
1.200 giorni di bombe contro l'Ucraina
La Russia colpisce Kyiv con droni e missili. La risposta alla “Ragnatela” è quotidiana
La notte tra giovedì e venerdì, la Russia ha lanciato contro tutto il territorio dell’Ucraina quattrocentocinquantadue droni e quarantacinque missili di vario tipo, inclusi missili balistici ipersonici Iskander, molto difficili da intercettare una volta in volo. Sono state colpite le regioni di Kyiv, inclusa la capitale, di Leopoli, di Ternopil, di Volinia, di Sumy, di Poltava, di Chmelnyckyj, di Cherkasy e di Chernihiv. L’attacco è stato vasto, diretto contro zone civili e infrastrutture energetiche. Nella sola Kyiv sono scoppiati diversi incendi perché i droni hanno colpito edifici residenziali almeno in quattro distretti della capitale. Ci sono stati morti e feriti, soprattutto fra i soccorritori che non appena udite le sirene e gli scoppi si sono diretti verso le zone colpite. L’Ucraina si aspettava un attacco ampio e senza tregua, ma i soccorritori devono operare una scelta tra il mettersi in salvo assieme agli altri civili o rischiare e continuare con il loro lavoro: sono morti tre soccorritori e quattordici sono rimasti feriti. L’altro bersaglio nella notte in cui l’intera Ucraina non ha dormito sono state le centrali elettriche e ancora una volta i civili sono rimasti senza luce. Dopo l’operazione Ragnatela con cui domenica l’Ucraina ha colpito quattro aeroporti militari sul territorio russo, distruggendo o danneggiando quarantuno bombardieri, Kyiv sapeva che la risposta sarebbe arrivata. Il ministero della Difesa russo ha descritto l’attacco notturno come la ritorsione riuscita: “L’obiettivo è stato raggiunto”. Vladimir Putin aveva parlato con Donald Trump della risposta all’operazione Ragnatela, il presidente americano aveva detto: “Non sarà bella”. Poche ore prima che i droni e i missili russi colpissero le città ucraine, attorniato dai giornalisti nello Studio ovale assieme al cancelliere tedesco Friedrich Merz, il capo della Casa Bianca aveva definito i russi e gli ucraini come dei bambini da lasciar stare per un po’ intanto che continuano la guerra. Kyiv, ormai avvezza alle sparate del presidente americano in queste ore più impegnato nello scontro con Elon Musk (a cui Mosca ha offerto asilo) che in faccende diplomatiche, ha lasciato correre; Mosca ha ritenuto di dover puntualizzare e fare una dichiarazione per dire che la guerra è una questione “esistenziale”. Nel guardare i principali siti di informazione russi appare evidente che non c’è nessun riferimento all’attacco contro le città ucraine, non ci sono neppure rimandi alla risposta contro Kyiv che per il Cremlino è necessaria: si leggono soltanto notizie di distruzioni di armi ucraine prese di mira dall’esercito russo. Sul campo di battaglia però la realtà è altra e il bombardamento russo che non è neppure tanto diverso da quelli che l’Ucraina subisce da ormai milleduecento giorni di guerra, ha preso di mira edifici residenziali e infrastrutture energetiche per rispondere invece a un attacco condotto contro quattro aeroporti militari e quarantuno bombardieri usati per colpire le città ucraine. La mancanza di simmetria rincorre l’intera storia dell’invasione russa contro l’Ucraina e la Casa Bianca di Donald Trump invece mette sullo stesso piano aggressore e aggredito.
Il sito di notizie Axios dopo l’attacco ucraino aveva riportato le indiscrezioni di alcuni collaboratori del presidente americano che lo avevano sentito definire l’operazione ucraina di domenica scorsa “forte”, “tosta”. Trump era molto preoccupato per la reazione di Mosca, ma secondo alcuni commentatori il tipo di risposta avrebbe potuto cambiare la percezione che la Casa Bianca ha del Cremlino.
Ieri era il Giorno della lingua russa e Mosca ne ha approfittato per renderlo un giorno di propaganda. Per celebrare la festa, l’ex presidente, ex premier e attuale vicepresidente del Consiglio di sicurezza nazionale, Dmitri Medvedev, ha scritto sul suo canale telegram, riadattando un estratto del racconto di Nikolaj Gogol’ “Una terribile vendetta” contenuto nella raccolta “Veglie in una fattoria presso Dikan’ka”. Gogol’ è uno scrittore ucraino che scriveva in russo e Medvedev non lo ha scelto a caso. Anche la scelta di uno scorcio sul fiume Dnipro non è casuale e il funzionario russo lo reinterpreta parlando di un drone che si ferma nel bel mezzo della notte per osservare il corso d’acqua impetuoso. Poi Medvedev aggiunge altre due versioni dello stesso estratto: quella originale dello scrittore e una per giovani pubblicata negli anni Settanta. La morale: la lingua russa è viva e si depura di tutto ciò che è straniero. Ogni occasione per i funzionari di Mosca è ideale per dimostrare la volontà che l’Ucraina scompaia.