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Il diavolo nei dettagli
Gli Stati Uniti perderanno la battaglia sui dazi, ma possono vincere su altri fronti
Con una stretta del 15 per cento non ci saranno svantaggi competitivi per gli esportatori europei, e più del 90 per cento dei beni importati non verranno sostituiti. Ma gli acquisti energetici e gli investimenti promessi potrebbero rivelarsi molto costosi per l'Europa
L’Ue ha raggiunto un accordo caotico sui dazi con gli Usa, e tra non molto sarà evidente che il consumatore americano ne pagherà le conseguenze. Non gli esportatori europei! Il presidente Trump non sembra imparare dai suoi errori. In un recente studio, l’ex capo economista del Fmi, Maurice Obstfeld, in riferimento ai dazi della prima Amministrazione Trump ha detto in modo lapidario: “Non solo i prezzi dei beni soggetti a dazi aumentarono, ma aumentarono dell’intero importo dei dazi. Le famiglie e le imprese americane si fecero interamente carico dell’onere; nulla fu trasferito agli esportatori stranieri”. A maggior ragione avverrà questa volta, se si considera che l’aumento dei dazi è stato molto più elevato e per tutti i paesi. I governi dell’Ue dovrebbero astenersi dal dare sostegni agli esportatori, poiché ciò rappresenterebbe un trasferimento dai bilanci degli stati Ue a quello Usa. E Trump festeggerebbe.
Alcuni esportatori potrebbero assorbire parzialmente l’aumento dei dazi riducendo i margini di profitto. Ma va rilevato che non ci saranno svantaggi competitivi per gli esportatori europei. Anzi, in termini relativi, ne potrebbero trarre qualche beneficio, visto che pochi paesi riusciranno a negoziare con Trump tariffe inferiori al 15 per cento. Lo stesso discorso si può fare per gli importatori statunitensi. I margini di profitto potrebbero comprimersi nel breve periodo, ma nel medio torneranno al loro punto di equilibrio dettato dal mercato.
In definitiva, l’unica domanda rilevante è se i beni importati potranno essere sostituiti da produzioni statunitensi. Secondo varie stime, questo avverrà per meno del 10 per cento del totale di beni attualmente importati (che valgono circa il 16,4 per cento del pil Usa). Ciò non sorprende. Data la limitata capacità inutilizzata nel settore manufatturiero, sarebbero necessari investimenti massicci in nuovi impianti e nuove produzioni per molti anni. Inoltre, dove si andrebbero a trovare i lavoratori? La disoccupazione negli Stati Uniti è già molto bassa, sebbene sia leggermente aumentata negli ultimi due anni. La partecipazione al mercato del lavoro è migliorata, ma rimane al di sotto dei livelli pre- Covid. La produttività del lavoro è diminuita. Vi sono margini per reintegrare nel mercato del lavoro coloro che vivono di sussidi, buoni pasto o altre prestazioni di previdenza sociale, ma ciò richiederebbe tempo e importanti politiche attive di riqualificazione professionale. Inutile dire che recenti iniziative sull’immigrazione renderanno arduo trovare mano d’opera dall’estero.
In conclusione, più del 90 per cento dei beni importati non verranno sostituiti e quindi continueranno a essere importati. E gli importatori, e quindi i consumatori statunitensi, sarebbero costretti a pagare una tassa aggiuntiva alle casse federali rappresentata dai dazi di Trump. Con l’aumento dei prezzi dei beni importati salirà anche il livello dei prezzi che andrà a comprimere i redditi disponibili e quindi anche la domanda per beni importati, i cui volumi inevitabilmente si ridurranno. Quanto inizieranno a salire i prezzi al consumo negli Stati Uniti? La Fed di New York ha condotto un sondaggio tra le imprese che importano. Il risultato è che solo un quarto delle aziende intervistate ha dichiarato che assorbirà i prezzi più elevati dovuti ai dazi nei propri margini di profitto. Inoltre, un terzo dei produttori e quasi la metà delle aziende di servizi hanno dichiarato che trasferiranno il 100 per cento dei costi più elevati ai consumatori. Il resto si colloca in una posizione intermedia. E’ interessante notare che l’88 per cento dei produttori di beni e l’81 per cento delle imprese di servizi hanno dichiarato che trasferiranno i costi aggiuntivi ai propri clienti entro tre mesi. Questo non si è ancora verificato perché hanno fatto grandi scorte, anticipando gli acquisti di beni esteri per evitare i dazi. Ma avverrà presto.
In sostanza, l’aumento dei dazi sarà un boomerang per l’economia Usa, con probabili ripercussioni pesantemente negative, mentre saranno soltanto moderatamente negative per quella Ue. Tuttavia, per ottenere l’aliquota “generosa” del 15 per cento l’Ue ha accettato di acquistare energia dagli Stati Uniti e fare investimenti per un valore talmente elevato da essere inverosimile. Questi sono “effetti collaterali” che potrebbero rivelarsi molto costosi per l’Europa (anche se non sono chiari gli orizzonti temporali). Ecco perché l’economia statunitense potrebbe perdere la battaglia sui dazi, ma vincere in altri ambiti. L’attenzione dovrebbe concentrarsi sulle richieste avanzate da Trump e accettate in linea di principio da Von der Leyen. Come sempre, il diavolo si nasconde nei dettagli. Quelli mancanti.