Perché Murdoch può (e vuole) resistere a Trump. I cavilli legali e la strategia

Paola Peduzzi

La base Maga, privata del suo complotto preferito su Epstein, si è rivoltata contro il  presidente, che ha cercato di cambiare teoria cospirazionista.  Ma il Wall Street Journal ha riaperto la ferita, per due volte in pochi giorni, nonostante una causa da 10 miliardi di dollari richiesta da Trump

Scommetto che Rupert Murdoch non pagherà un centesimo a Donald Trump per il caso Epstein, scrive Tina Brown nella sua indispensabile newsletter “Fresh Hell”, “pur con i suoi irascibili 94 anni, Murdoch è ancora un tabloid man fino al midollo, non c’è nulla che lo ecciti più di uno scandalo sessuale che batte la concorrenza. L’emozione populista vecchio stile di mettere in imbarazzo chi è al potere (e di sfruttare le loro paure) è stata per sei decenni lo sport sanguinario dell’impero giornalistico di Murdoch, una miniera d’oro”. A differenza di altri tycoon di media e giornali, il proprietario di News Corp. non teme il presidente degli Stati Uniti e così, dopo essere stato querelato per  lo scoop sul biglietto di auguri di Trump a Jeffrey Epstein pubblicato sul Wall Street Journal, ha dato il suo consenso per un secondo scoop, forse ancora più lacerante del primo: mercoledì pomeriggio, il quotidiano conservatore ha scritto che a maggio la segretaria alla Giustizia, Pam Bondi, aveva avvisato il presidente che il suo nome compariva molte volte nei documenti relativi alla rete pedofila di Epstein. Questo non dimostra nulla dell’eventuale coinvolgimento di Trump nella rete, scrive lo stesso Wall Street Journal, ma mostra una cosa che agli occhi dei trumpiani potrebbe risultare più grave: l’incontro tra Bondi e Trump “determinò la fine della grande revisione” del caso Epstein. 

 

A febbraio, Bondi aveva detto che la lista dei clienti di Epstein il feticcio di tutto il complottismo che gira attorno al caso, grazie anche al contributo di Trumpera sulla sua scrivania; a maggio ha avvertito il presidente che nella documentazione c’erano cose molto sensibili; a luglio ha detto: non c’è niente da vedere qui, circolate. E la base Maga, privata del suo complotto preferito, si è rivoltata contro il suo presidente, che da quel momento ha cercato di cambiare la teoria cospirazionista – è una bufala dei liberal, ha detto – e ha dato in pasto ai rivoltosi qualche altro documento o complotto con cui saziarsi. La strategia stava quasi funzionando, complice la fine precipitosa dei lavori del Congresso imposta dal solerte (seppur un po’ infastidito da questa storia) speaker Mike Johnson,   ma il Wall Street Journal ha riaperto la ferita, per due volte in pochi giorni, nonostante una causa da 10 miliardi di dollari richiesta da Trump. 

 

Ma “in un colpo di scena avvincente”, scrive su Puck l’esperto di media Dylan Byers, “Murdoch, che è il proprietario anche di Fox News, l’emittente amica di Trump, potrebbe essere l’unico a tenere testa al presidente. Come mi hanno fatto notare alcune fonti del Wall Street Journal e di News Corp. il tycoon è un tipo diverso di imputato. Non sta guidando una trasformazione complicata di un’azienda di media e di parchi divertimento da 200 miliardi come Bob Iger, il ceo di Disney, né si trova nella situazione disperata di Shari Redstone che ha bisogno dell’approvazione  del governo per l’accordo Paramount-Skydance, e lo stesso Trump ha separato bene la sua azione legale, in modo che non ci sia alcun ricasco su Fox News, che potrebbe alienare il suo elettorato”. Insomma Murdoch è “l’ultimo barone della stampa che ha le risorse, la libertà e la forza di gestire una battaglia legale con il presidente”, scrive Byers, e per di più questa battaglia sembra partire non benissimo per Trump. C’è un vizio procedurale, perché il presidente potrebbe aver violato la regola prevista in Florida che richiede al querelante di dare un avviso al querelato cinque giorni prima di depositare la querela. In secondo luogo, il presidente deve dimostrare il dolo intenzionale del Wall Street Journal, cioè che il giornale sapeva che il biglietto d’auguri era falso e lo ha pubblicato lo stesso. E naturalmente un processo porterebbe a molte indagini sul rapporto tra il presidente ed Epstein, che è esattamente quel che Trump sta in ogni modo cercando di evitare.

 

Murdoch invece vuole salvaguardare la credibilità e l’indipendenza del Wall Street Journal, ma è coperto sul fronte trumpiano da Fox News e comunque quel che voleva da Trump lo ha già ottenuto durante il primo mandato, nel 2017, quando riuscì a vendere la 21st Century Fox alla Disney senza ostacoli dal governo, per 71 miliardi di dollari (che sono quelli che rendono la vita impossibile a Bob Iger), con 2 miliardi di dollari per ogni figlio, e giusto in tempo prima che il settore fosse stravolto dalle piattaforme. Certo, è difficile accettare di dover dipendere da Murdoch nella difesa dei media dall’aggressione continua di Trump, il Murdoch dello scandalo degli hackeraggi nel Regno Unito, il Murdoch delle bugie elettorali su Dominion Voting Systems, il Murdoch di Fox News. Ma indipendentemente da come te le sei fatte, le spalle larghe, ora sono quelle che servono. 

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi