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Editoriali
Le chiese bruciate in Cisgiordania sono un problema
Le violenze dei coloni non aiutano a difendere la causa d’Israele nel conflitto in corso. L'intervento dei patriarchi e dei capi delle Chiese di Gerusalemme
Prima l’incendio all’antica chiesa di San Giorgio, quindi al vicino cimitero. “Siamo rimasti scioccati, ma più di venti giovani si sono precipitati con me sul posto e sono riusciti a spegnere il fuoco, mentre loro se ne stavano lì a guardare. Hanno anche bloccato alcune strade con le loro auto, impedendoci di utilizzarle, mentre quelle principali, di accesso e uscita da Taybeh, continuano a essere interdette dai posti di blocco dell’esercito e dalle barriere”, ha detto il parroco cattolico di rito latino di Taybeh, l’ultima città “completamente cristiana” rimasta in Cisgiordania. Lunedì sono intervenuti con una Dichiarazione i patriarchi e i capi delle Chiese di Gerusalemme, che si sono recati sul posto: “Negli ultimi mesi, i radicali israeliani hanno portato il loro bestiame a pascolare nelle fattorie dei cristiani sul lato est di Taybeh – l’area agricola – rendendole al meglio inaccessibili, ma nel peggiore dei casi danneggiando gli uliveti da cui le famiglie dipendono. Lo scorso mese, diverse case sono state attaccate da questi radicali, che hanno appiccato incendi ed eretto un cartello con la scritta, tradotta in inglese: ‘Non c’è futuro per voi qui’. La Chiesa è presente fedelmente in questa regione da quasi duemila anni. Rifiutiamo con fermezza questo messaggio di esclusione e ribadiamo il nostro impegno per una Terra Santa che sia un mosaico di fedi diverse, che vivono insieme pacificamente con dignità e sicurezza”.
La furia fondamentalista dei coloni è diretta verso tutti, indistintamente: arabi musulmani e arabi cristiani. Con i primi la questione prioritaria è la terra, con i secondi è religiosa. “Anche in tempo di guerra – si legge nella Dichiarazione – i luoghi sacri devono essere protetti. Chiediamo un’indagine immediata e trasparente sul motivo per cui la polizia israeliana non ha risposto alle chiamate di emergenza della comunità locale e perché queste azioni abominevoli continuino a rimanere impunite”. La ragione, che gli esponenti cristiani conoscono, è dovuta al peso che i partiti della destra religiosa hanno nel governo Netanyahu. Di certo, l’inazione non contribuisce a rendere giustizia alle ragioni israeliane nel conflitto in corso.


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