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tech e casa bianca

Trump smantella le regole sull'AI per vincere la corsa con la Cina

Marco Arvati

Deregolamentazione radicale, mano libera alle Big Tech, stop ai vincoli ambientali e fondi negati a chi sviluppa intelligenze artificiali “non neutrale”. La Casa Bianca inizia la sua corsa contro la Cina e cambia passo rispetto alla strategia di controllo prima condivisa con l'Europa

Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha presentato  l’“AI Action Plan”, un programma di 28 pagine che ha l’obiettivo di giungere a una deregolamentazione ampia nel settore dell’intelligenza artificiale. Tra i punti del piano: la possibilità di costruire più velocemente banche dati ospitanti le infrastrutture necessarie all’addestramento e all’implementazione dei sistemi di IA, sia velocizzando l’ottenimento dei permessi necessari, sia aggirando le possibili protezioni ambientali dei siti scelti, il divieto per i singoli stati di adottare regolamenti più restrittivi e contrari alle nuove linee guida federali, visti come barriera allo sviluppo, e la rimozione dei fondi federali alle aziende i cui sistemi di IA non sono “politicamente neutri”. 

Per Trump, infatti, molti modelli di IA sarebbero veicoli di ideologia progressista: marxisti, woke e ostili ai valori americani. In controtendenza ai principali modelli, Elon Musk aveva allenato il tool IA di X, Grok, a poter utilizzare anche pensieri politicamente scorretti, in nome di una libertà totale: una sera il tool si è definito “MechaHitler”. Non è chiaro, in base alle vaghe linee guida, come si analizzi se un’intelligenza artificiale sia politica o no, e data l’impossibilità, confermata anche dall’organizzazione non profit Center for Democracy and Technology, che un modello sia perfettamente neutrale, il rischio molto concreto è che venga incentivata un’adesione di questi al pensiero del governo: una nuova fase della battaglia contro le politiche di diversity, equità e inclusione, nuovamente definite “tossiche” dal presidente. Inoltre, Trump ha detto che non sarà possibile un’applicazione dura delle normative riguardanti il copyright, perché “non si può avere un programma di successo dovendo pagare per ogni singolo libro utilizzato per allenare l’IA”.

Il piano punta  a una competizione diretta con la Cina per ottenere “il dominio globale del settore”. L’obiettivo principale del presidente è che gli Stati Uniti diventino la potenza dominante per quanto concerne l’intelligenza artificiale, combattendo con Pechino una battaglia con echi da Guerra fredda. Non a caso, infatti, si è parlato espressamente di “vincere la corsa”, in un richiamo alle grandi dispute tecnologiche tra le due superpotenze novecentesche, come la corsa allo spazio o quella agli armamenti. Proprio per questo, regolamentazioni e sicurezza passano in secondo piano, dando mano libera alle principali aziende tecnologiche, che hanno il compito di innovare il più velocemente possibile.

E’ un’inversione totale rispetto a come la presidenza Biden concepiva l’intelligenza artificiale, una possibilità di crescita ma anche un rischio concreto per i cittadini. L’ex presidente aveva infatti creato l’AI Safety Institute, per valutare pubblicamente la sicurezza dei modelli IA. Oggi, invece, gli standard di sicurezza vengono meno per privilegiare l’innovazione e lo sviluppo verticale, un cambiamento filosofico rispetto al governo precedente, molto più in linea con le politiche dell’Unione europea, che l’anno scorso ha votato l’AI Act, il primo tentativo mondiale di costruire una regolamentazione a 360 gradi sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale.

Le differenze tra le due potenze sul tema erano già emerse all’inizio dell’anno. Il vicepresidente degli Stati Uniti J. D. Vance, infatti, commentando la regolamentazione in vigore in Europa, aveva affermato che il continente avrebbe dovuto “guardare all’IA con ottimismo, senza bloccare le industrie”. Proprio il cambio di rotta in corso negli Stati Uniti ha portato i leader di quarantaquattro grandi aziende europee, come Airbus e Bnp Paribas, a scrivere alla presidente della Commissione Ursula Von der Leyen per porre un freno alle regolamentazioni, che distruggerebbero  la competitività dell’Europa sul tema. Il cambio di passo statunitense, che prima condivideva con Bruxelles i timori per la sicurezza dei cittadini dovuti a un uso non controllato dei modelli di IA, ha reso difficile, secondo i firmatari della lettera, per le aziende utilizzare i tool disponibili nel modo richiesto dalla nuova competizione globale. 

La disamina sui rischi ambientali, i problemi di cybersicurezza e la possibile perdita di posti di lavoro è scomparsa dalla scena politica. Gli uffici creati da Biden su questi temi esistono ancora, ma hanno poteri sempre più scarsi. La presidenza Trump ha deciso che gli Stati Uniti debbano diventare leader nell’intelligenza artificiale, a qualsiasi costo.

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