
(foto EPA)
editoriali
Dal Kursk a un colpo di pistola. La morte del ministro Starovoit e la ricerca delle colpe nel sistema Putin
La carriera di Roman Starovoit come ministro dei Trasporti della Federazione russa è durata poco più di un anno, si è conclusa con un colpo di pistola dentro la sua automobile. Quando qualcosa va storto, il Cremlino trova sempre il capro espiatorio
La carriera di Roman Starovoit come ministro dei Trasporti della Federazione russa è durata poco più di un anno, si è conclusa con un colpo di pistola dentro l’automobile del ministro parcheggiata a Odintsovo, a 24 chilometri da Mosca. Secondo le autorità russe si è trattato di un suicidio, che si aggiunge alla scia di altre morti, etichettate come suicidi, di funzionari o uomini d’affari deceduti negli ultimi tre anni. La storia di Starovoit è particolare: prima di andare al ministero dei Trasporti, era stato governatore dell’oblast di Kursk, la regione in cui nell’agosto dello scorso anno, gli ucraini iniziarono un’incursione che andò avanti per mesi nel tentativo riuscito di distrarre le forze di Mosca. L’esercito di Kyiv riuscì a penetrare con tanta facilità perché le difese delle regioni russe di confine erano mal organizzate, di fatto erano bucate. Per rendere le frontiere più solide, il Cremlino avrebbe destinato del denaro per costruire delle fortificazioni.
A Kursk era stato destinato un miliardo di rubli, più di dodici milioni di euro. Il successore di Starovoit è stato arrestato per corruzione assieme ad altri suoi collaboratori, il ministro non era direttamente coinvolto, ma, secondo il Kommersant, i suoi collaboratori avevano fatto il suo nome nei casi di appropriazione indebita. Poche ore prima della notizia della morte, il Cremlino aveva sostituito Starovoit con Andrei Nikitin, che poi è apparso in un video con Vladimir Putin, seduto davanti al presidente annuisce mentre ascolta le sue raccomandazioni. Quando qualcosa va storto, il Cremlino trova sempre il capro espiatorio. A Kursk la penetrazione delle forze ucraine ha fatto emergere una fragilità delle forze russe a cui Vladimir Putin non può non dare risposta: se a Kursk c’è stato un giro di corruzione, è lo stesso che il Cremlino alimenta da anni. I suicidi misteriosi che si sommano dall’inizio della guerra raccontano la storia di un sistema di potere coriaceo, ma con più falle di quello che Mosca vorrebbe.