(LaPresse)

In Francia

Macron perde la scommessa su Bayrou. Il ritorno alle trattative 

Mauro Zanon

L’inquilino dell’Eliseo ha bruciato il quarto primo ministro in meno di due anni, E si ritrova ora a dover rientrare nel tunnel delle trattative per formare un governo, con sondaggi di popolarità che lo danno ai minimi storici

Sui social, i più maligni hanno già dato appuntamento in piazza per il “pot de départ” di François Bayrou, la festa d’addio del leader dei centristi del MoDem. Perché da lunedì, salvo improbabili colpi di scena, non sarà più alla guida del governo francese. Due settimane fa, Bayrou si era presentato in conferenza stampa per dettagliare la sua cura d’austerità per la Francia – un piano di risparmi da quasi 44 miliardi di euro – e a sorpresa aveva fissato per l’8 settembre un voto di fiducia all’Assemblea nazionale, sperando di ottenere la legittimazione della maggioranza dei deputati sulla sua proposta di manovra finanziaria. Ma dal Rassemblement national, il partito sovranista di Marine Le Pen e Jordan Bardella, alle sinistre, France insoumise, Partito socialista, Verdi e Partito comunista, non arriverà nessuna deroga all’esecutivo, nonostante la disponibilità ad alcune concessioni manifestata da Bayrou in questi giorni: voteranno tutti la sfiducia.

 

“La messa è finita”, ha detto il primo segretario del Partito socialista, Olivier Faure, con parole che suonano come una sentenza definitiva. Lo scorso dicembre, dopo il governo lampo di Michel Barnier (è durato tre mesi), il presidente della Repubblica, Emmanuel Macron, aveva deciso di puntare sulla carta del vecchio saggio centrista capace di creare un governo di compromesso che avrebbe condotto la Francia fino alla fine del quinquennio. Ma la scommessa Bayrou è fallita, l’inquilino dell’Eliseo ha bruciato il quarto primo ministro in meno di due anni e si ritrova ora a dover rientrare nel tunnel delle trattative per formare un governo, con sondaggi di popolarità che lo danno ai minimi storici, una situazione finanziaria nefasta, e una collera sociale che è pronta a esplodere nelle piazze. Martedì, Macron ha riunito all’Eliseo i leader dei partiti alleati, Gabriel Attal (Renaissance), François Bayrou (MoDem), Édouard Philippe (Horizons) e Bruno Retailleau (Républicains), invitandoli a lavorare con tutte le forze politiche dell’Assemblea nazionale, tranne il Rassemblement national e la France insoumise, per creare un governo di larghe intese.

 

Il presidente francese, in particolare, ha chiesto ai suoi interlocutori di orientarsi verso il Partito socialista e il gruppo indipendente Liot, per “trovare le vie della stabilità per il paese”, secondo le parole di un fedelissimo. Le trattative, tuttavia, si preannunciano complicate. I socialisti non accettano di essere la stampella di un nuovo primo ministro proveniente dal cosiddetto “blocco centrale” macroniano, in cambio di qualche concessione sul progetto di bilancio 2026: vogliono essere alla guida di “un governo di sinistra” assieme a ecologisti e comunisti come “guardiani esigenti”, ha detto il segretario generale del Ps Pierre Jouvet. Primo problema: Républicains, Rassemblement national e persino France insoumise non voterebbero la fiducia a un governo di sinistra a guida socialista. Secondo problema: le divergenze troppo ampie tra la manovra finanziaria promossa dai macronisti per risanare le finanze pubbliche – 44 miliardi di euro di tagli – e quella proposta da Olivier Faure e compagni – 21,9 miliardi di risparmi. I socialisti, inoltre, vorrebbero introdurre una supergabella annuale del 2 per cento sui patrimoni superiori ai 100 milioni di euro e abrogare la riforma delle pensioni che ha alzato l’età pensionabile a 64 anni: due linee rosse invalicabili per i macroniani.

 

Un profilo, però, potrebbe mettere d’accordo il blocco centrale e la sinistra: quello dell’attuale ministro dell’Economia Éric Lombard, banchiere ed ex membro del Partito socialista, le cui quotazioni sono in ascesa. Per ora, l’unica certezza, è che Macron vuole agire in fretta. Secondo quanto riportato da Politico, il presidente punta a trovare un nuovo premier entro il 18 settembre, data in cui i principali sindacati hanno organizzato proteste e manifestazioni in tutto il paese contro la manovra finanziaria lacrime e sangue. L’idea del capo dello stato è quella di inviare un primo ministro a trattare con le organizzazioni sindacali per evitare di trovarsi in prima linea di fronte alla loro rabbia. Prima del 18, c’è un’altra giornata cerchiata in rosso sul calendario: il 10 settembre, quando il movimento “Bloquons tout” (Blocchiamo tutto), nato sui social e cavalcato dalla sinistra mélenchonista, scenderà nelle strade per bloccare il paese con scioperi, marce e boicottaggi contro le misure d’austerità. E’ soltanto l’inizio del lungo autunno caldo francese.

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