
Ansa
a Bogotà
Dai dittatori a Francesca Albanese: chi c'è in Colombia alla festa terzomondista contro Israele
Gustavo Petro riunisce a Bogotà il Gruppo dell'Aia, un blocco di stati che include paesi non democratici ma anche Spagna e Irlanda, uniti dall'obiettivo di promuovere il boicottaggio e le sanzioni contro Tel Aviv. All'incontro partecipa anche la relatrice speciale delle Nazioni Unite per la Palestina
Una volta c’era la Caracas di Hugo Chavez. Oggi è la Bogotà di Gustavo Petro, presidente della Colombia. Anche la Spagna e l’Irlanda oggi saranno nel paese latinoamericano per adottare “misure concrete” contro Israele. Fondato all’inizio di quest’anno, il “Gruppo dell’Aia” è un blocco di stati che include Sudafrica, Cuba e Malesia, uniti dall’obiettivo di promuovere il boicottaggio e le sanzioni contro Israele. Tra gli stati che inviano diplomatici al vertice colombiano figurano Algeria, Bangladesh, Bolivia, Brasile, Cile, Cina, Cuba, Gibuti, Honduras, Indonesia, Irlanda, Libano, Malesia, Namibia, Nicaragua, Oman, Portogallo, Spagna, Qatar, Turchia e Uruguay.
Dunque ci sono dittature come l’Algeria e la Cina, vecchie glorie dell’“antimperialismo” come Cuba e Nicaragua, la Turchia di Erdogan, emirati come Qatar e Oman e democrazie come il Brasile, che sotto la sinistra di Ignazio Lula da Silva non vogliono perdere il treno del terzomondismo, ma anche i paesi europei più schierati contro il popolo ebraico e Israele, come appunto Madrid e Dublino. Manca soltanto l’Iran, che pure sostiene l’incontro in Colombia (Teheran è accusata di aver finanziato anche l’azione legale del Sud Africa contro Israele alla Corte dell’Aia).
È prevista la partecipazione a Bogotà della relatrice speciale delle Nazioni Unite per la Palestina, Francesca Albanese, sanzionata dal Dipartimento di Stato americano all’inizio di questa settimana (“ogni governo dovrebbe essere presente in Colombia” ha detto Albanese). Ci saranno anche il capo dell’Unrwa, Philippe Lazzarini, sotto osservazione e critica dall’attacco del 7 ottobre per le collusioni fra Hamas e l’agenzia dell’Onu. Dovrebbero essere presenti anche l’ex leader del Labour britannico, Jeremy Corbyn, e l’ex ministro delle Finanze greco, Yanis Varoufakis, ma anche Rima Hassan, l’europarlamentare della France Insoumise che con Greta Thunberg ha appena provato (e fallito) a rompere il blocco di Gaza (Hassan è stata bandita da Israele per aver detto che i fratellini Bibas non li hanno ucciso i terroristi di Gaza).
E in Irlanda, oggi, il Parlamento dovrebbe portare al voto finale una legge che vieta l’importazione di prodotti realizzati nelle comunità ebraiche di Giudea e Samaria, definendone la vendita un reato. Il disegno di legge, che gode del sostegno sia della coalizione di governo che dell’opposizione, renderebbe reato commerciare con gli israeliani nei territori del 1967 e in alcune zone di Gerusalemme. Richiama il boicottaggio di Israele da parte della Lega Araba, abbandonato da tempo. Imporrebbe anche alle aziende americane con una presenza in Irlanda di violare le leggi federali concepite per contrastare il precedente boicottaggio. Sarebbe la prima volta che uno stato occidentale impone un boicottaggio legale contro i prodotti ebraici.
La Colombia di Petro, che a gennaio ha detto che “il sionismo controlla la finanza mondiale”, guida dunque l’appeasement dei terroristi di Hamas, mentre i terroristi al suo interno hanno aggiunto migliaia di membri e ampliato il loro controllo territoriale negli ultimi tre anni, secondo un rapporto sulla sicurezza interna visionato da Reuters. E in Colombia si continua a morire per meno dei guerriglieri. Petro, primo presidente colombiano di sinistra ed ex membro del movimento terroristico M-19, aveva lanciato una politica di “pace totale” al suo insediamento. La stessa “pace” che i terzomondisti di tutto il mondo riuniti a Bogotà vorrebbero imporre a Israele.