
Manifestazione per la libertà degli ebrei sovietici a New York nel 1987. Un cartello recita "Liberate gli ebrei sovietici" (Rita Barros/Getty Images)
Manuale della disinformazia
Da “apartheid” a “genocidio”, il vocabolario antisemita è stato realizzato dalla propaganda in Unione sovietica
Slogan e accuse che oggi infiammano piazze e campus hanno origini sovietiche. Mosca plasmò per decenni il racconto che equipara il sionismo al razzismo, diffondendolo in tutto il mondo. Dall’Urss ai social: la lunga vita della propaganda anti-Israele
Un monitor questa settimana è stato installato nella sala circolare del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, offrendo a Ilay David l’opportunità di parlare al mondo. David è il fratello dell’ostaggio a Gaza Evyatar David, mostrato in video da Hamas pelle e ossa, mentre è costretto a scavarsi la fossa. Gideon Sa’ar, il ministro degli Esteri israeliano, è volato a New York per la sessione. Ha attaccato Dmitry Polyanskiy, inviato russo, il quale ha affermato che Mosca piange tutte le vittime del conflitto e che ogni minuto di prigionia degli ostaggi è una tragedia, ma la Russia ritiene Israele responsabile. “E’ stato davvero divertente sentire il rappresentante della Federazione russa, dopo tre anni e mezzo di brutale invasione, di guerra brutale in Ucraina e di bombardamenti sulla popolazione civile a Kyiv e in altri luoghi, parlare qui in quel modo”, ha detto Sa’ar. “I palestinesi hanno imparato la propaganda da voi, dall’èra sovietica, e siete stati dei buoni insegnanti”, ha detto Sa’ar a Polyanskiy.
Da “il sionismo è razzismo” all’“apartheid israeliano” su adesivi, manifestazioni, giornali, tv e social media: tutta propaganda russa
Sentiamo gli stessi messaggi ovunque. “Il sionismo è razzismo”, “Sconfiggiamo il sionismo”, “Stop all’apartheid israeliano” si legge su adesivi, alle manifestazioni, nei giornali, in tv e sui social media. Studenti americani stanno istituendo “zone libere dai sionisti”. E persino ai Pride, che un tempo si concentravano sui diritti degli omosessuali, gli attivisti hanno trascinato per le strade una stella di David intrecciata a una svastica. Lo slogan recita: “Fanculo i nazisti. Fanculo il sionismo”. Sembra una fotografia in bianco e nero degli anni 70 che mostra bambini sovietici a una parata del Primo Maggio. C’è un gigantesco ragno dal naso adunco che indossa un berretto militare decorato con la stella di David. Lo slogan dice: “Il sionismo è l’arma dell’imperialismo!”.
La storica Izabella Tabarovsky, nata in Unione sovietica, ha spiegato sul Tablet: “Ciò a cui stiamo assistendo in termini di manifestazioni ‘filopalestinesi’ non è tanto un fenomeno nuovo quanto un ‘ritorno zombie’ della propaganda sovietica, un paese tutt’altro che noto per il suo amore per la verità. Per chi è cresciuto lì, le chiacchiere antimperialiste e anticoloniali degli studenti universitari di oggi sembrano un déjà vu”.
Chi non ha sentito oggi l’affermazione che Israele è all’origine dell’antisemitismo? “I sionisti sono sostenitori convinti dell’antisemitismo e sono direttamente interessati alla persecuzione degli ebrei”, scrisse nel 1967 la Komsomolskaya Pravda, il giornale della Lega della gioventù comunista. La stampa sovietica ha “celebrato” nel 1978 il 30esimo anniversario della fondazione di Israele: il quotidiano del ministero della Difesa sovietico, Krasnaya Zvezda, ha intitolato il suo articolo “La strategia sovversiva del sionismo”. “Il sionismo incarna tutte le caratteristiche principali della reazione imperialista mondiale: espansione, razzismo e un’inconciliabile ostilità alla pace e al progresso”, si leggeva. In un discorso pronunciato al Consiglio di sicurezza il 9 giugno 1967, Nikolai Fedorenko, capo delegazione sovietico, paragonò Israele alla Germania nazista. Oggi sono tutti cliché.
