Ansa

in Spagna

Così i popolari spagnoli vorrebbero approfittare degli scandali del premier Sánchez

Guido De Franceschi

Norme più stringenti per contrastare la corruzione all'interno del partito e il sostegno al premier. L'ostilità di Alberto Núñez Feijóo, che il congresso del Partito popolare ha appena re-incoronato come leader. Il Pp galleggia ma l'estrema destra vede migliorare le proprie prospettive

Nello scorso fine settimana i due grandi partiti spagnoli hanno svolto congressi paralleli. Anzi, per la precisione, i popolari del Pp hanno svolto un vero congresso, mentre i socialisti del Psoe – alle prese con gli scandali che hanno rivelato che (molto probabilmente) due esponenti di primo piano del partito e un loro stretto collaboratore erano gli organizzatori di un sistema di tangenti in cambio di appalti – hanno tenuto un delicato Comitato federale. Per quanto riguarda i socialisti, è presto detto: il premier Pedro Sánchez si è detto contrito per essersi fidato delle persone sbagliate, ha annunciato norme più stringenti di contrasto alla corruzione all’interno del partito e, in generale, nella gestione degli appalti pubblici e ha promosso l’introduzione di una novità: l’espulsione dal Psoe di chi ingaggia prostitute. Le trascrizioni delle telefonate in cui due degli indagati, l’ex ministro dei Trasporti José Luis Ábalos e il suo uomo di fiducia Koldo García, passavano in rassegna i nomi di un certo numero di sex worker, compilando una specie di personale escort advisor, hanno infatti suscitato molta indignazione. Ed è quindi anche per ribadire l’antimachismo dei socialisti che Sánchez ha scelto una donna, Rebeca Torró, come nuova segretaria dell’organizzazione del Psoe, in sostituzione di Santos Cerdán, ora ospite del penitenziario di Soto del Real (dettaglio tragicomico: Torró avrebbe dovuto avere tre vice, ma uno di loro, Paco Salazar, giusto un’oretta prima del Comitato federale, si è dimesso da ogni carica nel partito perché accusato di molestie da alcune colleghe).


In ogni caso, Sánchez ha ricevuto un monolitico sostegno dai suoi: sono intervenuti contro di lui solo il presidente della Castilla-La Mancha, Emiliano García-Page, che nel contesto del partito ha ormai un ruolo da contrarian, e la sindaca di Palencia, Miriam Andrés. L’appuntamento è per domani, quando Sánchez parlerà in Parlamento e misurerà quanto sostegno possa ancora aspettarsi dai partiti che hanno sostenuto fin qui l’esecutivo. A margine del “cade/non cade, cade/non cade, cade/non cade” riferito a Sánchez (spoiler alert: lui non ha intenzione alcuna di cadere), è opportuno capire chi ci sia dall’altra parte e se sia pronto a guidare il governo – previo un passaggio dalle urne, visto che sembra ormai esclusa la possibilità di spodestare Sánchez con una “mozione di censura”, che è l’espressione con cui gli spagnoli definiscono la sfiducia costruttiva.


Dall’altra parte c’è Alberto Núñez Feijóo, che il congresso del Pp ha appena re-incoronato come leader, conferendogli un potere che non aveva mai avuto, dal momento che gli ha consentito di collocare due mastini di sua completa fiducia, Miguel Tellado ed Ester Muñoz, nei ruoli chiave di segretario generale del partito e di portavoce in Parlamento. Nel suo intervento al congresso del Pp, l’ex premier José María Aznar (oltre a dire che Sánchez dovrebbe essere messo in galera) ha affermato: “Se chiediamo un mandato chiaro agli elettori, dobbiamo essere chiari su quale sia il progetto per il quale stiamo chiedendo il loro sostegno”. Ecco, proprio questo è uno dei punti deboli di Feijóo: la mancanza di un’idea chiara di paese da proporre agli spagnoli che vada al di là dei montaliani “ciò che non siamo” (ovvero: sanchisti) e “ciò che non vogliamo” (ovvero: la prosecuzione del sanchismo) e delle tonitruanti affermazioni sulla corruzione degli avversari alle quali, per i socialisti, è persino troppo facile rispondere: “Ma da che pulpito!”.


Non per nulla, a fronte del sensibile calo dei socialisti nei sondaggi, il Pp si limita a galleggiare ed è invece l’estrema destra di Vox ha veder migliorare sempre di più le proprie prospettive. Ed eccoci quindi al secondo punto debole di Feijóo: le alleanze. Il leader popolare ha detto che lui governerà da solo e che non infliggerà agli spagnoli le turbolenze di un governo di coalizione come quello guidato da Sánchez, a costo di tornare al voto qualora Vox non si piegasse a un appoggio esterno. Benissimo. Dal momento, però, che è escluso che il Pp possa avere la maggioranza assoluta dei seggi, non si capisce come e perché un futuro governo Feijóo, ancorché di minoranza invece che di coalizione, potrà essere più immune alle bizze di chi gli fornirà i voti mancanti. Intanto, al congresso, sgusciando tra le pretese dei centristi e quelle dei falchi, Feijóo si è rifiutato sia di ipotizzare un cordone sanitario antiVox sia di escludere accordi con gli indipendentisti catalani. D’altronde, avrà bisogno degli uni o degli altri, se non di entrambi. ¡Mucha suerte!

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