
Il piano per l'offensiva a Gaza city
Le scadenze, gli uomini, gli scontri interni. Hamas sa tutto delle prossime fasi mentre aumenta la pressione internazionale per fermare Israele e anche la Germania blocca le armi
“È un disastro strategico o una maschera strategica?”, si domanda il quotidiano israeliano Jerusalem Post all’indomani della decisione del primo ministro Benjamin Netanyahu di lanciare l’offensiva totale nella Striscia di Gaza. Israele ha mostrato tutto: piani, liti, dolori, scadenze. Ha parlato del progetto contro Hamas, ha dichiarato le date: un mese per preparare l’operazione, un mese per metterla in atto e tutto dovrà essere terminato entro il 7 ottobre del 2025. Potenzialmente tutti questi dati danno ai terroristi la possibilità di organizzarsi. Hamas legge Israele, si gode la pressione internazionale e si diletta nei dibattuti sui soldati israeliani allo stremo. La politica israeliana viene trasmessa in diretta, mentre Hamas sta rintanata nei tunnel e il suo umore non è materia di dibattito pubblico. Tanta è la sproporzione che alcuni analisti in Israele iniziano a chiedersi, o ad augurarsi, se la sovraesposizione del dramma interno israeliano non sia una maschera per nascondere un piano diverso. La condanna contro la decisione di prendere il controllo militare della Striscia per sconfiggere Hamas è arrivata da ogni lato. Al coro si è aggiunta la Germania: il cancelliere tedesco Friedrich Merz, finora incondizionatamente dalla parte di Israele, ha deciso di interrompere l’invio di armi che potrebbero essere utilizzate a Gaza. Il giornalista israeliano Amit Segal, con ottime fonti nel governo, ha detto che dal gabinetto di guerra è emerso un altro dettaglio: in caso di accordo, anche parziale, Netanyahu bloccherebbe la nuova operazione. Hamas adesso dispone anche di questa informazione.