Questa primavera, due università finlandesi hanno annullato le conferenze di Tabarovsky programmate nei loro campus. L’Università di Helsinki ha cancellato la sua conferenza dal titolo “Dalla Guerra fredda ai campus universitari di oggi: l’Urss, il Terzo mondo e il discorso antisionista contemporaneo”. E’ la verità tabù. Gran parte di ciò che oggi viene proposto come critica a Israele e al “sionismo” è vecchia propaganda comunista.
Mahmoud Abbas, presidente dell’Autorità palestinese, scrisse una tesi sulla “cospirazione sionista” e la Shoah a Mosca nel 1982
Il presidente dell’Autorità palestinese, Mahmoud Abbas, ha scritto una tesi di dottorato sulla “cospirazione sionista” a Mosca nel 1982. In essa, Abbas non solo denuncia il sionismo come “nemico del socialismo”, ma mette anche in discussione il numero delle vittime dell’Olocausto. Abbas difese la sua tesi nel 1982 presso l’Istituto di studi orientali di Mosca, guidato dal maestro dello spionaggio sovietico e futuro primo ministro russo, Evgenij Primakov. Intitolata “Il rapporto tra sionisti e nazisti, 1933-1945”, la tesi di Abbas si basava su invenzioni anti-israeliane sovietiche. Nel 1973 era apparso un romanzo sovietico che cercava di dimostrare un legame tra sionisti e nazisti durante la Seconda guerra mondiale. Il romanzo, “La Terra promessa”, descrive Adolf Eichmann come un agente sionista che organizzò l’invio di ebrei giovani e sani in Palestina, mentre i vecchi venivano mandati alle camere a gas.
“Sono stato il primo straniero a unirsi alla lotta palestinese”. Questo è il messaggio che Carlos lo Sciacallo consegna ai registi israeliani Danny Liber e Yaron Niski, autore di “Enemies”. Sono riusciti a fare una serie di interviste con Carlos dalla sua cella a Parigi, dove sconta l’ergastolo. Carlos è un narcisista maligno famoso per i suoi atti terroristici negli anni 70 e 80 al servizio della causa palestinese e sovietica. Nato nel 1949, Carlos racconta di essere cresciuto in una famiglia benestante di Caracas, in una villa con servitù e piscina. Suo padre era un avvocato di successo, ma era anche comunista. Studiando in un collegio di alto livello a Londra, Carlos era noto per essere un tipo elegante e suo padre, temendo che si stesse corrompendo, lo mandò a studiare a Mosca alla Patrice Lumumba University, la stessa dove Abbas ha scritto la sua tesi di dottorato sulla Shoah. Poi Carlos avrebbe fatto l’ennesimo salto, convertendosi all’islam.
Nel 1975, su istigazione della Russia sovietica e degli stati arabi, l’Onu approvò una risoluzione che equiparava il sionismo al razzismo. E pose Israele sullo stesso piano dello stato razzista del Sudafrica, dove i matrimoni misti erano proibiti e ai neri non era permesso votare o sedersi nelle stesse panchine dei bianchi. Nel periodo dal 1969 al 1972, quattro risoluzioni all’anno contro Israele. Dal 1973 al 1978 si arrivò a sedici all’anno e nel 1982 ci fu un balzo in avanti: quarantaquattro risoluzioni. Israele veniva ormai considerato una sorta di stato paria. L’obiettivo era stato raggiunto. Solo nel 1991, grazie all’intervento degli Stati Uniti, si giunse all’abrogazione della risoluzione, ma sedici anni di stigmatizzazione avevano prodotto effetti irreversibili. Il virus creato in vitro si era ormai diffuso. Quando la risoluzione “Il sionismo è razzismo” fu sottoposta al voto delle Nazioni Unite, due terzi del pianeta – il Terzo Mondo e il blocco socialista – si erano rivoltati contro Israele in meno di un decennio.
