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Le Tigri volanti americane che combatterono per la Cina
Agili caccia con le fauci di squalo, piloti americani addestrati e disciplinati hanno combattuto dal 1941 al fianco della Cina contro l’invasione giapponese. Celebrati ieri nei fumetti italiani e oggi nella parata di Pechino, restano simbolo di un legame storico tra Stati Uniti e Cina
“Autunno del 1941… Gli eserciti giapponesi hanno invaso metà dell’Asia, grazie al valido appoggio della loro aviazione apparentemente invincibile. I moderni caccia e bombardieri giapponesi hanno praticamente spazzato via la mal organizzata aviazione cinese. Ma nella lotta entra un gruppo di giovani americani: pilotano agili e veloci caccia, contraddistinti dalle zanne affilate e dagli occhi crudeli dello squalo tigre. Questi uomini entreranno nella leggenda con il nome di… Tigri volanti! Non sono soldati di ventura in cerca di gloria, ma appartengono a un’unità di combattimento ben addestrata e disciplinata. Uomini che hanno rinunciato alla loro carriera nelle forze aeree americane per combattere al fianco della Cina”. Così erano presentate le Flying Tigers l’11 luglio del 1965, nell’albo Le tigri volanti della serie a fumetti sulla Seconda guerra mondiale Collana eroica, che allora spopolava nelle edicole italiane. Oggi invece sono celebrate a Pechino nella grande parata militare per l’ottantesimo anniversario della vittoria sul Giappone, con l’obiettivo – ha spiegato il canale inglese del regime cinese Cgtn – di “consolidare un legame duraturo con l’America”. Lo stesso titolo fu ripreso ventidue anni dopo, nel luglio 1987, da un fumetto della serie bonelliana Mister No. In quella versione, però, la vicenda era raccontata in modo più prosaico: “Siamo una trentina di piloti, tutti provenienti dalle forze armate degli Stati Uniti. Andiamo in Cina a combattere per 675 dollari al mese, più altri 500 per ogni aereo giapponese abbattuto”, spiega il falso missionario che ingaggia il protagonista.
Se oggi è il Partito comunista cinese a celebrare le Tigri volanti, allora – almeno nei fumetti – si ricordava che “il generalissimo Chang Kai-shek, capo dei cinesi, è disposto ad aprire i cordoni della borsa per difendere il suo Paese dagli invasori giapponesi”. Era invece una comunista a salvare Jerry Drake, dopo che un torturatore giapponese gli aveva affibbiato il soprannome, destinato a restargli, di Mister No, per il modo in cui aveva risposto al brutale interrogatorio. Eroi disinteressati o mercenari che fossero, la loro storia è stata saccheggiata da film e fumetti. Sempre la Bonelli, nel novembre 1980, li aveva celebrati con l’albo L’uomo di Rangoon, che ricordava come il disegno delle Tigri fosse nato negli studi Disney, e concludeva: “Le folli, audaci e donchisciottesche pagine di gloria scritte dai piloti delle Tigri volanti non saranno cancellate”.
“Dal 1941 al 1945, le Flying Tigers, in collaborazione con militari e civili cinesi, abbatterono o distrussero circa 2.600 aerei giapponesi. Oltre 2.000 membri delle Flying Tigers persero la vita in combattimento, secondo il Memorial Hall di Nanchino dedicato ai martiri dell’aviazione anti-giapponese”, ha ricordato la Cgtn. “Il popolo cinese non dimentica mai le Flying Tigers. Abbiamo costruito un museo a Chongqing e invitato oltre mille veterani e le loro famiglie a visitare la Cina”, ha detto Xi Jinping, sottolineando il rapporto con una fondazione di veterani costituita nel 1998. Fu Franklin Delano Roosevelt in persona a dare l’incarico al colonnello Claire Chennault, su richiesta di Chiang Kai-shek e con la mediazione dell’imprenditore William Pawley. Addestrate in Birmania, le Tigri iniziarono ad arrivare in Cina nell’aprile del 1941, ma combatterono per la prima volta il 20 dicembre dello stesso anno. Furono formalmente sciolte nel luglio 1942, sostituite dalla China Air Task Force, ufficialmente parte delle forze americane, che il 10 marzo 1943 divenne la Fourteenth Air Force. Sempre con Chennault al comando. Nel ricordo cinese – anche nella parata di oggi – restano tutti, comunque, come Tigri volanti.