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il colloquio

Il generale Amidror ci spiega che Israele darà la caccia a Hamas. “Indietro non si torna”

Giulio Meotti

"L'invasione vera e propria impiegherà ancora qualche settimana. Staneremo i terroristi uno a uno", dice al Foglio ex generale di stato maggiore israeliano e consigliere per la sicurezza nazionale del governo Netanyahu

Non sappiamo quanti e chi siano morti, ma indietro non si torna: li staneremo, uno a uno”. Così al Foglio Yaakov Amidror, ex generale di stato maggiore israeliano e consigliere per la sicurezza nazionale del governo di Benjamin Netanyahu, oggi analista al Jinsa di Washington e al Jerusalem institute for strategic studies, candidato a guidare la commissione sul 7 ottobre, commenta lo strike israeliano a Doha. Secondo Axios, il Qatar starebbe rivedendo il suo partenariato per la sicurezza con gli Stati Uniti in seguito agli attacchi israeliani. Il Qatar avrebbe informato la Casa Bianca che considera l’attacco d’Israele un “atto di tradimento” da parte di Washington (Doha ha smentito la ricostruzione di Axios). Donald Trump avrebbe anche esortato il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu a non colpire nuovamente il Qatar. “E’ inaccettabile, chiedo che non lo ripetiate”, avrebbe detto Trump a Netanyahu. Se Israele non fosse riuscito a uccidere i leader di Hamas, l’ambasciatore israeliano negli Stati Uniti Yechiel Leiter ha detto che ci riproveranno: “Abbiamo messo in guardia i terroristi, ovunque si trovino... li inseguiremo e distruggeremo coloro che ci distruggeranno”, ha dichiarato Leiter in un discorso al Campidoglio degli Stati Uniti. E’ stata definita “dottrina Monaco 2.0”, dal nome dell’operazione che portò all’eliminazione dei terroristi dietro l’eccidio alle Olimpiadi in Germania nel 1972.

A Gaza, le truppe israeliane intanto avanzano verso la città più importante. “Le forze militari per conquistare Gaza City ci metteranno ancora un po’ di tempo, stiamo spostando le truppe verso la Striscia” dice Amidror. “L’invasione vera e propria impiegherà ancora qualche settimana. C’è consenso nell’establishment israeliano sull’importanza di prendere Gaza City. Il dissenso è sulla tempistica, alcuni vogliono prima liberare alcuni ostaggi, altri vogliono entrare”.

 

Resta da capire se Hamas si piegherà. “Nessuno se se si fermerà: sono fanatici islamisti ma quando vedranno che facciamo sul serio a Gaza City, speriamo che diventino più flessibili” continua Amidror. “Ma non ne sono certo. Nelle precedenti guerre di Israele non avevamo contro nemici meno determinati, Hezbollah non era certo da meno di Hamas, ma sono le circostanze a essere diverse e uniche. Ci sono gli ostaggi, i tunnel e una popolazione dietro Hamas si nasconde”.
Pochi in Europa capiscono la guerra di Israele. “Se Israele si ferma ora, nessuno ha capito cosa significa. Non sappiamo cosa significa dopo i sessanta giorni previsti dall’accordo. Hamas si ripreparerebbe alla guerra e sarebbe anche più forte. Dovremmo riconquistare e ribatterci per le aree che oggi controlliamo. Il prezzo per i soldati sarebbe altissimo e molti sarebbero uccisi. Dal punto di vista diplomatico poi non sappiamo cosa accadrebbe dopo i negoziati, se il mondo o l’America o l’Europa ci farebbero pressioni per non riprendere la guerra. In tre mesi di stop alle ostilità può succedere di tutto”.

 

Yahya Sinwar ha descritto l’attacco del 7 ottobre come parte di un “piano divino”, ha dichiarato un alto funzionario della sicurezza mediorientale al Middle East-America Dialogue di Washington, parlando sotto anonimato secondo le regole del Mead. Sinwar ha suddiviso la storia in tre fasi: 1948-1988 come “umiliazione”, 1988-2028 come “accumulo” e una “fase culminante” che, a suo avviso, potrebbe iniziare intorno al 2028.

 

“Hamas gioca con gli ostaggi e la psiche israeliana” ci dice Amidror. “Sperano di piegarci, fino a oggi non ci sono riusciti, ma Israele è una democrazia, chi può dirlo che non ci riescano?”. Intanto Israele sta perdendo il sostegno occidentale. Conclude il generale: “Mi interessa l’occidente, certo, ma se devo scegliere fra il sostegno occidentale e la distruzione di Israele, preferisco distruggere i nemici d’Israele e perdere l’occidente”.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.