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medio oriente
“Dopo due anni, a Gaza ora vince chi cede prima: Israele o Hamas?”. Parla Kuperwasser
"Lo stato ebraico ha soltanto pessime opzioni, ma non si fermerà. La migliore sarebbe che Hamas si arrenda, ma per questo serve la pressione militare o l'occupazione del territorio", dice il direttore del Jerusalem Institute for Strategy and Security
“La leadership di Hamas considera il sumud (fermezza) un valore supremo. Ritiene che la semplice sopravvivenza come forza armata dominante a Gaza, anche in uno stato indebolito e danneggiato, costituisca una forma di vittoria su Israele”. Yossi Kuperwasser, direttore del Jerusalem Institute for Strategy and Security, ex brigadiere generale e direttore dell’unità di ricerca dell’intelligence militare israeliana, evoca una parola, “sumud”, che non è soltanto il nome della flottilla diretta a Gaza, ma costituisce la chiave per comprendere una guerra arrivata al suo momento decisivo. Israele ieri ha detto sì all’ultima proposta di Donald Trump per il rilascio degli ostaggi e un cessate il fuoco a Gaza, ha dichiarato il ministro degli Esteri Gideon Sa’ar. “La guerra a Gaza può finire domani con il rilascio di tutti gli ostaggi israeliani e la deposizione delle armi da parte di Hamas”, ha affermato Sa’ar. “Un esercizio retorico, Hamas finora non ha mai accettato di deporre le armi” dice al Foglio Kuperwasser.
“La migliore opzione è che Hamas si arrenda, ma per questo serve la pressione militare o l’occupazione del territorio” prosegue Kuperwasser. “E anche se ci sono solo pessime opzioni per Israele, il cuore della società israeliana è disposta ad accettare il prezzo che questo comporterebbe. Capiscono che non c’è alternativa. Tutti vorrebbero vedere l’Onu o l’Autorità Palestinese a Gaza, ma non accadrà. E ora siamo al punto fatale in cui la guerra viene decisa: come sarà ricordato il 7 ottobre nella memoria degli israeliani, dei palestinesi e del resto del mondo? Per Hamas, il terrorismo deve essere ricordato come un grande successo, nonostante il dolore e la distruzione. Per Israele, il 7 ottobre deve essere ricordato come un grande fallimento del terrorismo”.
La pressione su Hamas non può fermarsi ora. “Alcuni in Hamas dicono ‘è sufficiente, ci fermiamo qui’, altri pensano ‘no, mai la resa’. Sono sicuro che ci sia un dibattito dentro Hamas. La domanda è: chi cederà prima, Israele o Hamas? La grande questione è questa, oltre le conquiste sul terreno. Le racconto una storia. Ero il capo della ricerca dell’intelligence militare e prima della Seconda Intifada accolsi una serie di ufficiali stranieri. Sapevamo che la guerra stava arrivando. ‘Cosa fate qui?’, ci chiesero. ‘Studiamo’. ‘Cosa?’. ‘Come vincere’. Noi israeliani dobbiamo vincere, non siamo come le altre democrazie. Il 7 ottobre ci siamo addormentati”. Israele si trova di fronte a tre opzioni strategiche, tutte con costi significativi oltre che benefici, e nessuna delle quali garantisce pienamente il raggiungimento degli obiettivi della guerra. “La prima opzione è rafforzare l’attuale politica di pressione militare su Hamas per costringerla ad accettare il cessate il fuoco proposto dai mediatori e accettate da Israele. Nel frattempo, Israele si trova ad affrontare una crescente pressione internazionale e un sostegno internazionale in calo, anche da parte degli Stati Uniti. Sul campo, la guerra continua a esigere il pagamento di un tributo israeliano”. La seconda opzione è un accordo basato sull'accettazione delle condizioni di Hamas per il rilascio degli ostaggi. “Questa opzione comporterebbe la fine della guerra, la garanzia del rilascio di tutti gli ostaggi, il completo ritiro israeliano e a Hamas di rimanere la forza militare nella Striscia di Gaza e il rilascio di molti altri terroristi dalle prigioni israeliane. Questo scenario gode del sostegno di molte famiglie degli ostaggi e di settori dell'opinione pubblica e del sistema politico israeliano”.
La terza opzione è la presa di controllo di Gaza e l’istituzione di un'amministrazione militare temporanea. “Scegliere tra le tre opzioni – intensificare la guerra, accettare le condizioni di Hamas per il rilascio degli ostaggi o imporre l'amministrazione militare sulla Striscia di Gaza (ciascuna con diverse versioni intermedie) – è difficile”. Samud, dicevamo. “Hamas continua intanto i suoi sforzi per plasmare la percezione pubblica a livello internazionale e all’interno della società israeliana. I suoi risultati sono significativi. La narrazione di Hamas sul numero di vittime a Gaza ritrae tutte le vittime come civili e accusa Israele di genocidio, fame e crimini di guerra. Occulta la responsabilità nello scoppio della guerra, in particolare l’uso di civili come scudi umani e strutture civili e umanitarie per scopi terroristici. Questa narrazione è diffusa dai media internazionali e dalle organizzazioni umanitarie e viene adottata dai leader politici. Sotto la pressione di media, élite intellettuali e delle loro basi politiche, influenzati dall’alleanza ‘verde-rossa’, questi leader adottano posizioni fortemente critiche nei confronti di Israele, tra cui minacce di boicottaggio e sanzioni. Nel contesto israeliano, la leadership di Hamas a Gaza e all’estero è in sintonia con il dibattito pubblico, le proteste contro il governo e le pressioni per il rientro degli ostaggi e la fine della guerra. Erano preparati a questa guerra, a giocare la carta del vittimismo e le parole d’ordine da usare nella comunità internazionale. Ma Israele ha deciso che non starà al loro gioco, non saremo le loro vittime”. Quanto alla Spagna che mette sanzioni su Israele, Kuperwasser conclude: “Chi ci consiglia dal balcone o canta ‘Palestine will be free from the river to the sea’ non vorrebbe che esistessimo, è incredibile che pezzi d’Europa si siano schierati con Hamas e terroristi che hanno già colpito in Europa. Ma non si fermeranno a Israele: statene certi”.