Fra America e Cina

Il caso Xu Zewei rischia di diventare l'ennesimo problema di Tajani

Giulia Pompili

Mentre Washington chiede una rapida estradizione per il presunto caso di cyberspionaggio, e Rubio aspetta risposte dal ministro degli Esteri la prossima settimana, la Cina manda messaggi neanche troppo criptici. L'equilibrismo del governo Meloni alla prova

Sul tavolo del ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani è arrivato l'ennesimo dossier particolarmente delicato. E' uno di quelli che dovrà affrontare la prossima settimana quando incontrerà a Washington il suo omologo dell'Amministrazione Trump, Marco Rubio. Il segretario di stato americano, infatti, secondo quanto ricostruito dal Foglio vorrà dal ministro una risposta di massima sul caso dell'estradizione di Xu Zewei, cittadino cinese arrestato a Malpensa il 3 luglio scorso su richiesta dell'Fbi perché accusato di spionaggio. Alla Farnesina si prepara il dossier, mentre a Pechino è arrivato ieri il vicepremier e ministro dei Trasporti italiano Matteo Salvini. Sulla vicenda è già intervenuta due giorni fa Mao Ning, portavoce del ministero degli Esteri cinese, che ha detto rispondendo a una domanda dell'Afp: “Chiediamo al lato italiano di prendere misure concrete per proteggere i legittimi diritti e interessi del cittadino cinese”. Una frase che è sembrata un avvertimento, più che una raccomandazione.

 

L'Fbi sta dando molto risalto all'arresto avvenuto in Italia, rendendo la delicata fase del processo di estradizione se possibile più complicata. Ieri Nicholas J. Ganjei, procuratore del distretto meridionale del Texas, vicino al senatore repubblicano e falco anticinese Ted Cruz, ha fatto una conferenza stampa per parlare dell'arresto in Italia di Xu Zewei, e l'ha fatto con toni quasi epici: “Sebbene gli hacker sponsorizzati dallo Stato cinese vengano occasionalmente incriminati dal dipartimento di Giustizia”, ha detto Ganjei, “è estremamente raro, anzi praticamente inaudito, riuscire davvero a catturarli. Dal 2023 gli Stati Uniti hanno atteso con calma e pazienza che Xu commettesse l'errore che lo avrebbe condotto alla portata del sistema giudiziario americano. E la scorsa settimana l'ha fatto, viaggiando da Shanghai a Milano, in Italia. Una volta atterrato in Italia, è stato prontamente arrestato dalle autorità italiane. Ora è in attesa di estradizione negli Stati Uniti e siamo profondamente grati ai nostri partner italiani per la loro assistenza in questo caso”.

 

L'agente speciale dell'Fbi Douglas Williams ha ribadito la “magnitudine” dell'inchiesta che è iniziata nel 2020 e finora ha portato solo al fermo di Xu: è facile intuire quanto la polizia federale degli Stati Uniti – guidata da uno degli uomini più vicini a Donald Trump, Kash Patel – abbia bisogno dell'estradizione di Xu per riuscire eventualmente a ottenere ulteriori informazioni, ma soprattutto per mandare un messaggio sia alla Repubblica popolare sia alla base elettorale trumpiana. Secondo l'atto formale pubblicato ieri, Xu è accusato “insieme a Zhang Yu nell’ambito di un'incriminazione in nove capi d’accusa presentata nel novembre 2023”: entrambi avrebbero partecipato “ad attività di spionaggio informatico sotto la direzione degli ufficiali del ministero della Sicurezza di stato (Mss) cinese, e in particolare dell’ufficio per la Sicurezza statale di Shanghai (Sssb)”. Nella primavera del 2021 in realtà si è parlato moltissimo della report di Microsoft che rivelava una campagna di hackeraggio poi chiamata Hafnium, che colpì migliaia di computer in tutto il mondo. Fu uno dei primi casi di “attribution” contro la Cina, che significa che dopo le indagini gli Stati Uniti, il Regno Unito, l'Australia e l'Unione europea, con un comunicato del Consiglio dell'Ue, attribuirono direttamente alla leadership cinese l'uso di gruppi hacker per fare spionaggio cibernetico, e non solo per rubare informazioni sulla messa a punto dei vaccini contro il Covid ma anche per monitorare diverse istituzioni pubbliche occidentali.

 

 

Due giorni fa alla quinta Sezione penale d’Appello del tribunale di Milano c'è stata la prima udienza formale di Xu Zewei, che si è presentato in tshirt nera, accompagnato dalla moglie. Secondo quanto riferito ai giornalisti dal suo avvocato, Enrico Giarda, Xu ha ipotizzato uno scambio di persona o un furto della sua identità online per portare avanti le attività criminali e di spionaggio. Secondo le informazioni raccolte dal Foglio, è possibile che i funzionari cinesi tenteranno un approccio informale sul caso Xu già oggi con Salvini. Il vicepremier ieri ha incontrato i vertici del gruppo automobilistico Byd e oggi incontrerà il ministro dei Trasporti Liu Wei prima di spostarsi a Shanghai. Ma chi è informato sul caso si aspetta parecchie pressioni anche dal lato americano: Rubio, e l'Fbi, vogliono Xu il prima possibile su suolo americano e vogliono una risposta anticipata da Tajani. Ma da un lato i tempi della giustizia italiana sono quelli che sono, dall'altro non è detto che il governo italiano scelga per la prima volta di prendere una posizione formale sullo spionaggio cibernetico cinese (l'Italia non ha mai attributo alla leadership cinese un attacco hacker, sebbene ne abbia subiti diversi, anche contro suoi parlamentari). La questione è più importante di quello che potrebbe sembrare.

  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.