gaza senza uscita

Finora Deir al-Balah era considerata inavvicinabile. L'offensiva di Israele

Micol Flammini

L'esercito israeliano amplia l’operazione nella Striscia per fare pressione su Hamas. I costi della scelta sono molto alti e 25 paesi (Italia inclusa) firmano un appello per fermare la guerra

La guerra a Gaza dura da seicentocinquantacinque giorni. Israele non ha mai combattuto un conflitto così lungo nella sua storia e quando Tsahal ha dato inizio alla sua risposta contro Hamas il giorno stesso che il gruppo terroristico aveva compiuto il massacro del 7 ottobre, non sapeva quanto a lungo sarebbe durata l’operazione nella Striscia. La stima era che non sarebbe stata breve, sulla lunghezza nessuno si sbilanciava. Oggi è ragionevole pensare che l’esercito israeliano non immaginava che sarebbe rimasto a combattere per  oltre  un anno e mezzo. Intere zone della Striscia sono devastate, il numero dei morti civili non si conosce: soltanto il ministero della Salute di Gaza, un organo di Hamas, fornisce le cifre senza distinguere tra terroristi e civili. Il ministero  indica che sono morte circa sessantamila persone, non c’è modo di verificarlo, ma dalle immagini, dalle poche testimonianze che escono dalla Striscia, dalle ricerche che alcuni giornalisti hanno provato a fare, si capisce che il numero delle vittime è molto alto. Israele,  Stati Uniti e  altri mediatori che partecipano al processo negoziale per far finire la guerra, attendono la risposta di Hamas all’ultima proposta per la tregua.  Il gruppo terrorista continua a rifiutare ogni compromesso e  ha lavorato per far fallire i centri di distribuzione per il cibo organizzati dalla Gaza Humanitarian Foundation. 

 

L’organizzazione americana e israeliana  ha cercato di creare un sistema di consegna degli aiuti che impedisse a Hamas di impossessarsene: ci è riuscita, ma le conseguenze per la popolazione di Gaza sono drammatiche. Hamas  è senza soldi, arruola ragazzi non addestrati che non può pagare, combatte con azioni di guerriglia, non cede. Il capo di stato maggiore israeliano Eyal Zamir ha deciso di espandere l’operazione nella Striscia di Gaza: Tsahal controlla circa il 75 per cento della Striscia, l’idea del ramatkal è di entrare anche nei territori da cui l’esercito si era tenuto fuori finora per non danneggiare gli ostaggi. Uno di questi territori è Deir al Balah, al centro della Striscia, dove oggi è iniziata una pesante offensiva. I soldati israeliani non erano mai entrati a Deir al Balah, considerata la più grande roccaforte rimasta di Hamas e quindi uno dei posti in cui sono detenuti gli ostaggi. Zamir vuole mostrare a Hamas che Israele non ha intenzione di lasciare al gruppo delle zone di libertà e salvezza, allo stesso tempo, però, l’operazione mette a rischio la vita dei rapiti. Non sono molte le opzioni per Israele, Zamir ha anche deciso di diminuire il numero di soldati nella Striscia: il ritmo dei combattimenti  non è sostenibile senza una rotazione frequente. 
Israele attende la risposta di Hamas, e il gruppo vuole che attenda.  Vede la confusione dell’esercito, aumenta la pericolosità nei centri di distribuzione, nel momento in cui, a livello internazionale la pressione su Israele ha raggiunto un livello che non ha precedenti e arriva anche da paesi che finora avevano sostenuto le necessità di Tsahal di proseguire la guerra: 25 paesi, tra cui l’Italia, hanno firmato un appello per chiedere la fine della guerra a Gaza. In Belgio, due soldati israeliani in visita ad Anversa per il festival Tomorrowland sono stati arrestati, interrogati e rilasciati. L’indagine è per crimini di guerra: durante il festival musicale avrebbero esposto la bandiera della loro brigata.  

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)