
Perché Putin considera "trumpate" le minacce americane
Dai sottomarini alle sanzioni, il capo del Cremlino non prende mai sul serio Trump. La reazione all'arrivo di Steve Witkoff in Russia
L’8 agosto scadrà l’ultimatum di Donald Trump alla Russia e il messaggio che arriva a Mosca è che il presidente americano non ha molta voglia di realizzare le sue minacce. Se Vladimir Putin non accetterà un cessate il fuoco, ha detto Trump, allora gli Stati Uniti imporranno alla Russia delle sanzioni molto dure. La minaccia è rimasta vaga, i russi sanno a cosa lavorano gli americani, ma nell’atteggiamento del capo della Casa Bianca non hanno intravisto nulla di serio. Secondo Trump, è stato il Cremlino a volere che l’inviato speciale Steve Witkoff andasse a Mosca per parlare. Witkoff è già stato in visita da Vladimir Putin cinque volte dall’inizio del 2025, è stato il tramite fra il presidente americano e l’omologo russo, il messaggero che a ogni suo ritorno non portava con sé soltanto i regali, come il famoso ritratto, ma anche la narrazione del Cremlino che tramite lui riusciva ad arrivare dritta dritta all’interno dello Studio ovale. Non si sa se davvero siano stati i russi a chiedere un incontro con Witkoff, ma l’inviato speciale domani sarà in Russia per cercare un accordo prima della scadenza dell’ultimatum. La previsione dei russi, osservando la stampa, è che Witkoff voglia evitare uno scontro e che il presidente americano sia messo nelle condizioni di realizzare le sue minacce. La sua missione sarà cercare di convincere i russi portando in cambio qualcosa: proposte, possibilità di investimento o altro tempo. Nell’ultima telefonata fra Trump e Putin, il capo del Cremlino aveva detto di voler portare a termine l’offensiva nella regione di Donetsk entro settembre: è il limite temporale minimo che cercherà di strappare alla Casa Bianca.
Venerdì, Donald Trump aveva annunciato lo schieramento di sottomarini nucleari come risposta alle parole dell’ex presidente russo Dmitri Medvedev. In un’intervista con il canale Newsmax aveva spiegato di averlo fatto perché “Medvedev ha detto cose davvero brutte, parlando di nucleare”. Trump è stato il primo leader occidentale, dall’inizio dell’invasione contro l’Ucraina, a prendere sul serio le parole di Medvedev, che negli ultimi anni si è dedicato a lanciare minacce nucleari sui social promettendo attacchi in grado di polverizzare l’Ucraina e i suoi alleati. Per Trump le accuse dell’ex presidente russo sono state un affronto personale, una beffa contro il suo status di leader più potente del mondo. Per questo ha deciso di reagire. I russi non si sono scomposti, le autorità non hanno commentato, la stampa si è lanciata in analisi tranquille sulla necessità di Trump di “fare i capricci”. La direttrice di Rt, Margarita Simonyan ha scritto su X: “Esistono le superpotenze nucleari e quelle da social media. Per fortuna noi (russi) siamo tutte e due le cose”. Probabilmente le autorità di Mosca non hanno intenzione di prendere sul serio le minacce di Trump, che ieri è tornato a dire all’India che deve aspettarsi nuovi dazi per l’acquisto di petrolio russo.
Da quando il repubblicano è di nuovo alla Casa Bianca, il Cremlino ha avuto vari atteggiamenti. Prima lo ha blandito, convincendolo che fosse Kyiv il freno a un accordo. Poi, quando Trump ha iniziato a chiedere dei risultati, Putin ha prima tentato di sviarlo, facendo in modo che si concentrasse più sul medio oriente che sull’Ucraina (Witkoff è appena tornato da Israele, ieri Putin ha parlato con Benjamin Netanyahu, probabilmente i rapporti con l’Iran entreranno nella conversazione), poi ha smesso di fare caso alle sue parole, considerando ogni minaccia o affermazione che uscisse dalla Casa Bianca po trumpovski, il modo russo per dire “una trumpata”. A Mosca nessuno sembra porsi il problema se il capo del Cremlino sarà per sempre in grado di riconoscere una minaccia da “una trumpata”.