l'asse della resistenza in frantumi

Il dominio degli israeliani sui cieli dell'Iran nasce in Siria, dove lo spazio aereo è aperto

Luca Gambardella

A corto di contraerea, Damasco non può che stare a guardare i jet di Netanyahu mentre bombardano Teheran usando il suo spazio aereo. Non che questo dispiaccia troppo al nuovo governo islamista

Agli occhi dei piloti militari israeliani, il cielo di Damasco è  sempre parso piuttosto permeabile. Già durante il regime di Bashar el Assad, le forze aeree dello stato ebraico riuscivano a compiere missioni efficaci causando danni enormi al sistema di difesa aerea siriano. A un certo punto, la superiorità di Israele fu tale che, secondo alcuni documenti riservati rinvenuti dopo la caduta di Assad, i russi e i siriani conclusero una specie di gentlemen agreement con Israele, chiedendogli di non infierire  e di evitare di distruggere l’intera aviazione di Damasco.

 

 

Oggi per l’aeronautica israeliana le cose sembrano andare ancora più lisce di allora e se  è riuscita a imporre il controllo sui cieli dell’Iran in appena tre giorni di combattimenti lo si deve anche a un dettaglio non di poco conto: l’apertura totale dello spazio aereo sulla Siria. Si tratta di uno dei principali effetti  della caduta del regime di Assad, ex colonna portante dell’Asse della resistenza a guida iraniana. Lo scioglimento delle sue Forze armate ha azzerato ogni capacità delle nuove autorità siriane di sorvegliare e difendere i cieli. In mancanza di un’aviazione militare e di un sistema di contraerea adeguati, lo stato ebraico non ha incontrato alcuna opposizione nel sorvolare Damasco per lanciare i suoi missili e far viaggiare più rapidamente i suoi jet militari verso l’Iran.

 

 

Ma al di là delle ridotte capacità militari, è difficile che stavolta in Siria qualcuno si stia dannando troppo l’anima per rivendicare la propria sovranità o le sorti di Teheran, sponsor dell’ex regime assadista. Al punto che oggi si era diffusa la notizia di una dichiarazione ufficiale da parte del presidente siriano, Ahmad al Sharaa, per annunciare il suo nulla osta a Israele per l’uso dei cieli siriani in funzione anti iraniana. Sebbene si tratti di una fake news – Sharaa non ha mai fatto un annuncio del genere – i fatti dimostrano che i cieli siriani sono comunque aperti, e questo nonostante la Siria resti ufficialmente in guerra contro lo stato ebraico. Dopo la caduta del regime, Tsahal ha sconfinato quotidianamente nel sud della Siria e i suoi caccia hanno bombardato le basi aeree, in particolare quella di Palmira, per impedire che armi e tecnologie del regime finissero nelle mani dei turchi o delle nuove autorità islamiste, verso le quali il premier israeliano Benjamin Netanyahu non nutre alcuna fiducia. Ma Sharaa vuole porre fine a questa relazione complicata con Israele, se non altro perché è una delle promesse fatte agli americani in cambio della rimozione delle sanzioni. E da venerdì scorso, la prospettiva di favorire un’azione militare che possa indebolire, se non distruggere, gli odiati alleati iraniani del vecchio regime di Assad sembra una motivazione sufficiente perché dal palazzo presidenziale di Damasco, Sharaa osservi non senza un certa soddisfazione i jet israeliani sorvolare il paese e passare oltre, diretti stavolta lungo la rotta che conduce a Teheran.

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  • Luca Gambardella
  • Sono nato a Latina nel 1985. Sangue siciliano. Per dimenticare Littoria sono fuggito a Venezia per giocare a fare il marinaio alla scuola militare "Morosini". Laurea in Scienze internazionali e diplomatiche a Gorizia. Ho vissuto a Damasco per studiare arabo. Nel 2012 sono andato in Egitto e ho iniziato a scrivere di Medio Oriente e immigrazione come freelance. Dal 2014 lavoro al Foglio.