
Isabel Allende (foto Getty)
libri e boicottaggio
Isabel Allende e gli altri scrittori che rifiutano la traduzione in ebraico (ma in Iran va bene)
Deborah Harris nell’ultimo mezzo secolo ha rappresentato i diritti di traduzione di 140 scrittori israeliani ed ebrei in oltre cinquanta paesi. Ora, in un’intervista drammatica al magazine Hadassah, rivela quanto sia salito il livello del boicottaggio, con un peso sulle vendite di circa il 70 per cento
Un anno dopo il 7 ottobre 2023, l’agente letteraria più famosa di Israele, Deborah Harris, aveva scritto sul New York Times un editoriale dal titolo “Stop al boicottaggio della cultura israeliana”, con cui si esprimeva contro l’appello al boicottaggio degli scrittori e della cultura israeliani sottoscritto da alcuni importanti romanzieri fra cui Sally Rooney, Arundhati Roy, Annie Ernaux e Percival Everett. “Contribuire alla soluzione del conflitto – aveva scritto – non può voler dire leggere di meno, ma di più”. Harris, 69 anni, è la direttrice della Deborah Harris Agency, che nell’ultimo mezzo secolo ha rappresentato i diritti di traduzione di 140 scrittori israeliani ed ebrei in oltre cinquanta paesi e funge anche da agente in Israele per oltre 230 editori e agenzie letterarie internazionali. In pratica, tutti i big letterari passano da lei per pubblicare in Israele. Ora, in un’intervista drammatica al magazine Hadassah, rivela quanto sia salito il livello del boicottaggio: “Avrei pensato che un anno e mezzo dopo le cose sarebbero andate meglio, ma non è così”. Harris ha appena ricevuto una lista di autori internazionali che non saranno pubblicati in Israele. “Romanzieri come Isabel Allende e Fredrik Backman la esprimono in termini come: ‘Questo non è il momento giusto per pubblicare in Israele’ o addirittura ‘non vorrò mai essere pubblicato in Israele’”.
Le conseguenze sono pesanti. “L’anno scorso, le vendite della mia agenzia sono diminuite di circa il 70 per cento. Abbiamo perso molti clienti e amici. Non vendo un progetto letterario israeliano dal 7 ottobre di due anni fa. Temo che la prossima generazione di scrittori israeliani rimarrà sconosciuta in tutto il mondo. Ricevo anche dieci nuove richieste a settimana da scrittori ebrei americani che non possono più lavorare con i loro agenti, perché i loro agenti non vogliono lavorare con loro”.
Dopo il golpe di Augusto Pinochet in Cile, in cui perse la vita il presidente Salvador Allende, seguirono roghi di libri considerati “marxisti”, tra cui il romanzo di Gabriel García Márquez “Le avventure di Miguel Littin, clandestino in Cile”. La nipote di Allende si arruola ora volentieri tra i nuovi bruciatori di libri, ma non vede problemi a farsi tradurre in iraniano da case editrici come la Morvarid. Così come Sally Rooney, che non vuole essere tradotta in ebraico, ma non ha battuto ciglio quando il suo romanzo “Persone normali” è apparso in farsi, tradotto dalla casa editrice iraniana Shani. Sarebbero state elogiate se avessero boicottato l’industria editoriale iraniana? Sarebbero, piuttosto, etichettate come “islamofobe” in questa Glastonbury occidentale.