
Foto Ukrainian Emergency Service via AP
Sproporzioni
Tutti i modi con cui Trump sta lasciando sguarnita l'Ucraina
Putin colpisce i pensionati ucraini in fila alle poste, mentre il presidente americano rallenta la difesa di Kyiv (e dell’Europa)
Yarova è un agglomerato di case nella regione di Donetsk, nell’est dell’Ucraina in cui, nel 2022, c’erano meno di duemila abitanti. E’ a dieci chilometri dalla linea del fronte tra russi e ucraini, in una zona che il presidente russo, Vladimir Putin, chiede che sia abbandonata dalle truppe ucraine. Ieri Yarova è stata colpita da un attacco aereo russo: sono state uccise 23 persone, per lo più donne anziane, che erano in fila all’ufficio postale per ritirare la pensione, ci sono altri 18 feriti, alcuni molto gravi.
Putin intensifica gli attacchi, perché, come scriveva ieri il quotidiano russo Moskovsky Komsomolets, “il Cremlino crede che la Russia stia lentamente ma in modo saldo raggiungendo i suoi obiettivi in Ucraina”.
Gli obiettivi di Putin sono chiari da sempre, se c’è una cosa su cui il presidente non vuole fraintendimenti è proprio questa: vuole la capitolazione dell’Ucraina, la sua resa completa, due giorni fa ha colpito – con un missile Iskander, secondo le autorità ucraine – il palazzo del governo a Kyiv. Il presidente americano Donald Trump è rimasto l’unico a pensare (o a voler credere) che Putin voglia mettere fine alla guerra e il suo calcolo completamente sbagliato sta avendo un impatto concreto sull’Ucraina.
Le Forze armate ucraine sono riuscite a contrastare l’offensiva estiva della Russia sul fronte, che è stata talmente un fallimento che la strategia è cambiata, le truppe dislocate verso nord sono state tutte riconcentrate nel Donbas, che le forze russe vogliono conquistare completamente. Poiché via terra l’avanzata non c’è – anzi, ci sono anche delle riconquiste ucraine – la guerra dal cielo è diventata violentissima, si è arrivati a 800 droni e missili in un unico attacco (gli esperti dicono che si arriverà in breve tempo a mille), con mezzi più sofisticati e più letali. Di fronte a questa sprezzante escalation, Trump si aggrappa alle sue convinzioni e rallenta tutto, l’invio di armi e l’introduzione di nuove sanzioni, ma smantella anche altre forme di difesa, come quelle militari nell’est dell’Europa e quelle contro la disinformazione sempre in Europa – in questo modo dà tempo e obiettivi più raggiungibili alla furia terroristica di Putin.
Sulle sanzioni si attende una decisione ormai da mesi: c’è una legge pronta al Senato americano che raccoglie un inusuale consenso bipartisan, ma i repubblicani non si muovono senza il via libera presidenziale, nonostante si siano esposti moltissimo sull’urgenza di queste misure. Ma il via libera non arriva, sembra sempre imminente ma non arriva, e intanto le sanzioni esistenti non vengono aggiornate, la Russia trova il modo di ovviarle e partner solerti a compensarle. La macchina della guerra russa procede brutale e al contrario, come scriveva ieri il Financial Times, quella ucraina di difesa viene rifornita a singhiozzo.
Come si era visto a giugno, quando il Pentagono aveva sospeso le forniture all’Ucraina senza informare la Casa Bianca, il processo decisionale dell’Amministrazione Trump è disfunzionale, ma la sua direzione, pur senza cedere a eccessivi catastrofismi, è chiara. Le forniture militari, nonostante sia ancora in vigore la legge del Congresso americano approvata l’anno scorso con uno stanziamento di 100 miliardi di dollari in aiuti militari, sono diventate irregolari e più piccole, a causa della revisione che ha fatto il Pentagono a giugno e che ha mostrato che le riserve in America sono molto basse. Una fonte anonima a conoscenza delle forniture all’Ucraina dice al Financial Times: “E’ solo una questione di tempo, le munizioni finiranno”. Gli europei si sono accordati per inviare difese aeree e munizioni – in parte facendo acquisti dall’America – ma le spedizioni sono appena cominciate e non sono complete. Il Pentagono dice che non c’è alcun rallentamento e semmai sono gli europei a muoversi come dei pachidermi, ma non c’è l’urgenza necessaria – e che dovrebbe essere scontata – a contrastare i 5.200 lanci di droni e missili da parte della Russia nel corso dell’estate.
Il dipartimento di stato ha anche informato gli europei di aver sospeso la collaborazione sulla lotta alla disinformazione, un’altra iniziativa della stagione Biden. L’Amministrazione Trump ha già smantellato le agenzie che si occupavano delle ingerenze straniere e il Global Engagement Center, costituito nel 2011 contro il terrorismo, è stato chiuso già da tempo. Il suo ultimo direttore, James Rubin, ha detto: è un atto unilaterale di disarmo. Gli effetti si sentono anche lontano da Washington, come tutta questa insostenibile cautela nei confronti di Putin.