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artiglieria e conflitti
I conflitti storici e i complotti dietro agli scontri sul confine tra Thailandia e Cambogia
Scontri armati per il controllo del Preah Vihear, un tempio del XI secolo dedicato al dio Shiva. Le vittime si contano a decine. Dietro il conflitto si intrecciano cybertruffe, giochi di potere e vendette familiari che destabilizzano l'intera regione
“La guerra danneggia anche l’elefante che portano in giro per strada. I turisti pagano per dargli da mangiare, ma ora non c’è nessun turista. In un momento in cui in altre parti del mondo il mondo sta cambiando e i morti sono molti di più, qui le vittime si contano sulle dita delle mani, tra soldati e contadini”. Sono appunti presi nel 2011, a Kantharalak, una cittadina thailandese al confine con la Cambogia durante la penultima delle guerre tra i due paesi che si susseguono dal XIII secolo. L’ultima è scoppiata oggi e per ora sembra stia replicando il copione della precedente. Una “guerricciola” destinata a concludersi in pochi giorni con un numero limitato di vittime. I primi scontri risalgono al maggio scorso, quando fu ucciso un soldato cambogiano. Da allora si sono susseguite sporadiche scaramucce, mentre la situazione peggiorava soprattutto a livello politico e diplomatico, tra chiusura dei confini e boicottaggi reciproci. Il ferimento di due soldati thai saltati su una mina cambogiana ha innescato il confronto del 24 luglio con scambio di colpi d’artiglieria, lanci di missile e bombardamenti degli F-16 dell’aviazione thai. Le vittime accertate, la sera di quel primo giorno, erano 12 thai, mentre non si avevano informazioni riguardo quelle cambogiane.
La frontiera contesa è solo una piccola parte attorno agli 800 chilometri del confine tracciato dall’amministrazione coloniale francese nel 1907 e da allora contestato dai thai. Ma è resa importante per la presenza di alcuni luoghi sacri a entrambe le popolazioni (per quanto stilisticamente più affini all’antica cultura khmer). Il più famoso è ormai noto come “il Tempio maledetto”. Per i thai è il Phra Viharn, per i khmer il Preah Vihear. E’ un tempio del XI secolo dedicato al dio Shiva, arroccato a 525 metri su uno sperone roccioso delle montagne Dangrek. A lungo compreso in territorio thailandese, nel 1962 la corte internazionale di giustizia lo ha assegnato alla Cambogia in base ai confini tracciati dai francesi nel 1904. Nel 1975 fu occupato dai khmer rossi e nel 1979 divenne uno dei santuari degli uomini di Pol Pot. La maledizione del tempio sembrò spezzarsi sul finire del secolo scorso, tanto che entrambi i paesi si impegnarono affinché il sito fosse canonizzato quale patrimonio culturale dell’umanità. Quando finalmente accadde, nel luglio del 2008, invece, il tempio riapparve come un simbolo ancor più forte di orgogli nazionali.
Tra le popolazioni thai e cambogiana, la storia ha instillato una specie di odio atavico che si manifesta in uno scambio di accuse di ogni genere: per i khmer la Muay Thai, la tradizionale boxe thailandese, deriva dalla bokator, così come la lingua thai deriva dal khmer. Per i thai, i cambogiani sono artefici di stregonerie e malefici mentre Angkor Wat dovrebbe appartenere alla Thailandia in virtù delle vittorie nel XIV secolo. Così le contese di frontiera sono divenute un elemento di politica interna. E’ accaduto anche recentemente con la diffusione di una telefonata tra l’allora premier thai Paetongtarn Shinawatra e l’ex premier cambogiano Hun Sen, che ha governato il paese per quarant’anni prima di passare il testimone a suo figlio Hun Manet. Lo scopo di quella chiacchierata, sostiene la Shinawatra, era il tentativo di risolvere la contesa di confine, però lei addossa la responsabilità degli incidenti al comandante delle Forze thai. Una tale offesa all’onore patrio e delle Forze armate ha fatto scendere in piazza decine di migliaia di persone e provocato la destituzione della premier. La fuga di notizie è stata attribuita allo stesso Hun Sen allo scopo di destabilizzare la Thailandia.
In questo momento, infatti, la Cambogia è un covo di cybercriminali che gestiscono truffe online dalle centrali di “Scam” impiantate in tutto il paese grazie alla complicità del governo. Un business che rischiava di essere compromesso dalle interferenze del governo thai, a sua volta costretto a intervenire per le pressioni della Cina che considera una minaccia il fenomeno delle scam. Secondo altri osservatori, Hun Sen avrebbe voluto esasperare la crisi proprio per arrivare a un confronto. Anche da parte thai le teorie complottiste non mancano. Per Thitinan Pongsudhirak, il conflitto deriverebbe anche da una “vendetta familiare”: secondo il più noto politologo thai, Thaksin Shinawatra, padre della ex premier e vecchio amico di Hun Sen, cerca un modo di vendicarsi. Per gli oppositori dei Thaksin, questa guerra è un ottimo pretesto per invocare il ritorno di un governo militare. La guerra in ogni caso amplifica le divisioni all’interno dell’Asean, e vanifica ogni tentativo di opposizione ai dazi americani.