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la missione al porto tunisino

Perché un campione dell'antisemitismo come Saied rimane in silenzio sulla flotilla

Luca Gambardella

Il presidente-dittatore della Tunisia non si è espresso né sulla missione umanitaria diretta a Gaza né sugli attacchi alle navi. Le pressioni americane

Solo due anni fa, fu clamorosa la retromarcia fatta da Kais Saied, il presidente tunisino noto per il suo antisemitismo e sostenitore di spericolate teorie complottiste anti giudaiche. Dopo mesi di sostegno dichiarato a una proposta di legge che prevedeva 12 anni di carcere per chiunque si professasse in favore della normalizzazione delle relazioni con Israele, all'ultimo Saied decise di tirarsi indietro. Clamorosamente, al momento del voto in Parlamento il presidente tunisino invitò tutti a fermarsi e votare contro, tenendo in considerazione “le conseguenze per la sicurezza del paese”. Alcuni parlamentari intervistati in quei giorni denunciarono le forti pressioni ricevute da Saied da parte dell'ambasciatore americano a Tunisi, Joey Hood, che pare avesse discussioni telefoniche quasi quotidiane con il palazzo di Cartagine. Alla base del cambio repentino di Saied erano state le minacce dell'Amministrazione Biden, che prometteva di bloccare ogni aiuto finanziario, e soprattutto militare, alla Tunisia. 

Una dinamica simile sembra abbia preso forma in questi giorni, mentre le navi della Global Sumud Flotilla diretta a Gaza ormeggiate al porto di Sidi Bou Said sono colpite da misteriosi oggetti che, secondo gli equipaggi, sarebbero droni incendiari. Le autorità locali hanno tentato di ridimensionare l'accaduto e dicono di non avere intercettato alcun drone, che probabilmente si è trattato di un mozzicone di sigaretta lasciato accidentalmente in mezzo ai salvagente. Spiegazioni difficili da provare, nonché poco verosimili a giudicare dai video registrati dalle navi attaccate. La versione del sabotaggio della missione umanitaria da parte di Israele, sostenuta dagli organizzatori della flotilla, ha peraltro un precedente, quello dello scorso 2 maggio, quando due attacchi lanciati con droni incendiari (chiamati Dragon Drones, usati di frequente anche sul fronte tra ucraini e russi) impedirono alla Freedom Flotilla di raggiungere Gaza, colpita in acque internazionali al largo di Malta. Anche allora non ci furono vittime, ma la missione abortì. 

Se è difficile ricostruire gli eventi di Sidi Bou Said e capire chi e come abbia colpito le navi umanitarie, non è passato invece inosservato il silenzio di Saied. In tutti questi giorni, non una parola è stata pronunciata dalla presidenza tunisina, né sulla natura della missione umanitaria né tantomeno dopo l'attacco con i presunti droni. Da un campione della lotta filopalestinese come lui, il basso profilo ha destato una certa sorpresa. I motivi della moderazione di Saied sono diversi. Il primo rimanda alle nuove pressioni americane. Proprio in questi giorni il Congresso degli Stati Uniti ha in esame una proposta di legge che gode di un certo consenso bipartisan, presentata da un repubblicano, Joe Wilson, e da un democratico, Jason Crow. Il testo del documento è molto duro, perché definisce quello guidato da Saied “un regime illegittimo” e prevede sanzioni e tagli agli aiuti economici e militari a beneficio di chiunque violi i diritti umani in Tunisia. 

Gli aiuti americani in tema di difesa e sicurezza sono già stati tagliati drasticamente da Joe Biden a partire dal 2021, passando da 191 milioni di dollari ad appena 68 milioni lo scorso anno. C'è poi un altro tema, che accomuna l'intero mondo arabo, dal Nord Africa al Golfo, e che invita i leader della regione a mantenere una maggiore cautela quando si parla di Gaza: è quello della reazione dell'opinione pubblica. Un po' come avviene in Egitto, dove le manifestazioni di solidarietà nei confronti dei palestinesi sono sopite dagli apparati di sicurezza, anche in Tunisia il tema dell'anti sionismo è appaltato esclusivamente alla propaganda di Saied. Fuori dal palazzo presidenziale, ogni manifestazione è attenzionata per timore che la causa palestinese faccia da miccia per fare implodere una società già gravata da crisi economica e sistema repressivo. Altra preoccupazione di Saied è quella di dare l'impressione di riuscire a tenere sotto controllo il paese. Se dovesse dichiarare pubblicamente che Israele è riuscito a manovrare dei droni contro una flotilla che trasporta aiuti umanitari ai palestinesi in pieno territorio tunisino, per il presidente si tratterebbe di un'umiliazione. Uno scenario pericoloso per il presidente-dittatore, che a quel punto si troverebbe anche a dovere rispondere a chi chiede una reazione contro la violazione della sovranità nazionale da parte di Israele. Un'eventualità ovviamente insostenibile, persino per un anti israeliano – a parole – come Saied. 

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  • Luca Gambardella
  • Sono nato a Latina nel 1985. Sangue siciliano. Per dimenticare Littoria sono fuggito a Venezia per giocare a fare il marinaio alla scuola militare "Morosini". Laurea in Scienze internazionali e diplomatiche a Gorizia. Ho vissuto a Damasco per studiare arabo. Nel 2012 sono andato in Egitto e ho iniziato a scrivere di Medio Oriente e immigrazione come freelance. Dal 2014 lavoro al Foglio.