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La fuga

Don't mess with Texas. Lo scontro politico nello stato trumpianissimo

Lorena Evangelista

I deputati democratici della Camera del Texas hanno lasciato lo stato per sabotare una legge con cui i repubblicani vogliono ridisegnare i distretti elettorali. Fioccano minacce di rimozione e arresto, mentre il governatore dell'Illinois sostiene la protesta e accoglie i fuggitivi. Non è una questione solo texana, e c'entrano le ambizioni di Trump per le elezioni di metà mandato

Nello stato repubblicano e trumpiano per eccellenza si sta consumando una crisi politica che è solo apparentemente una questione locale. Domenica i democratici della Camera del Texas hanno abbandonato lo stato per sabotare una legge di riorganizzazione dei collegi elettorali, promossa dai repubblicani e sostenuta da Trump. Il piano dei fuggitivi consiste nel restare lontani dai confini dello stato fino alla scadenza della sessione legislativa speciale, convocata ad hoc dal governatore repubblicano e super trumpiano Gregory Abbott.


Quella proposta dai repubblicani texani è una nuova mappa dei distretti elettorali del Congresso, che mira a spostare i confini delle circoscrizioni e in particolare a concentrare le sacche di elettorato democratico in distretti in cui il loro voto risulti meno decisivo, perché già a maggioranza blu. Matthew Wilson, professore di Scienze politiche dell’Università di Dallas, intervistato da Axios ha spiegato che l’ambizione dei repubblicani è sfruttare a proprio vantaggio i flussi elettorali dei cittadini latinoamericani, che si stanno spostando sempre più a destra: tra i risultati della riforma ci sarebbe infatti un aumento dei distretti a maggioranza ispanica. Stando alle mappe attuali, 25 sui 38 seggi del Texas presso la Camera dei rappresentanti sono occupati dai democratici: obiettivo di questa operazione di redistricting (che di norma si svolge ogni dieci anni, in base ai nuovi censimenti, e che in questo caso avverrebbe “inspiegabilmente” in anticipo) sarebbe portarne il numero a 30, e proteggere così la maggioranza repubblicana – per ora risicata – in occasione delle elezioni di metà mandato, previste per novembre 2026. Appare chiaro come le implicazioni di questa vicenda non siano affatto squisitamente “texane”: il gradimento di Trump non è mai stato così basso e il rischio di perdere la maggioranza in una delle due camere del Congresso è piuttosto concreto. 


Le voci di protesta si sono levate appena la proposta è stata presentata alla Camera statale, lo scorso mercoledì: Lloyd Dogett, rappresentante per il Texas alla Camera per il 37esimo distretto – che comprende gran parte dell’area urbana di Austin – ha scritto su X che Trump sta “colpendo con l’accetta Austin” e mira esclusivamente a realizzare “un potere assoluto”; il deputato Greg Casar ha descritto la proposta come “la solita vecchia stronzata”. La mossa dell’abbandono dello stato per aggirare il voto della legge è stata paventata  da subito, e infatti la scorsa settimana i deputati democratici avevano iniziato a raccogliere denaro da donatori volontari per pagare le multe – da 500 dollari per ogni giorno di assenza – con cui sarebbero stati sanzionati. Domenica, poi, c’è stata la fuga: ad aderire sono stati in 57 (un numero sufficiente per impedire il voto alla Camera del Texas), e non intendono rientrare fino al 19 agosto, quando scadrà la sessione straordinaria – convocata, tra le altre cose, anche per votare interventi urgenti per rispondere ai disastri causati dall’alluvione dello scorso 4 luglio. Il deputato locale e leader dell’opposizione Gene Wu ha accusato il governatore Abbott di aver strumentalizzato la tragedia dell’alluvione, rendendo le vittime “ostaggi politici della sua sottomissione a Donald Trump”. 


Le reazioni repubblicane non si sono fatte attendere: in una dichiarazione ufficiale, Abbott ha minacciato i deputati assenteisti di rimuoverli dall’incarico, e ha detto che la raccolta di donazioni per coprire le multe potrebbe costituire un grave reato. Ken Paxton, procuratore generale del Texas, ha detto di voler dare la caccia ai deputati democratici – che ora rischiano l’arresto – “con ogni mezzo possibile”. Ma la sua autorità non si estende oltre i confini del Texas. 


La meta privilegiata dai democratici fuggiaschi è stata Chicago: il governatore dem dell’Illinois J.B. Pritzker è stato tra i primi sostenitori dell’iniziativa texana e, in una conferenza stampa tenutasi domenica sera, ha espresso la  volontà di proteggere i deputati democratici da eventuali ripercussioni. Un sostegno non solo ideale, perché ora alcuni governatori democratici dicono di voler ripagare gli avversari politici con la stessa moneta: non solo lo stesso Pritzker, ma soprattutto il governatore californiano Newsom (in prima fila tra i nemici di Trump), ha detto che, in risposta all’iniziativa texana, potrebbe ridisegnare le circoscrizioni della California a vantaggio dei democratici. 
 

 

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