Armenia, Azerbaigian e le paci di Trump

Micol Flammini

Pashinyan e Aliyev si incontrano alla Casa Bianca, il Cremlino è infastidito, l'Ucraina studia cosa vuol dire per il presidente americano fare un accordo 

Il presidente americano Donald Trump e la sua Amministrazione da giorni sono impegnati nell’organizzazione di un incontro con Vladimir Putin. Trump, prima di tornare alla Casa Bianca, aveva puntato tutto sul capo del Cremlino per risolvere la guerra in Ucraina, contava sul loro rapporto, su un’idea di mondo in cui le decisioni importanti le prendono i capi delle grandi potenze. Il rapporto tra i due è più immaginario che altro, ma il principio delle potenze conta anche per Putin. Secondo alcune indiscrezioni dell’agenzia Bloomberg ci sono già  aspetti concreti sui quali i due capi di stato discuteranno: Mosca vuole la cessione della zona del Donbas oltre alla penisola di Crimea, il resto della linea del fronte verrebbe congelato. Kyiv si troverebbe con la guerra ancora in casa, con un cessate il fuoco che altro non è che una pausa. 
Gli Stati Uniti cercano l’approvazione di Kyiv e degli europei, ma finora tra i dettagli trapelati, e non confermati, non c’è traccia di cosa concederebbe Mosca, non ci sono riferimenti alla futura sicurezza dell’Ucraina. Secondo l’agenzia americana, l’accordo potrebbe essere finalizzato durante l’incontro tra i due. Oppure l’incontro potrebbe essere una parentesi tra guerra e altra  guerra. Intanto Trump non vuole rinunciare al suo ruolo di presidente degli accordi e mentre attendeva le due intese più importanti – quella tra Russia e Ucraina e quella tra Israele e Hamas – ha messo la sua Amministrazione a lavorare su altre crisi, promettendo di risolverle tutte. Il presidente americano si è attribuito la risoluzione dei conflitti tra India e Pakistan e Thailandia e Cambogia e  alla Casa Bianca ha già ospitato i leader di Ruanda e Congo per firmare un accordo.  Ieri invece ha fatto sedere  allo stesso tavolo il premier armeno Nikol Pashinyan e il presidente azero Ilham Aliyev per risolvere il conflitto tra i loro due paesi e firmare accordi di investimento che coinvolgono anche aziende americane. Pashinyan, nato come leader di piazza con il cappellino in testa, è entrato alla Casa Bianca senza barba. Aliyev, tra i due, è quello che ha meno da perdere. Chi non è stato contento dell’incontro alla Casa Bianca è stato proprio il Cremlino, che ha sempre ritenuto i due paesi del Caucaso come parte della sua sfera di influenza, l’Armenia faceva parte anche della Csto, l’Organizzazione per la sicurezza collettiva,  una Nato a guida russa che però non è mai intervenuta a proteggere gli armeni. Eppure nei programmi della televisione russa, l’incontro tra Pashinyan e Aliyev alla Casa Bianca ha avuto più spazio del  vertice da organizzare tra Putin e Trump. A parlare, in uno dei salotti della propaganda in tv, era stata invitata Margarita Simonyan, direttrice della testata Rt e di origine armena. Infervorata, Simonyan ha accusato il premier armeno di essere pronto a tutto pur di avere una villa in California, dove vivono gli armeni che vogliono diventare come Kim Kardashian. Simonyan ha predetto la scomparsa dell’Armenia che aveva un unico modo di sopravvivere: affidarsi alla Russia.  Trump  ha festeggiato il suo risultato e ha annunciato un corridoio di transito per risolvere le dispute territoriali fra i due paesi. Gli ha già dato un nome: Trump Route for International Peace and Prosperity. La strada di Trump per la pace e la prosperità internazionale. Spesso il presidente americano è più interessato alla firma di un accordo che all’accordo stesso, lo dimostrano molte delle intese concluse in passato, come quella a Doha con i talebani che portò  al crollo dell’Afghanistan dopo il ritiro americano. L’Ucraina oggi studia tutti i precedenti. 

 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)