(Ansa)

backstop

La strategia europea di sottomissione a Trump non funziona. Le linee rosse di Putin

David Carretta

I volenterosi accettano di partecipare al reality del presidente americano sull’Ucraina. Non porta a nulla: il tycoon non ha intenzione di muoversi e dare seguito alla promessa di sanzioni devastanti

L’Unione europea ha inviato a Washington una squadra di funzionari per “coordinarsi” con gli Stati Uniti sulle nuove sanzioni contro la Russia, ha detto ieri il presidente del Consiglio europeo, António Costa, in  conferenza stampa con Volodymyr Zelensky. Dopo il vertice della coalizione dei volenterosi a Parigi e la telefonata inconcludente con Donald Trump giovedì, gli europei si lanciano nell’ennesimo tentativo di convincere il presidente americano che Vladimir Putin lo sta ingannando e a mettere pressione sul leader russo. Putin ieri ha nuovamente rigettato qualsiasi ipotesi di pace giusta e duratura, offrendo la “città eroica” di Mosca per un incontro con Zelensky e minacciando gli europei in caso di dispiegamento in Ucraina nell’ambito delle garanzie di sicurezza. “Qualsiasi forza occidentale” sarà considerata “come obiettivo legittimo”, ha avvertito Putin. Ma Trump non ha intenzione di muoversi e dare seguito alla promessa di sanzioni devastanti. Almeno questa è la conclusione a cui sono giunti i leader europei dopo la telefonata di giovedì. Trump non ha offerto impegni nemmeno sulle garanzie di sicurezza. Gli europei si trovano intrappolati nel reality show di Trump con Putin. La tattica di comprarsi la benevolenza del presidente americano – come con l’accordo sui dazi al 15 per cento – non sta portando risultati.

 

Sulle garanzie di sicurezza e la forza di rassicurazione “abbiamo dimostrato che la coalizione (dei volenterosi) non solo è disposta a farlo, ma è anche in grado di farlo. In poche parole, siamo pronti per il giorno dopo. Ma affinché quel giorno arrivi, dobbiamo spingere Putin al tavolo dei negoziati”, ha detto Costa insieme con Zelensky a Uzhhorod, in Ucraina. I piani di Parigi prevedono la creazione di un’area demilitarizzata attorno alla linea di contatto e l’invio di circa 30 mila soldati della coalizione dei volenterosi lontano dal fronte. La Turchia dovrebbe assicurare la sicurezza del Mar Nero. Gli europei dovrebbero fornire una parte della protezione dei cieli, anche se gli aerei non saranno stazionati in Ucraina. Un esercito ucraino forte e ben armato rimarrebbe il principale pilastro. Ma, per gli europei, la partecipazione degli Stati Uniti al dispositivo rimane essenziale. 

 

 

La parola chiave è backstop: rete di sicurezza. Washington dovrebbe continuare a fornire gli abilitatori strategici (intelligence, sistemi di puntamento, satelliti), vendere armi agli europei da trasferire all’Ucraina, garantire assistenza in caso di attacco russo e guidare il monitoraggio di un eventuale accordo di pace. Zelensky spera di convincere Trump e gli europei a lanciare subito la componente aerea, anche se la guerra è ancora in corso. Le minacce di Putin sono una risposta indiretta. “Se dovessero comparire delle forze, soprattutto ora che sono in corso i combattimenti, daremo per scontato che saranno considerate obiettivi da distruggere”, ha detto il leader russo. Ma i piani di Parigi sono destinati a restare su un pezzo di carta fino a quando i combattimenti proseguiranno. La valutazione degli europei è che la Russia proseguirà “fino a quando la situazione economica interna non si sarà deteriorata al punto da costringere Putin a porre fine alla guerra”, spiega al Foglio un diplomatico dell’Ue. “La questione chiave sono le sanzioni. L’economia russa è sempre più fragile e vulnerabile”, aggiunge il diplomatico.

 

Dalla primavera gli europei hanno scelto di partecipare al reality di Trump sull’Ucraina. L’obiettivo è evitare che il presidente americano concluda un accordo con Putin alle spalle degli ucraini e ponga fine alla protezione dell’Europa da parte degli Stati Uniti. Gli europei, come Zelensky, hanno accettato la logica dei negoziati di Istanbul e del cessate il fuoco chiesto da Trump. Dopo il vertice in Alaska, hanno acconsentito ai negoziati diretti tra Zelensky e Putin su un accordo di pace senza far tacere prima le armi e hanno ripreso a lavorare sulla forza di rassicurazione in Ucraina perché Trump ha detto che tocca agli europei farsi carico delle garanzie di sicurezza. Hanno perfino adottato il linguaggio trumpiano mettendosi a denunciare le “uccisioni” invece dei “crimini” russi. Nel frattempo la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha accettato un accordo su dazi al 15 per cento fortemente penalizzante per l’Ue. António Costa ha candidamente ammesso che “stabilizzare le relazioni transatlantiche e garantire l’impegno degli Stati Uniti nella sicurezza dell’Ucraina sono stati una priorità assoluta” nei negoziati. Von der Leyen ha spiegato al Financial Times che gli americani hanno assicurato “ripetutamente” che avrebbero  fornito il backstop nelle garanzie di sicurezza. Tutto inutile. Gli europei riconoscono che “il clima è migliorato”. 

 

Nella telefonata di Parigi con Trump non c’è stata rottura, ma non è andata bene. Non ci sono passi avanti concreti da parte di Trump, che rimane imprevedibile e lentamente si disimpegna non solo dall’Ucraina, ma anche dalla sicurezza dell’Europa. La sua Amministrazione ha appena comunicato il taglio dei finanziamenti per l’addestramento dei soldati nei paesi alla frontiera orientale. Entro la fine del mese, potrebbe annunciare il ritiro di una parte del contingente americano dal territorio europeo nell’ambito della revisione condotta dal Pentagono della presenza delle forze militari a livello globale. Il presidente dell’Estonia, Alar Karis, ha detto a Politico che gli europei “devono prepararsi a qualsiasi scenario”.