“Sono stati i sovietici a cominciare a equiparare i palestinesi ai partigiani della Seconda guerra mondiale”, spiega la storica Izabella Tabarovsky
Nel novembre 1967, il Consiglio mondiale per la pace, organizzazione di facciata sovietica, tenne a Nuova Delhi la Conferenza internazionale a sostegno dei popoli arabi. Nella capitale indiana si riunirono delegati in rappresentanza di 55 paesi e settanta organizzazioni internazionali provenienti dal Terzo Mondo, dal blocco socialista e dall’occidente. Il premier indiano Indira Gandhi, l’egiziano Gamal Abdel Nasser, il cubano Fidel Castro e l’algerino Houari Boumedienne inviarono i loro delegati e saluti, così come i leader di Sudan, Siria, Giordania, Algeria, Kuwait e Mongolia. I due documenti adottati all’unanimità dalla conferenza definirono il terrorismo palestinese “resistenza”. Ci mancava soltanto “globalizzare l’Intifada”.
Un articolo intitolato “Anatomia dell’aggressione israeliana”, apparso sulla World Marxist Review, l’edizione inglese della rivista sovietica Problems of Peace and Socialism con sede a Praga, pubblicata in 40 lingue e distribuita in 145 paesi, era firmato Yevgeny Yevseyev, fu uno degli ideologi chiave del nuovo antisionismo sovietico, i cosiddetti “sionistologi”.
Nel 1976, l’Unione sovietica iniziò ad accusare Israele al Consiglio di sicurezza dell’Onu di “genocidio” dei palestinesi. Ancora nel 1989, racconta Robin Shepherd nel suo “A State Beyond the Pale. Europe’s Problem with Israel”, circolava in Unione sovietica un libro dal titolo emblematico, “The Criminal Alliance of Zionism and Nazism”, pubblicato a Mosca quattro anni prima.
“Genocidio in stile israeliano”; “Genocidio architettato dai sionisti”; “la ‘soluzione finale’ della questione palestinese”: potrebbero sembrare frammenti di qualche recente proclama universitario, ma non lo sono.
Apparvero in un opuscolo sovietico intitolato “I sionisti contano sul terrorismo”. Pubblicato nel 1984 da Novosti, il braccio di propaganda estera sovietico mascherato da agenzia di stampa, questo opuscolo aveva lo scopo di promuovere la visione sovietica di Israele al pubblico di lingua inglese. Nelle 76 pagine dell’opuscolo, variazioni sulle parole “genocidio”, “terrore” e “razzismo” compaiono trecento volte. Scritto da Sergei Sedov, a pagina 25 del libro si scopre che il vero intento del sionismo era il “genocidio”.
Calunnie che sarebbero state familiari a chiunque abbia prestato attenzione alla retorica esplosa nei quartieri progressisti d’occidente all’indomani del 7 ottobre.
Un altro bestseller sovietico del 1969, “Attenzione: sionismo!”, spiegava che “i sionisti gettarono le basi per la versione palestinese dell’apartheid”. L’autore del libro, Yuri Ivanov, faceva parte di un gruppo speciale incaricato di produrre propaganda antisionista. Il libro era stato tradotto in numerose lingue, tra cui inglese, francese, spagnolo e arabo. Verso la metà degli anni 70, dopo diverse ristampe, circolavano 800 mila copie solo in russo.
Poi arrivò “L’essenza di classe del sionismo” di Lev Korneev, considerato un “esperto di sionismo”. “Sono stati i sovietici a cominciare a equiparare i palestinesi ai partigiani della Seconda guerra mondiale e ai movimenti di resistenza e liberazione nazionale come i Vietcong, eroi della sinistra, e a dipingerli in quel modo, rendendo possibile alla sinistra di entrare in contatto con loro”, dice Tabarovsky.
