
Ansa
il colloquio
Le iniziative francesi contro Israele per ottenere consensi facili. Parla Isabelle Laserre
La politica di Emmanuel Macron in medio oriente è fatta di passi in avanti e passi indietro compulsivi. Un metodo a "zig zag" già utilizzato per il conflitto tra Israele e Hamas, si sta ripresentando con la situazione iraniana. "Stanno emergendo i limiti della strategia dell'en même temps’” dice la storica reporter di guerra del Figaro
Parigi. Lo scorso aprile, in un’intervista su France 5, il presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, disse che Parigi era pronta riconoscere la Palestina come stato “nei prossimi mesi” e che l’annuncio ufficiale sarebbe arrivato nel quadro di una conferenza internazionale a New York co-organizzata dalla Francia e dall’Arabia Saudita. Il 30 maggio, da Singapore, ribadì il suo auspicio: “Riconoscere uno stato palestinese non è semplicemente un dovere morale, ma un’esigenza politica”. E invitò gli altri paesi europei a “inasprire la loro posizione collettiva contro Israele se non ci sarà una risposta commisurata alla situazione umanitaria nella Striscia di Gaza”. Ma la conferenza di New York per il riconoscimento della Palestina, prevista mercoledì, non si è mai svolta. Il piano del presidente francese si è sfaldato sotto i colpi delle operazioni di Tsahal contro gli impianti nucleari iraniani. “Il principe ereditario saudita (Mohammed Bin Salman, ndr) e il presidente dell’Autorità palestinese (Mahmoud Abbas, ndr) mi hanno detto che non c’erano le condizioni logistiche, fisiche, di sicurezza e politiche per recarsi a New York”, ha detto Macron venerdì durante un punto stampa all’Eliseo, promettendo che la nuova data della conferenza “verrà fissata il prima possibile”. “Questo rinvio non mette in alcun modo in discussione la nostra determinazione a procedere verso l’attuazione della soluzione dei due stati, qualunque siano le circostanze”, ha affermato il presidente francese.
“La conferenza di New York è una delle vittime collaterali del conflitto tra Iran e Israele. Ufficialmente, è stata annullata per motivi logistici, legati alla guerra in corso. Ma il passo indietro è legato anche allo scarso sostegno all’iniziativa francese da parte degli altri paesi, in particolare europei”, dice al Foglio Isabelle Lasserre, storica reporter di guerra del Figaro ed esperta di questioni geopolitiche e strategiche. Macron sperava di creare un “effetto a catena” internazionale sulla scia di quanto fatto da Spagna, Norvegia e Irlanda, che hanno formalizzato il riconoscimento della Palestina nel maggio del 2024: sperava di poter essere il regista di una “soluzione politica” al conflitto israelo-palestinese. “Per Macron, la conferenza doveva essere uno dei grandi momenti diplomatici dell’anno. Ma l’iniziativa francese, col passare delle settimane, si è svuotata della sua sostanza. Anche perché le condizioni per una soluzione a due stati erano tutt’altro che scontate: riconoscimento reciproco, rilascio degli ostaggi israeliani, smilitarizzazione di Hamas, riforma dell’Autorità palestinese”, spiega al Foglio la giornalista del Figaro.
Dai massacri di Hamas in Israele del 7 ottobre 2023, “stanno emergendo i limiti della strategia dell’‘en même temps’”, dice al Foglio Lasserre, definendo la politica di Macron in medio oriente una “politica a zig-zag”: “Prima ha proposto una ‘coalizione anti-Hamas’, poi ha chiesto il boicottaggio delle armi destinate a Israele e infine ha definito ‘inaccettabile’, ‘vergognoso’, quello che sta facendo il premier israeliano Benjamin Netanyahu a Gaza”. Lo stesso zig-zag diplomatico cui stiamo assistendo in questi primi giorni di guerra tra Iran e Israele. “Il primo giorno di attacchi israeliani contro gli impianti nucleari iraniani, Macron ha difeso lo stato ebraico, sostenendo ‘il diritto di Israele a proteggersi e a garantire la propria sicurezza’ e annunciando che Parigi è disponibile, se necessario, a partecipare alle ‘operazioni di protezione e difesa’ di Israele. Ma al quarto giorno di guerra, dalla Groenlandia, ha fatto un passo indietro: chiedendo una ‘de-escalation’ tra i due paesi e un ritorno ai ‘colloqui’. Il tutto mentre a Parigi, su indicazione del governo, gli stand israeliani che esponevano materiale bellico offensivo al Salone del Bourget venivano nascosti e coperti con pareti nere”, sottolinea la giornalista del Figaro.
L’ultima mossa contro le aziende israeliane al Bourget, assieme agli attacchi ripetuti alle politiche di Netanyahu, vanno letti anche come un tentativo di “risalire negli indici di popolarità tra i cittadini musulmani in Francia e gli stati arabi del medio oriente”, spiega Isabelle Lasserre. Un ex diplomatico francese, al Figaro, ha affermato che l’inasprimento delle posizioni anti israeliane “è legato al declino della nostra popolarità nel Sud globale, in paesi importanti come l’India e il Brasile. Dovevamo trovare un modo per tornare al centro dei giochi”.