
Dialogo sul dialogo
A Ginevra gli europei ottengono dall'Iran un misero: continuiamo a parlarci
Dopo che il presidente americano Trump ha dato due settimane di tempo alla diplomazia, i ministri degli Esteri di Londra, Parigi e Berlino, assieme all'Alto rappresentante Kallas, si sono rimessi a un tavolo da cui erano stati espulsi. Ma non hanno ottenuto granché
Stavamo negoziando e poi è arrivata l’aggressione israeliana contro di noi, ha detto il ministro degli Esteri della Repubblica islamica d’Iran, Abbas Araghchi, al Consiglio dei diritti umani dell’Onu a Ginevra: Israele ha “tradito” il processo diplomatico con l’operazione militare. Poi ha incontrato i ministri di Regno Unito, Germania, Francia e Unione europea: il colloquio è durato circa tre ore, quando c’è stata una pausa e una discussione con le proprie delegazioni s’è sperato che ci fosse davvero qualcosa di deciso, poi gli europei sono usciti a parlare con i giornalisti e hanno detto che è stato convenuto di continuare a parlarsi, perché “la soluzione al programma nucleare iraniano non si può trovare soltanto attraverso la via militare”, ha detto il francese Jean-Noël Barrot. E’ così che si procede in questa stagione di negoziati che non lo sono: accordandosi per rivedersi, talks about talks, sintetizzano efficacemente gli inglesi.
Araghchi ha provveduto a scrollarsi di dosso, prima ancora di iniziare, la responsabilità che tutti, anche chi contesta Israele, attribuiscono al suo paese, cioè quella di non aver mai di fatto negoziato nemmeno con un Donald Trump particolarmente incline a un accordo purchessia. Dopo che il presidente americano ha dato due settimane di tempo alla diplomazia – la guerra continua – gli europei si sono così rimessi a un tavolo da cui erano stati espulsi. L’inglese David Lammy, il tedesco Johann Wadephul, il francese Barrot, assieme all’Alto rappresentante per la politica estera europea Kaja Kallas, si sono coordinati sulla terrazza del consolato tedesco di Ginevra prima dell’incontro con Araghchi. L’Iran ha continuato a ripetere di non volere contatti diretti con l’America, che ora considera “partner nei crimini” di Israele, finché continua la guerra, ma la Reuters ha scritto ieri che i colloqui tra l’inconcludente inviato trumpiano Steve Witkoff e lo stesso Araghchi sono continuati anche negli scorsi giorni. Secondo i diplomatici sentiti dall’agenzia, in queste conversazioni c’è stata una breve discussione su una proposta degli Stati Uniti all’Iran consegnata alla fine di maggio, che mirava alla creazione di un consorzio regionale per l’arricchimento dell’uranio al di fuori dell’Iran: Teheran l’aveva rifiutata.
A Ginevra, il ministro degli Esteri britannico Lammy ha portato ai suoi colleghi europei il messaggio vago di Marco Rubio, segretario di stato americano, che giovedì è stato a Londra: esiste “una finestra” di due settimane per una soluzione diplomatica (Rubio, come molti altri dell’Amministrazione, sembra non avere una grande influenza sul processo decisionale di Trump). Questo è il minimo da cui si è partiti, perché gli europei si trovano di fronte non soltanto all’intransigenza dell’Iran, che non vuole porre fine all’arricchimento dell’uranio né discutere i termini della sua capacità balistica, ma anche all’ingestibile volubilità trumpiana, che ha funestato il G7 di inizio settimana e che ha scandito gli scorsi giorni, passando dalla richiesta di una resa incondizionata a Teheran a una pausa di riflessione, si fa per dire, di due settimane. In questa trattativa, gli europei scontano il fatto di essere stati scalzati dai colloqui diretti tra Stati Uniti e Iran e di non essere nemmeno più partner preferenziali di un’America che svilisce le sue alleanze, mentre hanno iniziato a evacuare i loro cittadini, intravedendo la possibilità che una fine immediata degli attacchi non sia concreta.
Il presidente francese, Emmanuel Macron, aveva fatto intendere che l’obiettivo di questo incontro fosse più ambizioso, parlando di “un’offerta di negoziato onnicomprensiva”, che porti ad azzerare l’arricchimento dell’uranio, oltre che limitare l’attività missilistica dell’Iran e il finanziamento dei gruppi terroristici (se vi sembra di aver già sentito queste condizioni è perché erano la base del negoziato del 2015, che portò all’accordo sul nucleare poi collassato con il ritiro degli Stati Uniti durante il primo mandato di Trump). Ma le aspettative sono state frustrate, gli europei sono soltanto riusciti a ripetere agli iraniani di continuare il dialogo con gli americani e di farlo anche se la guerra continua, mentre gli iraniani possono continuare a dire di non essere loro quelli che non vogliono negoziare, che considerando le prime parole di Araghchi a Ginevra era probabilmente il loro unico obiettivo.