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garanzie di sicurezza

Per Berlino mandare soldati a proteggere Kyiv non è più un tabù

Daniel Mosseri

In Germania si discute sempre più apertamente dell’invio di soldati in territorio ucraino per garantire la sicurezza post-bellica. L’ipotesi, un tempo impensabile, rappresenta il cambiamento epocale della politica di difesa tedesca dopo l’invasione russa

Berlino. Soldati tedeschi sul suolo ucraino? In Germania se ne parla anche se tutto ciò che può apparire nazionalista è guardato con sospetto. Basti pensare che l’uso della bandiera nazionale durante le partite di calcio è stato sdoganato solo in occasione dei Mondiali del 2006 (ospitati dalla Germania e vinti dall’Italia); ma ancora in occasione degli Europei del 2024 (anche quelli ospitati dalla Germania) sulla stampa c’era chi si chiedeva se lo sventolio non fosse eccessivo, mentre i club di tifosi di Amburgo – fra i più a sinistra di tutti – suggerivano di lasciare la bandiera tedesca a casa. Quando si parla di Ucraina, però, l’atteggiamento cambia. Il dibattito sulla pace ferve e c’è chi si interroga su come potrebbero essere monitorate le possibili garanzie di sicurezza di Kyiv una volta finite le ostilità. “Non escludo che i soldati tedeschi debbano prestare servizio in Ucraina, anzi lo ritengo probabile”, ha dichiarato il presidente della commissione Difesa del Bundestag, Thomas Röwekamp (Cdu), ripreso da Die Zeit. “Ritengo quindi sbagliato un rifiuto generalizzato”. Ancora più notevoli le parole di Patrick Sensburg, ex deputato Cdu e presidente dell’Associazione dei riservisti tedeschi. Se si dovesse davvero arrivare al punto “che un impiego di una forza di pace in condizioni ragionevoli diventi imminente, la Germania dovrebbe andare avanti e fornire il contingente più grande”, ha dichiarato al Rheinische Post. Ma sono le condizioni a fare la differenza, ha messo in chiaro. “Militarmente, una missione del genere ha senso solo se c’è una zona cuscinetto smilitarizzata tra i soldati russi e le forze di pace”. 


La disponibilità tedesca è parte di quella “svolta epocale” annunciata al Bundestag dall’allora cancelliere Olaf Scholz, un socialdemocratico, all’indomani dell’invasione russa dell’Ucraina. Una svolta fatta non solo di nuovi investimenti per rianimare la Bundeswehr – 100 miliardi messi a bilancio da Scholz e altri 500 aggiunti due anni dopo dal suo successore, il moderato Friedrich Merz. Già nel giugno del 2023, il ministro della Difesa di Scholz (ma poi confermato da Merz), il socialdemocratico Boris Pistorius, annunciò il dispiegamento permanente di una brigata della Bundeswehr in Lituania, definita “lo stato più minacciato sul fianco orientale della Nato”. “Con oggi”, scrisse il ministero della Difesa, “inizia anche un nuovo capitolo nella storia della Bundeswehr che mai prima d’ora aveva schierato un gruppo di queste dimensioni all’estero”. Negli anni i militari tedeschi sono stati impegnati in molti frangenti: dalla prima operazione umanitaria nel 1960 ad Agadir, alle missioni Onu in Namibia, in Libano e in Cambogia fino alla Isaf in Afghanistan, dove  si occupavano della ricostruzione. Più controversa la partecipazione tedesca alla guerra della Nato contro la Jugoslavia nel 1999 con aerei da combattimento e navi da guerra. 


Oggi Berlino guarda molto più a est. Da Washington, un Merz apparso più a suo agio con Donald Trump di altri leader europei, ha ricordato “la grande responsabilità” della Germania per garantire la sicurezza in Ucraina. E la Cdu discute: il ministro degli Esteri Johann Wadephul, preferirebbe che la Bundeswehr restasse in ambito Nato ma il capo è Merz. “Qualsiasi possibile partecipazione della Germania presuppone in ogni caso un mandato”, precisa Wadephul. Frena Henning Otte, commissario parlamentare alla Bundeswehr: “Non si possono accettare nuovi incarichi senza prima rafforzare le forze armate”. Per tutti getta acqua sul fuoco il capogruppo Jens Spahn, ricordando che “l’impiego di soldati tedeschi in Ucraina non è all’ordine del giorno”. Ma neppure un vecchio pacifista socialdemocratico come Rolf Mützenich mette il veto purché il tutto avvenga sotto l’egida dell’Onu. E mentre i Verdi propongono nuove sanzioni contro la Russia, un no secco alla presenza tedesca (o della Nato) in Ucraina arriva dalla Linke secondo cui la presenza di militari del patto atlantico presso i confini russi potrebbe far scoppiare “una grande guerra”. Intanto Merz, per la prima volta dal 1992 sotto Helmut Kohl, ha convocato la prossima riunione del governo presso la sede del ministero della Difesa “per sottolineare il sostegno dell’esecutivo alla Bundeswehr”.

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