Israele davanti al muro di Gaza City

Micol Flammini

Hamas usa due ostaggi per bloccare l’offensiva di Tsahal e Netanayhu affronta le critiche del capo di stato maggiore Zamir, del capo del Mossad Barnea e del ministro degli Esteri Sa'ar

Guy Gilboa-Dalal è magro, ha il volto da ostaggio. I ricci che gli incorniciano il volto nelle foto che tappezzano le strade di Israele non ci sono più. Il 7 ottobre del 2023 era al Supernova festival assieme a suo fratello Gal: Guy è stato rapito dai terroristi e  non sa che Gal è vivo. L’ultima volta che Hamas aveva filmato Guy era durante la liberazione di alcuni rapiti: i terroristi avevano portato lui e un altro ragazzo, Evyatar David,  ad assistere alla cerimonia in cui gli ostaggi venivano consegnati alla Croce Rossa. I due, rinchiusi in macchina, erano distrutti, chiedevano di essere salvati, si emozionavano vedendo gli altri finalmente liberi domandandosi in modo struggente quando sarebbe accaduto a loro. Da allora sono trascorsi quasi sette mesi e Guy è stato di nuovo messo davanti alla telecamera. Il video è un tour per le macerie della città di Gaza, Gaza City. Il ragazzo è sempre in macchina, indossa una camicia blu, ogni tanto guarda di lato, come se stesse controllando il copione che i terroristi gli hanno ordinato di seguire. Ha l’aria distaccata, dice che è il 28 agosto, che lui si trova a Gaza City e che non se ne andrà dalla città principale della Striscia. Scende dall’auto per incontrare un altro ostaggio, Alon Ohel. 

 

Anche Alon ha i ricci nei cartelloni che ne chiedono il ritorno a casa, anche lui è un volto ormai noto tra i manifestanti. Anche lui è molto diverso da quella foto: magro, senza capelli, parla a fatica. Alon era al Supernova festival, Hamas non aveva mai pubblicato un video con lui, è la prima prova della sua sopravvivenza. Il messaggio dei terroristi è semplice, vedono la pressione aumentare dentro Israele e con le immagini dei due ragazzi, che chiedono di essere liberati e dicono che rimarranno dentro la città che Tsahal sta per assediare, vogliono fermare l’offensiva che ha come obiettivo quello di buttare giù la più grande roccaforte nelle mani di Hamas. Il messaggio sottinteso di questo video è che Hamas teme l’offensiva, che è nelle sue prime fasi. Tsahal ha dato un ordine di evacuazione ai civili, ma spostare centinaia di migliaia di persone è una missione impossibile da portare a termine. Secondo il generale Effie Defrin, Tsahal controlla il quaranta per cento della città di Gaza, i soldati si muovono nei quartieri di Zeitoun, Sheikh Radwan e Shujaiyya e nelle zone periferiche della città hanno recuperato i corpi di alcuni ostaggi.

 

Le immagini di Guy e Alon servono a fermare l’avanzata, il portavoce di Hamas, Abu Obeida, eliminato la scorsa settimana, aveva avvertito Israele che se i soldati si fossero avvicinati al posto della loro prigionia, gli ostaggi sarebbero stati uccisi. C’è un precedente: il 30 agosto dello scorso anno, sei ostaggi vennero giustiziati dentro un tunnel a Rafah, nel sud della Striscia, mentre gli uomini di Tsahal erano riusciti ad avvicinarsi alla zona in cui i terroristi li tenevano prigionieri. Per chi manifesta contro il governo israeliano, l’operazione per assaltare Gaza City, chiamata Carri di Gedeone 2, dovrebbe essere rinominata Uccisione dei sei 2. 


Non è solo la piazza a non essere d’accordo con la decisione del governo di procedere militarmente, anche le riunioni del gabinetto di guerra sono accese. Il ministro della Difesa Israel Katz ha lanciato un avvertimento ai civili di Gaza che devono evacuare: “Ora il catenaccio sta per essere rimosso dalle porte dell’Inferno a Gaza, una volta aperta la porta non verrà più chiusa”. Il capo dell’esercito, il ramatkal Eyal Zamir, teme che la città di Gaza si trasformi in un inferno per i suoi stessi soldati. Teme la guerriglia e che l’operazione si estenda molto più a lungo di quanto è stato calcolato: nei piani di Netanyahu dovrebbe finire il 7 ottobre, allo scadere dei due anni dall’attacco di Hamas. Secondo il Wall Street Journal, Zamir, il capo del Mossad David Barnea e il ministro degli Esteri Gideon Sa’ar hanno  cercato di convincere Netanyahu ad accettare un accordo parziale con Hamas per permettere il ritorno almeno di dieci ostaggi. Nessuno crede che i terroristi accetteranno di liberare tutti i rapiti. Tutti concordano sul fatto che Hamas vada distrutto, ma il problema è il costo di questa distruzione. Zamir è preoccupato dai doveri che il totale controllo militare di Gaza getterebbe su Israele, che rischia di diventare responsabile della sostituzione di Hamas in assenza di una forza alternativa in un contesto ostile. Il ministro Sa’ar è invece preoccupato per le ripercussioni diplomatiche dell’assalto a Gaza City, una città che rimane ancora abitata densamente. Intrappolato nel dubbio che lo tormenta dall’inizio della guerra fra il liberare gli ostaggi e distruggere Hamas, Israele sembra non avere più di fronte un bivio, ma un muro. 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)