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Editoriali

Gaza ha fame e gli ostaggi non tornano

Redazione

Hamas avanza nuove richieste per l’accordo e vuole che la distribuzione del cibo sia affidata esclusivamente alle Nazioni Unite. L’inviato speciale americano per il medio oriente Witkoff a Roma per trattare

Oggi sarà a Roma Steve Witkoff. L’inviato speciale americano per il medio oriente incontrerà Ron Dermer, ministro per gli Affari strategici israeliano e responsabile  del governo di Israele per mediare un accordo con Hamas, e un inviato del Qatar. Witkoff vuole sapere qual è lo stato dei negoziati e, se tutto va bene, allora potrebbe proseguire il suo viaggio verso Doha: la sua presenza o meno in medio oriente è il segnale dell’andamento dei negoziati. Hamas ha mandato nuove richieste ai mediatori, anziché rispondere “sì” o “no” all’ultima proposta sul tavolo, ha aggiunto nuove priorità. Una riguarda la distribuzione del cibo, che il gruppo terroristico vuole sia affidata esclusivamente alle Nazioni Unite. Secondo la bozza di accordo, invece, la distribuzione dovrebbe essere gestita da organizzazioni terze, che non sono agenzie dell’Onu né affiliate a Israele, come la Gaza Humanitarian Foundation che gestisce la distribuzione da maggio e ormai al suo operato sono legati le morti e i disastri dentro la Striscia tra i civili in coda. Hamas impone l’Onu, Israele non si fida perché ha dimostrato che l’Unrwa, che ha gestito le consegne in passato, era infiltrata dal gruppo terroristico.

Hamas diffonde tutti i giorni i numeri dei morti per fame, Israele ha fatto sapere che 950 tonnellate di aiuti sono nella parte di Gaza di Kerem Shalom, in attesa che le Nazioni Unite vengano a prenderle e nel frattempo rimangono sotto al sole, a rovinarsi. Dalla Striscia escono racconti di dolore, immagini di disperazione, mentre in Israele le famiglie degli ostaggi chiedono un accordo immediato che permetta il ritorno dei rapiti vivi e  la restituzione dei corpi dei morti. E’ proprio sui rapiti che l’accordo è cinico: per sessanta giorni di cessate il fuoco, solo in dieci saranno liberati e diciotto corpi torneranno in Israele. In ventidue rimarranno in ostaggio, vivi o morti: Hamas vuole tenerli come assicurazione per la propria sopravvivenza, mentre intende ricominciare a usare gli aiuti umanitari per arricchirsi e come strumento di ricatto con la popolazione locale.

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