All’inizio degli anni 80 gli agenti federali americani arrivarono a casa di Ion Mihai Pacepa ad Annapolis e gli dissero che aveva mezz’ora per fare le valigie e andarsene. Cambiò città, nome e scomparve. I sovietici lo volevano morto. Da alto funzionario della Securitate, il servizio di intelligence rumeno, Pacepa era stato il funzionario di più alto rango comunista a disertare in occidente. Era sempre al fianco di Ceausescu, lo portava da Kruscev, Mao e Castro. Ma a poco a poco, però, arrivò ad aborrire la crudeltà di un sistema comunista che aveva contribuito a costruire. Descriverà Ceausescu come un “macellaio” e un “vestito vuoto”.
Nel 1978, Pacepa fu inviato da Ceausescu nella Germania Ovest per consegnare una lettera al cancelliere Helmut Schmidt. Ma si diresse all’ambasciata americana a Bonn. All’ingresso disse al marine chi era e che intendeva disertare. Il marine, non avendo mai sentito parlare di lui, gli disse di mettersi in fondo alla fila. Quando arrivò il suo turno, Pacepa fu portato dall’ambasciatore, che si rese subito conto chi aveva di fronte. La defezione causò a Ceausescu un esaurimento nervoso.
Pacepa racconterà tutta la disinformazione sovietica. Per anni il leader palestinese Yasser Arafat ha fatto credere di essere nato a Gerusalemme, poi nel 1997 si scopre che Mohammed Abdel Rahman Abdel Raouf Arafat Al Qudua Al Husseini, il suo nome completo, era nato al Cairo. Secondo Pacepa, l’abile montatura sul luogo di nascita del rais è stata ordita dal Kgb. Soltanto quando muore la madre, Arafat, che ha cinque anni, viene mandato a Gerusalemme a vivere per qualche tempo con una zia.
Pacepa racconta di come il Cremlino usasse i movimenti pacifisti europei cristiani per influenzare l’opinione pubblica in occidente. Poi ci sono i “Protocolli dei Savi anziani di Sion”, il più grande falso antisemita della storia, realizzato dalla polizia zarista.
“La polizia segreta disseminava migliaia di copie dei ‘Protocolli dei savi anziani di Sion’ nella sua sfera di influenza nel mondo islamico”
Pacepa rivelerà che Yuri Andropov, capo del Kgb per quindici anni prima di diventare presidente dell’Unione sovietica, ordinò di inviare nel mondo arabo-islamico decine di migliaia di copie del celebre falso per sobillare le masse contro lo stato d’Israele. Nel 1972 Pacepa in persona ricevette la traduzione in arabo dei “Protocolli” dalle mani del Kgb. “Sotto il mio comando in Romania, ogni mese la polizia segreta disseminava migliaia di copie nella sua sfera di influenza nel mondo islamico”, scrive Pacepa nel libro. “Negli incontri con le mie controparti ungheresi e bulgare, scoprii che anche loro facevano lo stesso”. Scrive Pacepa che “secondo Andropov, il mondo islamico era un laboratorio in cui il Kgb poteva coltivare un virulento odio antiamericano e antisraeliano, cresciuto dal batterio del pensiero marxista-leninista”. Oggi è facile trovare copie dei “Protocolli” nelle bancarelle e nelle librerie del mondo islamico.
La favola del malvagio sionismo era troppo attraente per scomparire con la caduta dell’impero sovietico. Ma i progressisti di oggi avrebbero superato il Kgb in propaganda, come lo slogan “Palestina libera dal fiume al mare”. Vecchie menzogne ora di nuovo di moda. E oggi un uomo come Mahmoud Abbas potrebbe aspettarsi di conseguire un dottorato alla Columbia University, Carlos lo Sciacallo di marciare sul London Bridge al grido di “Free Palestine” e i vignettisti sovietici di decorare la prima pagina del Corriere della Sera.