Damasco Stock Exchange (foto Getty)

Editoriali

La campanella della Borsa di Damasco

Redazione

Prove di normalizzazione in Siria: il regime riapre il mercato azionario e punta su un percorso di rilancio economico che prevede l’integrazione nei mercati finanziari globali, un approccio non proprio scontato per un gruppo di potere islamista

Nel 2009 l’apertura della Damasco Stock Exchange aveva segnato il ritorno della Siria nel panorama globale finanziario, un piccolo segnale di apertura al libero mercato in un paese controllato largamente dallo stato. Faceva parte di quelle riforme economiche avviate dal presidente Bashar al Assad prima che il suo governo prendesse la piega di una dittatura sanguinaria. Sei mesi fa la Borsa di Damasco, che comunque è molto piccola e conta una ventina di titoli quotati, è stata chiusa a seguito della cacciata di Assad da parte della coalizione islamista che adesso governa il paese e ci tiene a ricucire i rapporti con i paesi occidentali. Ha riaperto i battenti lunedì 2 giugno durante una cerimonia pubblica ripresa dai media di tutto il mondo e che si è svolta seguendo il rito della campanella, tipico dei mercati azionari di origine anglosassone e nord europei. Se non proprio il simbolo di una rinascita economica (la Siria è uscita a pezzi da 14 anni di guerra civile) punta a essere almeno un momento di discontinuità con il passato. La riapertura della Borsa di Damasco – a cui è stato presente il ministro delle Finanze, Mohammed Yisr Barnieh, il quale ha detto che chiunque vuole investire in Siria è il benvenuto – avviene, infatti, nel momento in cui iniziano ad allentarsi le restrizioni internazionali e a cavallo della firma, la scorsa settimana, di un accordo con un consorzio di aziende del Qatar, della Turchia e degli Stati Uniti del valore di 7 miliardi di dollari.

Vista la pubblicità data all’evento, è evidente che il nuovo governo di Ahmad al Sharaa, l’ex comandante dei ribelli noto come al Julani che ha spodestato Assad, intende seguire un percorso di rilancio economico che prevede l’integrazione nei mercati finanziari globali, un approccio non proprio scontato per un gruppo di potere islamista. Si vedrà se intende tenere fede all’impegno di mantenere la pace nel paese, cosa che l’Unione europea ha precisato essere la condizione necessaria per proseguire con la revoca delle sanzioni. In questo caso la Borsa e la pace vanno di pari passo.