Chi comanda per Hamas a Gaza

Micol Flammini

L’ultimo capo del gruppo terroristico nella Striscia non approva la tregua e nel caos mortale sfugge a Israele

Sul tavolo c’è una proposta: sessanta giorni di cessate il fuoco, la scarcerazione di un numero non precisato di palestinesi dalle carceri di Israele, in cambio della liberazione di dieci ostaggi vivi e la restituzione di diciotto salme di rapiti. Hamas dal 7 ottobre ha cambiato pelle, è il momento delle seconde file, di chi non aveva vinto le battaglie per il potere di cui Yahya Sinwar era stato il leader indiscusso. Il gruppo non ha abbandonato però il doppio binario tra una leadership che vive all’estero da sempre e una rimasta a Gaza, che combatte ma non ha più il peso di prima. Chi è fuori prende le decisioni assieme a chi è dentro e ora dentro comanda Izz al Din al Haddad, detto “il Fantasma”. Al Haddad con Raed Saad, anche quest’ultimo è in vita e sempre dentro Gaza, rappresentava la fazione avversa a Sinwar. Aveva poi scelto di obbedire, si era trasformato in un fedelissimo della  gestione di Sinwar, tanto da essere tra i pochi che istruivano i miliziani per l’attacco del 7 ottobre. Ha tenuto prigionieri alcuni ostaggi, ha impartito loro ordini su come comportarsi durante la liberazione, e chi è tornato in Israele ha raccontato che al Haddad parla ebraico. Secondo l’esercito israeliano, che ha rinvenuto una sua foto in un tunnel, il Fantasma è ormai irriconoscibile: ha cambiato taglio di capelli, barba, segno del fatto che ha paura di essere riconosciuto. Finora è riuscito a sopravvivere a tre tentativi di eliminazione. Non è Sinwar, né Yahya né Mohammed, non è Mohammed Deif, ma oggi al Haddad è colui che dà le risposte alla leadership che vive tra il Qatar e la Turchia e non sta rispondendo all’ultima proposta di cessate il fuoco.

 

Il Fantasma è il capo di un gruppo che è l’ombra di quello che ha compiuto il 7 ottobre, arruola combattenti giovanissimi senza addestramento, mandati  in azioni di guerriglia contro i soldati israeliani, che spesso rimangono intrappolati e muoiono per gli agguati  tra le macerie. Al Haddad fa parte della storia di Hamas, ha avuto ruoli chiave nelle ultime guerre e oggi è lui il regista della nuova strategia contro Israele nella Striscia: gli assalti ai soldati, i miliziani che si aggirano armati durante la distribuzione degli aiuti umanitari, la punizione per i civili che collaborano con la Gaza Humanitarian Foundation, l’organizzazione israelo-americana che da maggio  consegna  cibo, acqua e medicinali e i cui punti di ritiro sono diventati mortali per i civili. 

 

Israele ha aumentato la pressione militare, per i gazawi ottenere il cibo vista è complicato, spesso impossibile e si muore di fame. Le condizioni disastrose della Striscia che Tsahal non riesce a controllare, e di cui ormai è parte, sono un pantano che tira giù soldati israeliani e civili palestinesi. Tira giù anche quel che rimane di Hamas, che però con la sua leadership all’estero continua ad avere protettori nei paesi che li ospitano e una via verso la sopravvivenza. 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)