Il piano per l'offensiva a Gaza city

Micol Flammini

Le scadenze, gli uomini, gli scontri interni. Hamas sa tutto delle prossime fasi mentre aumenta la pressione internazionale per fermare Israele e anche la Germania blocca le armi

“È un disastro strategico o una maschera strategica?”, si domanda il quotidiano israeliano Jerusalem Post all’indomani della decisione del primo ministro Benjamin Netanyahu di lanciare l’offensiva totale  nella Striscia di Gaza. Israele ha mostrato tutto: piani, liti, dolori, scadenze. Ha parlato del progetto contro Hamas,   ha dichiarato le date: un mese per preparare l’operazione, un mese per metterla in atto e tutto dovrà essere terminato entro il 7 ottobre del  2025. Potenzialmente tutti questi dati danno ai terroristi la possibilità di organizzarsi. Hamas legge Israele,  si gode la pressione internazionale e si diletta nei dibattuti sui soldati israeliani allo stremo. La politica israeliana viene trasmessa in diretta, mentre Hamas  sta rintanata nei tunnel  e il suo umore non è materia di dibattito pubblico. Tanta è la sproporzione che alcuni analisti in Israele iniziano a chiedersi, o ad augurarsi, se la sovraesposizione del dramma interno israeliano  non sia una maschera per nascondere un piano diverso. La condanna contro la decisione di prendere il controllo militare della Striscia per sconfiggere Hamas è arrivata da ogni lato. Al coro si è aggiunta la Germania: il cancelliere tedesco Friedrich Merz, finora incondizionatamente dalla parte di Israele, ha deciso di interrompere l’invio di armi che potrebbero essere utilizzate a Gaza. Il giornalista israeliano Amit Segal, con ottime fonti nel governo, ha detto che dal gabinetto di guerra è emerso un altro dettaglio: in caso di accordo, anche parziale, Netanyahu bloccherebbe la nuova operazione. Hamas adesso dispone anche di questa informazione. 

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  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)