo momento “il paese è rotto e niente di quello che sto dicendo potrà rimetterlo in sesto, né riportare in vita Kirk”. Ma non è stato il solo: i giovani esponenti di entrambi i partiti del Connecticut hanno pubblicato sui social un comunicato condiviso, postato da entrambi i profili, in cui hanno affermato di essere contro ogni forma di violenza, e che non ci deve essere posto negli Stati Uniti per questi atti. Intervistato dal New York Times, il segretario dei giovani Repubblicani dello Stato ha detto che l’idea è nata da un dialogo avuto con il suo omologo democratico, in cui entrambi sono arrivati alla conclusione che ogni forma di violenza vada rigettata dal discorso pubblico.
A Washington, però, sembra che questi esempi non vengano seguiti: non solo Trump, ma anche deputati e senatori di spicco si accusano a vicenda. Nancy Mace, senatrice repubblicana, ha detto che “l’omicidio Kirk è da attribuire ai democratici”, mentre durante il minuto di silenzio alla Camera un deputato democratico ha urlato di “fare qualcosa contro le armi”, attaccando i repubblicani per via delle leggi permissive in materia di possesso di fucili che ci sono negli Stati dove questi governano. “Gli Stati Uniti hanno gli strumenti per mitigare la minaccia della violenza politica”, ha concluso Abelson, “ma la domanda rimane se ci sia una volontà politica dei leader di mettere il paese davanti agli interessi di partito. Finchè questo non avverrà, la spirale di violenza non può che continuare”.