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Lo schema

Una criptovaluta in Kirghizistan. Così Putin aggira le sanzioni

Davide Cancarini

La repubblica centroasiatica fa da base sicura per gli oltre nove miliardi di dollari fatti circolare attraverso il token A7A5 il cui valore è agganciato a quello del rublo. Ecco come una banca controllata da Mosca continua a servire il complesso militare e industriale russo

Un controverso uomo d’affari e politico moldavo di origine israeliana, una piattaforma di criptovalute basata in Kirghizistan e una stablecoin il cui valore è agganciato a quello del rublo. Sono i protagonisti principali di uno schema che starebbe permettendo alla Russia di aggirare in maniera sempre più capillare le sanzioni internazionali che le sono state inflitte dopo l’inizio dell’invasione dell’Ucraina.

Partendo dai numeri, come riportato anche dal Financial Times, ammonterebbe a circa 9,3 miliardi di dollari il flusso di denaro che è circolato negli ultimi mesi sulla piattaforma di scambio di criptovalute Grinex. Con sede in Kirghizistan, repubblica centroasiatica molto vicina politicamente ed economicamente alla Russia, Grinex ha iniziato a operare ufficialmente a dicembre 2024. Secondo alcune indiscrezioni, però, si tratterebbe della continuazione con altri mezzi di Garantex, la più grande arena virtuale di commercio di asset digitali russa, che è stata inserita nella lista nera dalle autorità statunitensi con l’accusa di aver facilitato transazioni finanziarie illecite. Da qui, questo il sospetto, lo spostamento nel piccolo paese centroasiatico.

Gli oltre nove miliardi di dollari transitati su Grinex sono stati fatti circolare utilizzando come mezzo di scambio il token A7A5, lanciato da Ilan Shor. Il trentottenne è una figura particolarmente controversa. Attualmente risiede in Russia, paese di cui detiene la cittadinanza e in cui si è rifugiato per sfuggire alle sanzioni dell’Unione europea e all’eventuale arresto a causa anche delle ingerenze nel processo elettorale della Moldavia. Shor, condannato già nel 2023 per aver partecipato al furto di un miliardo di dollari dalle banche moldave, è stato una delle figure chiave dell’operazione di compravendita di voti orchestrata dal Cremlino per influenzare le elezioni presidenziali tenutesi nel piccolo paese dell’Europa orientale il 20 ottobre scorso, poi vinte al ballottaggio dall’europeista Maia Sandu.

A7A5 è una stablecoin, ossia un tipo di criptovaluta il cui valore è legato a un asset reale, in questo caso specifico il rublo. Ma non rubli qualsiasi: sempre secondo alcune inchieste, infatti, A7A5 sarebbe coperta dal denaro detenuto dalla banca Promsvyazbank. L’istituto, anch’esso soggetto a sanzioni occidentali, è sotto il controllo di Mosca e serve esclusivamente il complesso militare e industriale russo. Attualmente la capitalizzazione complessiva della stablecoin è di circa 156 milioni di dollari ma, come detto, è utilizzata principalmente come mezzo di scambio e quindi i pagamenti giornalieri che avvengono attraverso A7A5 sono sempre molto più alti di tale volume.

Sempre il Financial Times fa notare come la maggioranza delle transazioni avviene durante i giorni feriali e nell’orario di lavoro moscovita.
Il Kirghizistan fa da base sicura per Grinex e non solo per la vicinanza politica alla Russia. Nel 2022 il governo di Bishkek ha introdotto una legge favorevole al settore delle criptovalute e da allora il mercato è esploso: si è passati infatti dai 59 milioni di dollari di transazioni del 2022 ai 4,2 miliardi dei primi sette mesi del 2024. Una crescita di più del 7.000 per cento, non certo trainata dalla domanda domestica del piccolo paese, uno dei più poveri al mondo, di circa sette milioni di abitanti. Come dimostra questo caso, i sistemi di aggiramento delle sanzioni messi in piedi da Mosca sono sempre più sofisticati e le criptovalute giocano un ruolo importante.