
(foto EPA)
l'odio contro gli ebrei
Così l'antisemitismo in Australia è diventato terrore organizzato
Sinagoghe bruciate e ristoranti israeliani attaccati. Le fiamme dell’odio bruciano le strade di Melbourne (e non solo)
Dagli “israeliani non benvenuti” nelle taverne napoletane a “morte ai soldati israeliani” nei ristoranti australiani è stato un attimo. Una notte di spaventosa violenza per la comunità ebraica di Melbourne, Australia. Nel giro di pochi minuti, il ristorante israeliano Miznon è stato aggredito al grido di “morte alle Forze di difesa israeliane”. Poco dopo, la sinagoga Adass Israel è stata data alle fiamme nel quartiere sud-orientale della città e ore dopo le auto di proprietà di un commerciante ebreo vandalizzate e date alle fiamme. All’interno della sinagoga si trovavano i primi fedeli di Shabbath, riusciti a fuggire dal retro. Uno di loro ha riportato ustioni. L’edificio è stato gravemente danneggiato, con libri sacri ebraici e arredi distrutti. Tra gli ebrei australiani c’è la sensazione di essere abbandonati in un paese dove il multiculturalismo è sempre stato una festa, ma dove ora più di uno sostituendo i semiti con i sionisti crede di potersi scrollare dalla coscienza il peso dell’antisemitismo.
Il primo ministro australiano, Anthony Albanese, ha condannato gli attacchi: “La violenza e l’intimidazione contro un luogo di culto sono uno scandalo. L’antisemitismo non ha posto in Australia”. Anche il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, ha commentato gli attacchi, definendolo “un crimine atroce”. Ma quanto sia grave la situazione è stato eloquentemente riassunto da Josh Frydenberg, ex ministro del Partito liberale di fede ebraica: “L’antisemitismo non dovrebbe verificarsi nel nostro paese e non lo considero solo una minaccia per la comunità ebraica australiana. Se questi attacchi stessero accadendo a qualsiasi altro gruppo minoritario nel nostro paese – a omosessuali, a persone di origine indigena, a persone di altri gruppi minoritari – non lo accetteremmo nemmeno per un minuto. Chiederemmo ai nostri governi un’azione più decisa e rapida. Ma, per qualche ragione, con la comunità ebraica come obiettivo, molte persone hanno alzato le spalle e hanno semplicemente ignorato la questione, non agendo come avrebbero dovuto”.
A febbraio, due infermieri del Bankstown Hospital di Sydney, Ahmad Rashad Nadir e Sarah Abu Lebdeh, sono stati sospesi dai loro incarichi dopo aver dichiarato in una diretta streaming, durante il turno di notte in ospedale, che avrebbero ucciso i loro pazienti israeliani. Per la prima volta in occidente degli operatori sanitari hanno dichiarato apertamente la loro intenzione di uccidere i pazienti in base alla nazionalità. L’Australia è il paese che ospita la più grande percentuale di sopravvissuti all’Olocausto al di fuori di Israele e l’antisemitismo ormai è fuori controllo.
Dalla folla che cantava “dov’è l’ebreo” davanti alla Sydney Opera House meno di quarantotto ore dopo il massacro del 7 ottobre, alla scoperta di un’auto piena di esplosivi destinati a una sinagoga di Sydney, ora siamo al terrore organizzato. Un incendio doloso aveva colpito un’altra sinagoga, la Adass Israel di Melbourne, e poi c’era stato un tentativo di incendio alla residenza del presidente del Consiglio esecutivo dell’ebraismo australiano (il massimo organismo ebraico). Poi una panetteria ebraica è stata vandalizzata. Altri attacchi hanno visto l’incendio di un asilo nido di Sydney vicino a una sinagoga. Daniel Aghion, presidente dell’Executive Council of Australian Jewry, ha ricordato che episodi simili non colpiscono altri gruppi etnici o religiosi legati a conflitti internazionali: “Non vediamo ristoranti russi o sudanesi attaccati, solo quelli israeliani, gestiti da cittadini australiani”.
“Morte alle Forze di difesa israeliane”: così il famigerato coro del festival inglese di Glastonbury trasmesso dalla Bbc si è diffuso fino in Australia. Intanto ieri, fuori dalla Commissione europea, una serie di poster hanno preso di mira ebrei e sostenitori filo-israeliani per nome, accusati di “lobbying per il genocidio”. Alex Benjamin, vicepresidente dell’Associazione Ebraica Europea, una delle organizzazioni prese di mira, ha detto: “Siamo arrivati a un punto in cui gli ebrei e coloro che difendono Israele vengono demonizzati e queste persone ci mettono dei bersagli sulla schiena”. Non è successo a Teheran o a Ramallah, ma nel cuore della vecchia Europa dove è stato sventato un altro complotto iraniano per colpire obiettivi ebraici.