L'altra difesa

Come funzionano i soccorsi del Magen David Adom durante gli attacchi iraniani

Priscilla Ruggiero

Sono almeno 24 le vittime dei bombardamenti di Teheran, tutte civili, centinaia i feriti dai missili che hanno colpito condomini ed edifici residenziali. Così Israele si attiva durante le emergenze

Cinque giorni dopo l’inizio  dell’operazione “Rising Lion” lanciata giovedì scorso da Israele contro il programma nucleare iraniano, sono almeno 24 le vittime dei bombardamenti iraniani, tutte civili,  centinaia i feriti. I missili hanno colpito  condomini ed edifici residenziali  anche nelle città di Tel Aviv,  Bnei Brak,  Haifa. Ieri  a Petah Tikva, a est di Tel Aviv, un missile iraniano ha colpito un edificio di venti piani  causando  gravi danni al  quarto e al quinto piano: sono morte quattro persone, due erano nei “mamad”, i rifugi usati dai civili per proteggersi in caso di attacco. Questo perché i bombardamenti degli scorsi giorni sono diversi da quelli a cui gli israeliani sono abituati, “sono missili balistici, molto diversi da quelli sparati da Gaza e dal Libano”, sono in grado di portare  duecento chili di tritolo, volano molto più velocemente dei razzi e “nonostante circa il 95 per cento venga  intercettato, alcuni   sono in grado di penetrare la difesa aerea di Israele. E quando un missile che trasporta duecento chili colpisce direttamente un edificio,    colpisce un’intera strada”, spiega in  un briefing con giornalisti stranieri Uri Shacham, paramedico e capo dello staff di Magen David Adom (Mda), in italiano “Stella rossa di David”,  il servizio nazionale israeliano  di emergenza medica,  di soccorso in caso di calamità, ambulanza e banca del sangue.  

 

Shacham racconta le lunghe notti di soccorso e intervento delle squadre dell’Mda, abituate a  casi di ferite da taglio per le schegge dei razzi intercettati, che in questi giorni affrontano scenari diversi: “Le scene sono molto più difficili da controllare. Ora (le squadre, ndr) trovano edifici parzialmente crollati, incendi che divampano,  pazienti con ferite da schiacciamento, inalazione di fumo, completamente coperti di fuliggine, acqua e detriti. (…) Le ferite sono diverse perché si tratta di ferite da esplosione, più difficili da analizzare o valutare sul campo: stiamo parlando di numeri che sono molto più alti di quelli che abbiamo avuto negli ultimi 10, 15, 20 anni.  E’ un grande cambiamento, ma  ci stiamo adattando   per fare tutto il necessario”. Ori Lazarevic è uno  dei primi paramedici dell’Mda a essere arrivato  sul  luogo di uno degli attacchi nel distretto centrale di Israele,  “i soccorritori e le squadre che arrivano sul posto cercano di aiutare le persone a orientarsi, a gestire il panico e si assicurano che tutti si mettano al sicuro il più velocemente possibile, perché non sappiamo quando il prossimo missile colpirà: gli edifici stanno  crollando davanti ai nostri occhi”. Le squadre del Magen David Adom si coordinano sul posto con l’Home Front Command, responsabile della  protezione civile israeliana che si occupa di estrarre le persone dalle macerie o dagli incendi: l’Mda si occupa invece delle fasi iniziali,  delle persone che sono già fuori dagli edifici o delle persone più vulnerabili, come anziani e bambini, che non sanno come reagire all’impatto.  

 

Nonostante alcune vittime fossero nei rifugi antiaerei, ieri l’Home Front Command ha ribadito che i luoghi più sicuri agli attacchi iraniani per gli israeliani rimangono proprio i rifugi, specialmente quelli dei nuovi edifici,  più sicuri anche dei rifugi pubblici: “Secondo le statistiche la maggior parte delle vittime è stata trovata fuori dai rifugi”, conferma Uri Shacham dell’Mda, e sulle due vittime di ieri nei rifugi dice:  “Questo è dovuto al fatto che il missile ha probabilmente colpito direttamente il rifugio. E  i  ‘mamad’ o i rifugi non sono fatti per resistere a un colpo diretto. Sono progettati per resistere alle schegge e all’esplosione. Un colpo diretto  è qualcosa che statisticamente   accade molto difficilmente. Ma possiamo testimoniare di aver raggiunto persone che hanno subìto un colpo diretto alla loro casa,   che sono rimaste nel rifugio e ne sono uscite con ferite lievi, o totalmente incolumi”. Per questo motivo è fondamentale seguire le istruzioni, ribadisce Shacham: “Purtroppo, nel corso degli anni, le persone hanno iniziato a riporre sempre più fiducia nel sistema di difesa aerea. Così molte persone uscivano dai rifugi  e riprendevano i video di Iron Dome e di altri sistemi che intercettavano i missili:  ma questo non è un gioco. Una volta sentita la sirena, bisogna andare a ripararsi   e aspettare: se dovesse succedere qualcosa, ci saremo noi a intervenire. Ma le regole   sono molto chiare: stiamo parlando di centinaia di chilogrammi di tritolo. Non si può fare affidamento su nulla che possa salvare la vita oltre al rifugio”. 

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