(foto EPA)

Tel aviv

Quanto costa alla scienza l'attacco iraniano al Weizmann. La versione di tre esperti

Fiammetta Martegani

Nel raid del 15 giugno, l’Iran ha colpito il cuore della ricerca scientifica israeliana e internazionale: distrutti laboratori, strumentazioni e anni di studi, ma non lo spirito degli scienziati, come raccontano alcuni di loro al Foglio

Tel Aviv. Molti degli obiettivi puntati dal regime di Teheran durante la Guerra dei dodici  giorni non sono stati causali. Dal quartier generale dell’esercito a Tel Aviv alla raffineria petrolchimica di Haifa, dall’ospedale Soroka a Beersheba all’Istituto Weizmann di Rehovot: una delle più grandi istituzioni di ricerca multidisciplinare internazionali, colpito in quanto icona scientifica globale. L’attacco del 15 giugno al campus sembra essere stato una ritorsione contro il “cervello” del paese. Ha danneggiato non solo la ricerca in Israele, ma anche quella delle numerose realtà internazionali che vi collaborano. Fra queste, in l’Italia, il San Raffaele di Milano, il Politecnico di Torino, il Bambino Gesù e il Regina Elena di Roma.

Sono molti anche i ricercatori italiani che da anni lavorano presso l’Istituto israeliano, alcuni hanno raccontato la propria esperienza al Foglio: “Due importanti edifici hanno subìto danni significativi e, con essi, anche lo sviluppo scientifico internazionale – commenta Gavriel Hannuna, scienziato computazionale che applica l’analisi statistica alla biologia – Le aule del Weizmann rappresentano l’eccellenza e il cuore pulsante dell’avanguardia accademica su scala globale: un luogo di ricerca al servizio dell’umanità. Quando ho visto le rovine dell’Istituto sono rimasto scioccato soprattutto pensando a come tutti gli sforzi nella ricerca su cancro, diabete e altre malattie che cerchiamo di sconfiggere da anni, siano stati distrutti in una notte”.  Il danno culturale è ben più esteso di quello materiale – stimato intorno ai 300-500 milioni di dollari – perché ha spazzato via un patrimonio di conoscenza che avrebbe potuto salvare milioni di vite. “Ma non ci fermeremo: in un paese abituato a vivere ciclicamente sotto attacco, quest’ultimo ha rafforzato il desiderio di ricostruire. Perché il Weizmann non è solo l’insieme dei laboratori, ma è anche le straordinarie persone che ogni giorno vi dedicano mente e anima. Possono distruggere gli edifici, ma non potranno mai spezzare lo spirito degli scienziati che lo animano”. 

 

Tra questi, Jasmine Blanga – immunologa – il cui dipartimento è stato colpito dai missili balistici: “Fortunatamente nessuno si trovava nel laboratorio visto che l’impatto è avvenuto di notte. L’indomani siamo immediatamente andati a recuperare, per quanto possibile, ciò che era rimasto, tra cui alcuni campioni congelati e linee cellulari: alcune migliaia sono state recuperate grazie alla pianificazione preventiva, ma ci vorranno anni per ricostruire quanto è andato perso. Ciò nonostante, siamo ottimisti, perché dopo che ricostruiremo l’Istituto saremo ancora più organizzati e prepararti di prima: diventeremo un modello per tutti”.
Lo afferma anche David Ganem, che si occupa di neuroscienze computazionali: “Sono stati distrutti 45 laboratori di scienze della vita, incluso il mio,  e ci vorranno anni per ricostruirli. Tuttavia, molti scienziati colpiti sono stati adottati da altri laboratori per permettere loro di continuare a lavorare: c’è una grande solidarietà tra colleghi, poiché ci si immagina cosa vuol dire perdere anni di ricerca. Israele è un paese resiliente e gran parte della sua forza deriva proprio dal forte sentimento di comunità”.

 

Sia nei confronti della comunità scientifica locale che di quella internazionale, come conferma Debra Barki, specializzata in oncologia del pancreas: “Nel nostro laboratorio cerchiamo di modificare l’ambiente che circonda il tumore, per renderlo meno favorevole alla crescita e alla diffusione delle cellule cancerose. Il nostro scopo è di non limitarsi a ‘tagliare la pianta infestante ma rendere il terreno inadatto alla sua ricrescita’ in modo che, agendo su più fronti contemporaneamente, le terapie possano diventare più efficaci e durature. I missili che hanno colpito il campus hanno distrutto anche il dipartimento dedicato alla ricerca sul cancro. Strumentazioni uniche al mondo, dal valore di milioni di dollari, sono andate distrutte; campioni biologici donati da persone che avevano scelto di contribuire alla scienza sono andati perduti; anni di ricerca, lavoro e speranza sono stati bruciati in pochi istanti. E’ stato un colpo non solo per Israele, ma per l’intera comunità internazionale, e ora il Weizmann sta lavorando senza sosta per tornare operativo. Abbiamo ricevuto una straordinaria ondata di solidarietà da parte di scienziati di tutto il mondo. Perché la scienza è anche questo: cooperazione per costruire un futuro migliore. E da qui ripartiremo: più uniti e determinati che mai”.

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