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da Kyiv

Putin vuole il Donetsk da 11 anni, ma non sfonda la resistenza. Il 2014 e il vaccino all'occupazione

Kristina Berdynskykh

La resistenza ucraina tiene saldo il controllo su parte della regione grazie a una società civile rafforzata e a fortificazioni strategiche. L’occupazione ha trasformato profondamente il Donbas, ma per molti ucraini la resa non è un’opzione

Kyiv. Denis Bigunov, un residente di Slovjansk di 38 anni, ricorda bene come il 12 aprile 2014 la sua città fu conquistata da un gruppo armato guidato dal russo Igor Girkin, ex ufficiale dell’Fsb. “Sembrava fantasia, nulla lasciava presagire guai”, ricorda. A quel tempo, Bigunov lavorava nel consiglio comunale e conosceva bene lo stato d’animo della città di Slovjansk. “Nemmeno i residenti più filorussi si aspettavano azioni radicali”, assicura. Girkin, dopo aver occupato la città, iniziò a ricostituirla con l’aiuto di uomini del posto, altri vennero mandati al fronte. “Era come un virus. Come se le persone fossero state trasformate in robot”, dice Bigunov.

Il 5 luglio 2014, l’esercito ucraino liberò Slovjansk e Kramatorsk, un’altra grande città nella regione di Donetsk, dai militanti filorussi e da allora non ha perso il controllo su queste città e ha rafforzato le loro difese negli ultimi 11 anni. Tre mesi di occupazione sono stati un doloroso vaccino e un trauma per queste città del Donbas. Dopo la liberazione, la parte attiva della popolazione ha fatto di tutto per impedire che simili eventi si ripetessero. Ha sviluppato la società civile, ha condotto corsi di formazione sull’alfabetizzazione mediatica affinché la popolazione non soccombesse alla propaganda russa, ha organizzato eventi di dialogo, ha coinvolto ucraini famosi. “La gente si è resa conto che gli eventi del 2014 era un artificio della Russia”, afferma Bigunov, che è sempre stato coinvolto nell’organizzazione di vari eventi cittadini filoucraini. Nell’estate del 2014, è diventato evidente che i combattimenti nel Donbas non erano organizzati dai separatisti locali, ma dall’esercito regolare russo. Nell’agosto 2014, le truppe russe hanno aperto il fuoco su colonne di soldati ucraini che stavano abbandonando l’accerchiamento vicino a Ilovaisk, nell’oblast di Donetsk: 366 soldati ucraini sono stati uccisi e 429 sono rimasti feriti.

Secondo Bigunov, nel 2022 la Russia aveva già perso ogni possibilità di confondere o ingannare gli abitanti del Donbas: “Forse Putin se ne è reso conto e ha deciso di cancellare l’intera Ucraina”. All’inizio dell’invasione su vasta scala, la Russia ha conquistato Mariupol e, entro la fine del 2022 era riuscita a prendere quasi tutta la regione di Luhansk. Nel 2023, ha occupato Bakhmut, nell’inverno del 2024, Avdiivka: di queste due città sono rimaste solo le rovine. La battaglia per Pokrovsk dura da oltre un anno e la città non è ancora stata conquistata dall’esercito russo. Il 30 per cento dell’oblast di Donetsk rimane sotto il controllo ucraino, ovvero circa 9.000 chilometri quadrati. “I combattimenti non hanno ancora raggiunto Slovjansk e Kramatorsk, e anche se lo facessero, la battaglia per queste città sarà incredibilmente lunga”, ne è certo Bigunov. Dal 2014, l’intera infrastruttura di queste città è stata ottimizzata per l’Operazione Antiterrorismo (Ato, le operazioni per contenere la guerra), quando questa si svolgeva solo nel Donbas. “Eravamo città che servivano effettivamente le esigenze dell’Ato, protette da potenti fortificazioni”, spiega. Con l’inizio di una guerra su vasta scala, questa funzione non ha fatto che intensificarsi.

Durante i colloqui in Alaska tra Vladimir Putin e il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, il capo del Cremlino ha chiesto il ritiro delle truppe ucraine dall’intero territorio della regione di Donetsk, anche dalla parte che non controlla e che non è riuscito a conquistare in 11 anni di guerra. Per Denis Bigunov, questa è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso: ha deciso di arruolarsi nella 18a Brigata Slovjansk della Guardia nazionale ucraina per proteggere la sua città natale da una nuova occupazione. Non è pronto a rinunciare senza combattere. Secondo lui, molti altri abitanti del posto stanno facendo domanda. “Non sono un militare e speravo nella pace. Ma vedo che non ha senso rimandare la decisione”, afferma. “A differenza della Crimea, che ha quasi significato sacro per Putin, il Donbas è per il capo del Cremlino una zona cuscinetto”, afferma Oleksiy Ryabchin, ex membro del parlamento ucraino. Ryabchin ha vissuto a Donetsk fino al 2014, quando è stata conquistata. La regione è un territorio con una popolazione numerosa, rappresenta una risorsa per la mobilitazione nell’esercito russo e il dispiegamento di unità militari e  se venisse interamente occupata, creerebbe un trampolino di lancio per un attacco alle regioni vicine.

La città natale di Ryabchin, Donetsk, ha ospitato partite degli Europei di calcio del 2012, in città si è esibita Beyoncé, e ora l’acqua potabile viene fornita solo per poche ore al giorno. Le miniere nel Donbas hanno chiuso. Molte persone se ne sono andate, i territori sono stati popolati da russi, il che ha portato a un cambiamento nella composizione etnica della popolazione. “I responsabili di tutti i servizi non sono residenti locali, ma visitatori”, afferma. Ecco come si presenta l’occupazione russa. Ryabchin è fiducioso che la leadership politica ucraina non accetterà di cedere alla Russia i territori non occupati del Donbas, è consapevole che colpirebbe duramente il morale dell’esercito ucraino e creerebbe una crisi politica interna: “Questo è ciò che Putin sta cercando di ottenere. Ciò che non può conquistare militarmente, vuole ottenerlo politicamente”.
 

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