Con la "Ragnatela" Putin vede scalfita la sua immagine di potenza

Micol Flammini

Mosca è stordita, pensa a come rispondere e invia segnali contrastanti. L'attacco a Kherson e le accuse di "terrorismo" a Kyiv

Ieri la Russia ha bombardato l’edificio dell’amministrazione di Kherson, il palazzo della regione nell’oblast che Mosca occupa in parte. L’edificio, per motivi di sicurezza, è vuoto dal 2022, ma l’esercito del Cremlino ha deciso di colpirlo non per una volta ma per ben due volte in un giorno, soltanto per dimostrare che la Russia può prendere di mira i luoghi centrali dell’Ucraina, quelli in cui vengono prese le decisioni. Mentre a Kherson i russi lanciavano un attacco dimostrativo contro un edificio vuoto ormai quasi ridotto in macerie, nella regione di Donetsk, di cui Mosca vuole completare l’occupazione nel tempo più breve possibile ma continua ad avanzare lentamente nonostante l’impiego di un gran numero di soldati e mezzi, ha mandato droni e missili contro villaggi abitati da civili nella zona di Pokrovsk. 

L’Ucraina attende la risposta di Mosca per l’operazione Ragnatela lanciata domenica scorsa contro quattro aeroporti dentro al territorio russo per distruggere circa quaranta bombardieri.  L’operazione è stata un successo, Kyiv è sicura che la reazione ci sarà, ma la Russia aspetta e intanto Vladimir Putin si concentra su altro. Ieri il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ha confermato che al telefono con Donald Trump il presidente russo ha parlato della reazione all’attacco ucraino, ma ci ha tenuto a sottolineare che la Russia risponderà “quando e come lo riterrà necessario”. Peskov ha confermato che i negoziati con Kyiv andranno avanti, ma la Russia vorrebbe vedere una “forte condanna internazionale ad attacchi di questo livello”. 

 

Il Cremlino non ha reagito immediatamente all’operazione Ragnatela. Sono mancate le dichiarazioni, segno del fatto che la Russia è rimasta spiazzata. Kyiv ha deciso di rivelare molti dettagli del suo lavoro di intelligence e non lo ha fatto per vanità, ma per mostrare le debolezza di Mosca. Il danno che la “Ragnatela” ha arrecato al Cremlino non è soltanto militare, ma anche di immagine e prima di tutto Vladimir Putin deve cercare di recuperare la sua capacità di proiettare potenza internamente ed esternamente. Secondo una ricostruzione di Axios, il presidente americano Donald Trump ha definito “tosto” l’attacco di Kyiv dentro al territorio russo. Non ha esternato la sua ammirazione, anche perché teme cosa potrebbe accadere dopo. Un consigliere di Trump ha detto alla testata americana: “Da una prospettiva internazionale abbiamo un chihuahua che infligge danni seri a un cane molto più grande”. Il cane molto più grande è stordito e  Trump teme che la risposta di Putin rompa una volta per tutte la “sua iniziativa diplomatica”. Secondo alcuni commentatori, se il capo del Cremlino architetterà un attacco limitato, a Trump arriverà un messaggio: la Russia  è debole. 

 

Mercoledì sera, dopo aver parlato al telefono con il presidente americano, Putin ha tenuto un discorso che è stato trasmesso in televisione in Russia e anche su alcuni canali ucraini che hanno deciso di mostrarlo. Il capo del Cremlino al solito ha parlato da dietro una scrivania, con attorno una stanza spoglia, era la prima volta che reagiva all’operazione Ragnatela. Putin però, anziché concentrarsi sui bombardieri distrutti e sull’incredibile ingresso dei droni trasportati nel territorio russo, ha parlato degli atti di “terrorismo” compiuti dal “regime di Kyiv”. Il presidente russo ha accusato l’Ucraina di non volere la pace: “Il regime teme la pace, ha rifiutato il cessate il fuoco, ha colpito i civili nelle regioni di Brjansk e Kursk, ha subìto pesanti perdite e ha insultato i negoziatori chiedendo al contempo un vertice”. Putin ha accusato Kyiv di terrorismo nelle regioni colpite, in cui l’esercito ucraino aveva iniziato delle offensive per prevenire nuove aggressioni dell’esercito russo. Nel suo discorso il capo del Cremlino ha accusato l’Ucraina di crimini di guerra, di colpire intenzionalmente i civili, di perpetrare attacchi contro donne e bambini per “sabotare i negoziati di Istanbul”. Putin ha bocciato il cessate il fuoco di trenta giorni ma ha accusato Kyiv di non volerne uno di due: “Come affrontare chi scommette sul terrore? Perché concedere loro una tregua solo perché possano riarmarsi, mobilitarsi, pianificare altri attacchi… il regime di Kyiv si sta trasformando in un gruppo terroristico e i suoi sostenitori in complici. Un tempo sognavano la sconfitta della Russia, ora, mentre si ritirano e sanguinano, organizzano attentati per spaventarci”. Putin non cita le mancanze di sicurezza del suo regime e ci tiene a sottolineare che  la Russia soffre da molto tempo per le azioni di Kyiv, ne è vittima da prima della Ragnatela. I suoi interlocutori sono i russi, ma lo sono  anche Trump e pure i suoi alleati ai quali è arrivata l’immagine di una Russia in cui un paese nemico può penetrare con astuzia. Le operazioni di Kyiv vanno avanti: ieri a Voronezh sono stati sabotati i binari della ferrovia che permettono  lo spostamento delle armi, mentre nella regione di Brjansk è stata colpita una postazione per il lancio di missili Iskander, difficili da intercettare una volta in volo.

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)