
(foto EPA)
genocidio virale
“Su Israele e Gaza dieci volte più articoli che su Rwanda, Darfur e Bosnia”. Lo studio
Accuse di genocidio contro Israele dominano i media più dei casi storici documentati, mentre il massacro in Sudan resta ignorato: vittime invisibili di una narrazione selettiva e distorta
Il 1 giugno, numerosi palestinesi sono stati uccisi in due punti di distribuzione alimentare israelo-americani a Rafah e nella Striscia di Gaza centrale. Il titolo dell’articolo del Washington Post sulle morti recitava: “Le truppe israeliane uccidono oltre trenta persone vicino a un sito di aiuti umanitari a Gaza, affermano i funzionari sanitari”. Il 3 giugno, il Post ha pubblicato una rettifica e modificato l’articolo perché “non rispettava gli standard di correttezza del Post”. “L’articolo non chiariva se l’attribuzione delle morti a Israele fosse la posizione del Ministero della Salute di Gaza o un fatto verificato dal Post”, ha affermato il quotidiano.
Così nasce l’accusa infamante e falsa di “genocidio” contro Israele, talmente radioattiva che neanche Elly Schlein se l’è sentita di usarla alla manifestazione di Roma per Gaza. Un ricercatore americano, Zach Goldberg, spiega come nasce la parola “genocidio”. Entro il 2024, i riferimenti al genocidio sul New York Times (1,43 per cento di tutti gli articoli) hanno eclissato il precedente picco del giornale contro il “suprematismo bianco” (1,41 nel 2020) e, pur non raggiungendo il picco per razzismo/razzisti (7,2 nel 2020), riflettevano un modello simile di escalation concettuale. Stessi livelli senza precedenti in numerose importanti testate giornalistiche, tra cui il Guardian e l’Associated Press. Utilizzando Nexis Uni, la grande piattaforma internazionale dell’informazione, Goldberg ha monitorato la copertura mediatica annuale che associava il genocidio a casi storici documentati, tra cui Ruanda (1994, quasi un milione di morti), Darfur (2003-2008, trecentomila morti), Bosnia (1995), Myanmar (2017-oggi) e gli Yazidi (2014-2017). I risultati sono stati sorprendenti e inequivocabili: “La copertura mediatica che collega Israele al genocidio è aumentata ben oltre ogni altro caso storico di genocidio concordato in tutte le testate giornalistiche esaminate”.
Nel New York Times, ad esempio, gli articoli che associavano Israele al genocidio hanno raggiunto livelli più di nove volte superiori al picco registrato per il Ruanda e quasi sei volte superiori a quelli registrati per il Darfur. Analogamente, nel Guardian, oltre l’un per cento di tutti gli articoli fa riferimento sia a Israele che al “genocidio”, una frequenza senza precedenti negli ultimi decenni. In Ruanda, gli Hutu sterminarono i Tutsi a colpi di machete; in Darfur, gli arabi Janjawid uccisero i neri; in Bosnia, i serbi hanno ripulito e ucciso i bosniaci; in Myanmar, la giunta militare ha attaccato la minoranza rohingya; e l’Isis ha sterminato la minoranza curda yazida. Niente di tutto questo si è visto a Gaza, eppure la copertura mediatica contro Israele ha surclassato tutti i precedenti e più recenti casi di genocidio.
In Sudan, intanto, è in corso un altro e nuovo massacro. Decine di migliaia di morti e dieci milioni di rifugiati, ma pochi sembrano averne sentito parlare. “I corpi impilati in cimiteri improvvisati si possono vedere dallo spazio”, scrive l’Economist. 640mila persone soffrono di una delle peggiori carestie nella storia. Un’inchiesta del Washington Post sul Sudan parla di cadaveri ammucchiati in fosse comuni e di donne che vengono torturate e stuprate per divertimento. Nathaniel Raymond, direttore dell’Humanitarian Research Lab presso la Yale’s School of Public Health che gestisce un progetto di ricerca che monitora il conflitto in Sudan, dice: “C’è un potenziale di vittime a livello di Hiroshima e Nagasaki”. Ma niente proteste a Torino e a Londra. Niente accampamenti alla Statale e alla Sapienza. Niente flotta di Greta Thunberg. Niente speciali su La7. Niente Amnesty International. Niente “Jews for Peace” e femministe alla Judith Butler. Ovviamente, niente “speciali relatrici” dell’Onu che evocano “lobby” occulte. “Nessun idiota si è presentato a casa mia o in ufficio o ha bloccato una strada per cantare e protestare per un vero genocidio in Sudan”, afferma il senatore John Fetterman (Democratico). ‘Il Sudafrica ha coinvolto la Corte internazionale di giustizia per Gaza, ma non per un vero genocidio nel proprio continente? Perché?”.
In Sudan non ci sono ebrei da incolpare. Ci sono “soltanto” massacri di massa di neri, stupri, atrocità e milioni di sfollati. E non ci sono migliaia di articoli e titoli sul genocidio.
Ancora si ricorda la frase sul Darfur di Gino Strada: “Quale genocidio? Non c’è nessun genocidio; è un’invenzione giornalistica”. Già. Come a Gaza.