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L'editoriale del direttore

“Fit for war by 2030?”. Il Kiel Institute spiega che la guerra della Russia all'Europa è vicina

Claudio Cerasa

Dal ridimensionamento dell'impegno americano all'aumento di scorte di carri, droni e missili da parte del Cremlino. Uno studio individua i motivi principali per cui l’Europa deve prepararsi già entro i prossimi anni a uno scenario di conflitto con Mosca, invece di considerarlo un’eventualità lontana

Tra le molte cose che l’Europa potrebbe fare per sé stessa, e anche l’Italia, nell’attesa di capire se Trump, dinanzi a Putin, potrà fare qualcosa più per l’Ucraina che per sé stesso, c’è un tema che al momento, nonostante tutto, sembra sfuggire al dibattito pubblico italiano, come se fosse un tema tabù da confinare in un angolo remoto e strampalato delle fantasie geopolitiche europee. Il tema è tanto semplice quanto drammatico e coincide con uno scenario che spiega meglio di mille editoriali le ragioni per cui una resa in Ucraina dell’occidente coinciderebbe anche con un’esposizione ulteriore dell’Europa dinanzi alla minaccia russa. In Italia, almeno pubblicamente, non se ne parla, il tema è tabù, ma nel resto dell’Europa la questione è diventata centrale e l’idea che nel giro di qualche anno l’Europa possa trovarsi a fare i conti con un conflitto con la Russia è qualcosa in più di una semplice idea remota: è un fatto concreto, che ha spinto le difese europee ad attrezzarsi di conseguenza. Il piano del riarmo, da non chiamare riarmo, dell’Europa ha accanto alla definizione data del riarmo, che non è un riarmo, ovvero Readiness, prontezza, una data evocativa, che è quella del 2030.

Le difese di tutta Europa si stanno muovendo per prepararsi a una possibile escalation del conflitto con la Russia in vista di quella data, e da qualche tempo nelle cancellerie europee c’è chi lo dice in modo esplicito. Boris Pistorius, ex ministro della Difesa tedesco, all’inizio dell’anno ha detto più volte che vi potrebbe essere, in Europa, un “attacco russo alla Nato in 5-8 anni” e ha individuato come possibile orizzonte il 2029 o il 2030.  Bruno Kahl, capo uscente del servizio segreto federale tedesco (Bnd), ha dichiarato in giugno in un’intervista che la leadership russa non crede più che la garanzia di mutua assistenza prevista dall’articolo 5 della Nato verrà rispettata e potrebbe cercare di metterla alla prova. E anche per questo ha detto che la sua agenzia ha prove “concrete” che la Russia sta pianificando un attacco al territorio della Nato. E lo ha detto esplicitamente: “Siamo molto sicuri, e abbiamo prove di intelligence a sostegno di ciò, che l’invasione su vasta scala dell’Ucraina da parte della Russia sia solo un passo nel cammino della Russia verso l’occidente”. L’ammiraglio Rob Bauer, capo del Comitato militare Nato, ha più volte  sostenuto che sia necessario “prepararsi a un’èra in cui tutto può accadere, compresa la guerra”, riferendosi esplicitamente a una finestra da individuare tra il 2027 e il 2030. In Svezia, il generale Micael Bydén, capo delle Forze armate, ha ribadito pochi mesi fa l’invito a prepararsi mentalmente a un’eventuale guerra. E anche il nostro ministero della Difesa, consultato dal Foglio ai suoi massimi vertici, conferma che lo scenario del 2030 è quello a cui sta lavorando anche l’Italia, con l’obiettivo di arruolare entro due anni 40 mila soldati in più riducendo al massimo già nel 2026 l’operazione Strade sicure, per riportare progressivamente tutte le forze armate al loro ruolo originario. 

Il documento più interessante da leggere per ragionare sullo scenario di un possibile conflitto con la Russia, scenario da non augurarsi, naturalmente, ma scenario che dovrebbe farci capire bene perché tentare di fare di tutto per proteggere l’Ucraina, evitando la resa che Trump sembra voler allestire, dovrebbe essere non un passo verso l’escalation offensiva ma un passo verso la tutela dell’interesse europeo, e della sua pace, è quello che ha pubblicato a giugno il Kiel Institute for the World Economy. Lo studio si chiama proprio così: “Fit for war by 2030? European rearmament efforts vis-à-vis Russia”. Il Kiel Report individua tre motivi principali per cui l’Europa deve prepararsi già entro il 2030 a uno scenario di guerra con la Russia, invece di considerarlo un’eventualità lontana.

Primo. La nuova amministrazione americana ha dato segnali evidenti di possibile ridimensionamento dell’impegno in Europa: negoziati diretti con Mosca escludendo i partner Ue, interruzione della condivisione di intelligence con Kyiv, priorità all’Indo-Pacifico e tensioni commerciali. E in uno scenario come quello di una crisi a Taiwan nel 2027, Washington potrebbe non avere la capacità materiale di garantire la difesa europea.

Secondo. La Russia ha aumentato produzione e scorte di carri, artiglieria, droni e missili, spendendo quasi il 7 per cento del pil e oltre un terzo del bilancio federale in difesa, con livelli produttivi già oggi superiori a quelli europei in molti settori. Secondo la Nato, Mosca potrebbe essere pronta ad attaccare in 4-5 anni. E un eventuale cessate il fuoco in Ucraina, a vantaggio di Putin, consentirebbe a Mosca di ricostituire rapidamente le capacità senza più subire attrito bellico.

Terzo punto. La guerra in Ucraina ha mostrato il peso decisivo di droni, sistemi autonomi, integrazione AI, missili ipersonici e difese aeree stratificate. Le forze europee devono non solo colmare il gap quantitativo con Mosca, ma anche integrare tecnologie avanzate, ridurre la dipendenza industriale e accorciare i tempi di produzione e consegna.

Sintesi. Per essere “fit for war” entro il 2030, occorre aumentare la produzione di sistemi terrestri di 3-6 volte, rafforzare le difese aeree e i sistemi strategici (satelliti, capacità di sollevamento strategico, missili a lungo raggio). Ma occorre prima di tutto una consapevolezza: riconoscere che lo scenario 2030 implica uno sforzo in più per non farsi trovare impreparati dinanzi a un conflitto convenzionale ad alta intensità con Mosca. Sintesi del rapporto: la deterrenza funziona solo se si dichiara e si pianifica in modo realistico l’aumento di forze, armamenti e capacità industriale. Il riarmo, la prontezza se volete dirla meglio, non è ideologia, non è fanatismo, non è anti pacifismo, ma è l’unico modo possibile per evitare che dall’abbraccio possibile tra Trump e Putin a rimanere schiacciata, e minacciata, non sia solo l’Ucraina ma sia anche l’Europa, e anche tutti noi.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.