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“Israele ha colpito gli oltranzisti di Hamas, negoziato ora più facile”. Parla Ben Yishai

Giulio Meotti

Un attacco mirato a Doha ha preso di mira la fazione più intransigente del gruppo palestinese, e ha suscitato interrogativi sul ruolo del Qatar e delle forze americane. Per il maggiore giornalista israeliano di sicurezza, l’eliminazione di quei leader potrebbe favorire un’intesa sul rilascio degli ostaggi

Ieri si sono moltiplicati gli interrogativi su come il Qatar, stretto alleato degli Stati Uniti dotato di alcune delle difese aeree più avanzate di Washington, non sia riuscito a fermare un attacco israeliano sul suo territorio. Il Qatar dispone di batterie Patriot e del sistema antibalistico Thaad, lo stesso intercettore avanzato schierato in Israele. Donald Trump si dice “niente affatto contento” dello strike israeliano contro Hamas, ma è difficile credere che gli aerei israeliani abbiano condotto bombardamenti a  trenta chilometri dalla base aerea di Al Udeid, dove si trova il quartier generale  del Comando centrale degli Stati Uniti, senza informare le forze americane dislocate nella base che ospita diecimila soldati americani. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu e il ministro della Difesa Israel Katz hanno appoggiato l’operazione, così come il ministro per gli Affari strategici Ron Dermer, convinto che l’Amministrazione Trump non avrebbe opposto resistenza. Al contrario, il capo di stato maggiore Eyal Zamir e il capo del Mossad David Barnea avrebbero messo in guardia sulla tempistica, sostenendo che avrebbe compromesso il potenziale accordo sugli ostaggi.


Il vicepresidente americano J. D. Vance ieri ha detto che l’Amministrazione non è d’accordo con la decisione di Israele di colpire i vertici di Hamas a Doha, ma che la loro eliminazione ha un “lato positivo”. Quale ce lo spiega Ron Ben Yishai, il massimo giornalista israeliano di sicurezza (scrive per Yedioth Ahronoth ed è stato immortalato nel film “Valzer con Bashir”). “Sicuramente l’Amministrazione  era al corrente dell’attacco a Doha, non sappiamo se siano felici o arrabbiati con Israele,  quello che sappiamo è che a Doha c’è la leadership di Hamas più oltranzista, quella che non paga il prezzo della guerra a Gaza”, dice al Foglio Ron Ben Yishai. “A Gaza c’è un nucleo sopravvissuti di capi di Hamas più aperti alla possibilità della fine della guerra. Non sappiamo chi sia stato ucciso a Doha e c’è un certo pessimismo in Israele sui risultati dell’attacco. Quando lo sapremo, sarà tutto più chiaro. Sappiamo  che almeno tre capi di Hamas presenti in quell’incontro sono  jihadisti contrari a ogni compromesso con Israele e un ostacolo all’accordo che vorrebbe Trump. Se sono stati uccisi,  Israele potrebbe negoziare attraverso l’Egitto con gli uomini di Hamas a Gaza. In particolare il capo della brigata di Gaza City, Izz al Din al Haddad, l’ultimo comandante del 7 ottobre sopravvissuto e più sensibile alle bombe su Gaza dei capi che stanno negli hotel a Doha”. Se invece Israele non fosse riuscito a eliminare i capi di Hamas  dopo essersi assunto un simile rischio diplomatico, il prezzo del fallimento in medio oriente si rivelerebbe più alto che altrove. 


Ben Yishai spiega il cuore del cessate il fuoco sul tavolo: “Hamas usa la popolazione di Gaza come scudo umano per proteggersi. Il cessate il fuoco con Israele consiste in noi che riprendiamo gli ostaggi e fermiamo la guerra, che è quello che Hamas vuole. Dovete capire in Europa che Hamas non può rimanere a Gaza, specialmente nei tunnel, perché in quel caso Hamas si ricostruirebbe anche se ci fosse a Gaza un governo diverso e tra cinque anni avremo un altro massacro come quello del 7 ottobre. I kibbutzim sono a ottocento metri da Gaza, questo non è come il Vietnam per l’America, parliamo di metri. Il prezzo più grande per Israele sarebbe lasciare Hamas al potere a Gaza e questo è inaccettabile per Israele”. Hamas non conosce l’idea di resa come la intendiamo noi: “A differenza di tutti gli altri nemici che in occidente incontriamo qui sono jihadisti,  fondamentalisti islamici per i quali è un dovere religioso, mistico, questa guerra. In occidente, specialmente in Europa, non capite che per Hamas lo shahid è il cuore, sono pronti a sacrificare tutta la popolazione di Gaza, preferirebbero morire che arrendersi. Il sacrificio di tutti i gazawi per il califfato. Quello che può fermare la guerra a Gaza è il rilascio degli ostaggi, tutti gli ostaggi, vivi e morti, quello sarebbe il game changer, altrimenti Israele deve fare tutto ciò che deve per fermare Hamas”.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.